Kira si alzò dal letto ancora indolenzita, erano le undici e
stava pensando che avrebbero dovuto dare un premio a Dio per aver inventato il
settimo giorno di riposo, santa domenica! Si stropicciò gli occhi per
l’ennesima volta, aveva bisogno di un buon caffè e sicuramente Frida non si era
ancora alzata per prepararlo, dopotutto quella notte erano tornate tardissimo dopo
la serata alla tenuta di Carlo, erano rientrate quasi all’alba. Uscì dalla
stanza stiracchiandosi e arrivata in cucina fu sorpresa di trovare Frida
vestita di tutto punto, pimpante come un grillo, quasi come se avesse dormito
dodici ore, che fumava una sigaretta davanti al suo solito caffelatte. Kira
sgranò gli occhi “che cavolo ci fai già sveglia?” Frida alzò gli occhi
sorridendole “scusa, e tu che cavolo ci fai sveglia allora?” Kira allargò le
braccia in segno di resa, si versò una tazzina di caffè e la bevve in un paio di sorsi “aaaah, mamma mia
il tuo caffè è veleno! Preferisco farmelo da sola, bleeeah…” esclamò, fecendo
una smorfia buffa che fece ridere Frida di gusto. Effettivamente sapeva che il
suo caffè non era proprio dei migliori, sapeva cucinare abbastanza bene, ma il
caffè proprio non le era mai riuscito, quello di Kira invece doveva ammettere
che era buono, soprattutto quando si impegnava e preparava la cremina con lo
zucchero. Allora Frida si alzò con una busta bianca in mano e raggiunse l’amica
vicino ai fornelli “avevo già previsto che avresti avuto bisogno di addolcirti
dopo il mio horrible coffee…quindi tieni, ti ho preso un super mega cornetto al
cioccolato!” e detto questo le diede un bacio sulla guancia. Kira fece una
smorfia simile a quella di prima ed allontanò l’amica, ma prese volentieri il
cornetto, aveva un po’ fame e il profumo era davvero invitante; mentre si accingeva
a gustarlo osservò Frida canticchiare con la tazza in mano, sembrava di buon
umore e continuò a sembrarle strano che fosse già sveglia e preparata come se
stesse per uscire, così decise di indagare, ultimamente faceva troppe cose
strane, doveva capirci qualcosa in più “ma…stai per uscire?” le chiese
accigliata. Frida indugiò un attimo, poi rispose “si, vado a fare un giro in
bici…non volevo svegliare Daniel, avrà sonno sicuramente, può risposarsi solo
la domenica” Kira la guardò con aria interrogativa mentre mangiava il suo
delizioso cornetto “mmmh…capisco. Vabbè anche tu ti puoi riposare solo la
domenica, ma poi come ti viene di svegliarti, vestirti e uscire in bici, quando
ieri abbiamo fatto l’alba! Certe volte non ti capisco…” Frida ripose la tazza
nel lavello, prese la borsa e se la mise
a tracolla avviandosi verso la porta “ma io ho dormito benissimo…poi c’è il
sole, mi sono svegliata e mi è venuta voglia di farmi un giro…mica sono un
bradipo in letargo come te??” e con una pernacchia chiuse la porta di casa
lasciando Kira sbigottita. Dopo nemmeno trenta secondi, sentì riaprire la porta
e vide Frida sporgere la sua testolina dentro casa “ah scusa, i bradipi non
vanno in letargo ora che ci penso! Vorà dire che sei un orso in letargo,
ciao!!!!” e senza avere la possibilità di risponderle, sentì richiudere la
porta. “Mah!” esclamò allora tra sé e sé “ha qualche rotella fuori posto
ultimamente…”, diede l’ultimo morso al cornetto e andò a rilassarsi con un bel
bagno caldo, dopo poco avrebbe dovuto obbligatoriamente riaprire i libri, aveva
giusto una mezz’ora tutta per sé e se la sarebbe goduta al massimo, altro che
giro in bicicletta, pensò! Intanto Frida era arrivata a destinazione, Giulio le
aveva dato appuntamento per un aperitivo; non si vedevano da un bel po’ perché lui
era sempre a lavoro, avevano scambiato giusto qualche messaggio negli ultimi
giorni ed erano riusciti a salutarsi al volo nelle pause di lavoro, solitamente
quando lui aveva un quarto d’ora libero passava in negozio e scambiavano
quattro chiacchiere, ma niente di più. Parcheggiò la sua amica mountain bike
sul marciapiede, a pochi passi da casa di Giulio, velocemente raggiunse il
citofono e bussò e dopo nemmeno un minuto lo vide arrivare oltre il vetro del
grande portone. Il suo sorriso era splendente, come al solito, indossava una
t-shirt rossa con una felpa bianca e un paio di jeans chiari e quel giorno i
suoi capelli erano più ribelli del solito; appena lo vide non potè fare a meno
di sorridergli a sua volta, lui le metteva allegria, le sembrava un raggio di
sole. Doveva ammettere che le era mancato negli ultimi giorni, aveva pensato
tanto a lui e ogni volta che ci pensava stava maledettamente male, si sentiva
in colpa solo ad immaginarsi il suo viso, ma non poteva farne a meno.
Quell’uomo per lei era diventato un’ossessione e si sentiva stupida perché lui
per lei non provava nulla, la considerava un’ottima amica con cui ridere e
scherzare, almeno così pensava; d’altra parte si sentiva ancora più ridicola perchè
era felicemente impegnata e non capiva perché non riusciva a smettere di
pensare a lui e al momento che lo avrebbe rivisto. La salutò con un bacio sulla
guancia, ogni volta che lo aveva di fronte non capiva più niente, cominciava ad
andare in panico, esattamente come quando andava nel suo studio da paziente. Le
prese il mento tra le sue dita sottili “Allora? Ce lo prendiamo questo
aperitivo?” Frida lo guardò e annuì,
sentì di stare già arrossendo, cosa che non le era capitata mai, nemmeno
da adolescente, e sperò ancora una volta con tutto il cuore che lui non se ne fosse
accorto. Salirono nella sua Lancia Delta bianca e lei subito notò che anche
l’interno della sua auto profumava di lui; appena seduta Frida abbassò lo
specchietto per sistemarsi i capelli, lo faceva sempre, ogni volta che entrava
in una macchina, era sempr stata molto vanitosa, e questo suo difetto si ingigantiva
quando si sentiva in ansia o troppo insicura; Giulio si voltò verso di lei
sorridendo e reclinando un po il capo “ma dai che sei bella, non c’è bisogno
che ti sistemi, sei perfetta, fidati”, le disse; così, richiuse lo specchietto
e lo guardò, con lei usava sempre un tono dolce ed ironico e in quel momento
riuscì per un attimo a metterla a suo
agio e a farle dimenticare tutto quello che c’era fuori: l’università, Daniel,
gli esami, Kira, le bugie che stava raccontando senza motivo, l’ansia, tutto
sembrava lontano anni luce, c’erano solo loro due e questa sensazione la fece tranquillizzare
notevolmente. In poco tempo arrivarono a destinazione, in un chioschetto
immerso nel verde all’interno del Parco Virgiliano; c’erano tantissime persone
e si vedeva che era domenica dall’aria spensierata dei bambini e degli
adolescenti, che potevano godere a pieno di quel sole invernale che scaldava
più delle sciarpe e dei cappotti. “Che ne pensi?” le chiese Giulio “ti va di
prenderci qualcosa qui?” Per Frida fu un invito a nozze, adorava stare in mezzo
alla gente e quel parco le era sempre piaciuto, anche se non c’era stata molte
volte, così gli rispose che era perfetto. Avvicinatisi al chiosco decisero di
comune accordo di non occupare il tavolino, e dopo aver preso per lei una Pepsi
e per lui una Lemon Soda, si sedettero nel verde, senza preoccuparsi troppo
delle formiche e del terreno, o dei Super Santos che volavano da ogni
direzione; Frida si sentiva tranquilla dietro alle sue grandi lenti da sole, la
aiutavano a sostenere gli sguardi di Giulio e a nascondere i suoi occhioni che
di sicuro l’avrebbero tradita, facendo trasparire ogni sua sensazione. Dopo
qualche minuto di silenzio, come sempre fu lui a prendere in mano la
situazione, così si stese supino sostenendosi con gli avambracci e la guardò.
“E’ una mattinata perfetta…ma a cosa pensi?” le chiese, per poi allungare una
mano verso di lei per sfilarle
dolcemente gli occhiali da sole “nascondi
i tuoi pensieri dietro questi occhialoni da mosca?” Non gli poteva nascondere nulla, pensò allora
Frida, lui sapeva sempre leggerle dentro, aveva la capacità di cogliere ogni
sua mossa, così provò a difendersi “non
pensavo a niente, guardavo le persone… “
“in che senso guardavi le persone?”
“sì…a me piace farlo, mi piace fermarmi a guardare perfetti sconosciuti
ed immaginarmi cosa facciano nella vita, che persone siano…mi piace volare con
la fantasia e inventarmi delle storie…” A quel punto Giulio scoppiò a ridere “non
ti seguo, scusa come funziona? Mi interessa, davvero….non scherzo!” “Allora”, continuò Frida “ad esempio, guarda quell’uomo, quello seduto
sulla panchina di fronte” Giulio rivolse gli occhi seguendo la traiettoria del
suo sguardo “avrà forse poco più di
quarant’anni, sta leggendo il giornale, ma ogni tanto scruta al di sopra dei
grandi fogli…è chiaro che sta guardando quella donna che gioca con quel
bambino, quel bimbo con la maglia blu, vedi? Sta guardando loro, ogni tanto gli
sorride.” “Beh saranno la moglie e il
figlio, penso. Cosa ci trovi di strano?” chiese Giulio incuriosito. “E’ proprio questo il punto! Non ci troverei
niente di strano se fosse così. Ma tutto sta nel pensare che non ogni cosa è
come sembra. Magari quella donna e quel bambino sono la sorella e il nipotino
di quell’uomo. Lui è lo zio e fratello premuroso che li porta al parco la
domenica perché la povera sorella non ha più un compagno, o semplicemente
perché il padre del bambino è troppo impegnato col lavoro. Allora lui si occupa
di loro…o magari è lo zio che vive lontano e che quando torna vuole godersi il
tempo con i suoi familiari e col suo dolce nipotino…o potrebbe essere chiunque
altro” Giulio la guardò sgranando gli occhi “ok, ho capito come funziona. Quindi
tu osservi le persone e immagini chi possano essere? Diciamo che ti fai un’idea
su di loro... Hai davvero una fervida immaginazione!” Si sorrisero a vicenda, e
Frida pensò che ogni volta che lui le rivolgeva un sorriso le si svelava un
mondo, la luce del sole rifletteva sui suoi capelli castani e nei suoi occhi,
rendendo ancora più visibili le sfumature marroncine dentro il verde chiaro.
Poi lui la guardò con aria interrogativa, come se gli fosse sorta una
curiosità. “E dimmi un po’, cantastorie, che storia hai inventato su di me, la
prima volta che ci siamo visti?” “ma no,
nessuna…” rispose Frida imbarazzata, abbassando lo sguardo; cosa avrebbe dovuto
dirgli, che la prima volta che lo aveva visto, aveva sentito il cuore in gola
senza motivo? “Ma dai, si vede lontano
chilometri che menti…sai da cosa lo capisco?” “da cosa”
“dal fatto che il tuo naso si sta allungando così tanto da farmi ombra! Frida
istintivamente si toccò il naso, poi scoppiò a ridere. “Ma niente, in realtà io
ti avevo già visto prima di conoscerci, una mattina…stavo fumando una sigaretta
fuori il negozio, pioveva a dirotto e all’improvviso ti ho visto arrivare,
completamente fradicio, hai provato a ricomporti e poi sei entrato per andare
in studio.” !Ah ti ricordi tutti
questi dettagli…e quindi? Che hai pensato?”
“Nulla, ho pensato che fossi un avvocato…ahhaha…e guadandoti ho pensato
che fossi un tipo strano.” Giulio si incuriosì ancora di più “Strano? In che senso strano, sentiamo…” Frida non sapeva cosa rispondere, l’aveva
presa alla sprovvista. “Non lo so, ti
muovevi in maniera nervosa…non sapei come spiegarti…ma poi comunque quando ci
siamo conosciuti ho avuto la conferma che fossi un tipo strano. Certamente uno
che indossa quelle cuffiette colorate, a fiorellini, maglioncini e giacche
vistose, non è tanto normale. Poi parli, parli, parli, non prendi mai aria, credo
di aver pensato che fossi uno schizofrenico logorroico, ma mi facevi anche un
po’ ridere, ti ho trovato spiritoso!”
Giulio ridacchiò nervosamnte “ah davvero? Tu inventi storie e fai
congetture su passanti sconosciuti e io sarei un tipo strano? Questa è
bella…ahahahah!!!” Risero entrambi di gusto, poi lui tornò serio per un attimo.
“Comunque me lo hanno sempre detto… so perfettamente di parlare troppo, però mi
fa piacere che mi ascolti, non mi pare di annoiarti…” “no, infatti non mi annoi…per niente…” gli
rispose guardandolo con estrema dolcezza e Giulio si accorse che era sincera;
Frida per lui era come l’acqua, trasparente, perciò la trovava bellissima, perché
di lei riusciva a cogliere ogni particolare, ogni sfaccettatura, e ogni cosa
che coglieva, gli piaceva; pensò che fosse una ragazza straordinaria, sentiva
che erano sulla stessa lunghezza d’onda e così gli venne spontaneo di
raccontarle di sé; avrebbe voluto
svelarsi a lei a 360 gradi, magari un giorno l’avrebbe fatto, pensò, per ora magari
avrebbe provato a cominciare. “Sai, credo di essere logorroico perché sono un
figlio unico…da piccolo non avevo molte persone con cui parlare, quindi quando
stavo con qualcuno parlavo più che potevo, raccontavo tutto ciò che facevo,
discorrevo di tutto ciò che mi piaceva,
e sono cresciuto così, vedendo negli altri degli ascoltatori al mio
cospetto…questo modo di essere non mi ha più lasciato,me ne rendo conto.” “E i
tuoi, non ti ascoltavano?” gli chiese Frida,
“I miei erano sempre a lavoro, sono due notai in pensione e all’epoca portavano
avanti lo studio con molta dedizione, non avevano molto tempo per me, anche se
sono stati e sono tutt’oggi due genitori molto affettuosi.” A Frida passò per
un momento davanti l’immagine di Giulio bambino, e notò che i suoi occhi verdi per
un attimo persero la luce sfavillante di sempre e su di loro calò un sottile
velo di malinconia, tipico di chi ricorda la fanciullezza e gli anni passati,
nella consapevolezza che non torneranno più. “Uau…due notai…e come mai non hai seguito le
loro orme? Ti sei scelto una professione completamente diversa.” “Mah, ho alle spalle un’intera generazione di
notai, io volevo distinguermi e non volevo avere la strada spianata, sai, uno
studio già avviato e tutte quelle cose lì… io volevo dimostrare che valevo, che
sapevo cavarmela da solo, che potevo fare qualsiasi cosa volessi.” Frida decise di continuare a fargli domande,
sentiva di voler sapere tutto di lui , così gli chiese come i suoi genitori
avessero accettato quella decisione. Giulio sorrise soddisfatto “Ma loro mi
conoscono. Sapevano perfettamente quanto ero ambizioso, e sapevano che ce
l’avrei fatta, quindi mi hanno lasciato andare per la mia strada, non mi hanno
mai ostacolato, anzi. Andati in pensione mi hanno lasciato il loro studio, la
loro casa, mi hanno permesso di stravolgerla a mio piacimento, mi hanno dato
tutto quello che avevano e mi hanno lasciato alla mia vita, senza mai intromettersi.
Sono stati genitori assenti, ma mi hanno sempre amato e mi hanno cresciuto come
il re del mondo…” “Beh”, disse Frida scuotendo leggermente la testa “effettivamente
ti senti un po’ il centro dell’universo, direi…” “Ma io SONO il centro dell’universo…non è che
lo penso deliberatamente”, e scoppiarono a ridere di nuovo. “Quindi ti hanno
lasciato il loro appartamento…e dove sono loro?” “Si stanno godendo la pensione in un
paesino sulle coste marchigiane, mia madre è orgnaria di lì…ormai sono anziani,
hanno bisogno di un po’ di pace, si meritano un po’ di riposo ed io ogni tanto
vado a trovarli, anche perché loro Napoli non vogliono più vederla, hanno
subìto troppo il caos della città, e appena ne hanno avuto la possibiltà, hanno
deciso di staccare.” “Capisco…Posso
farti una domanda personale?” Giulio annuì sorridendo “sei mai stato sposato?
Cioè, insomma, hai quarantadue anni, non ti sei mai sposato o che ne so,
qualcosa del genere?” Giulio ridacchiò e cambiò posizione, stendendosi
completamente con le mani dietro la nuca. “No…non sono mai stato sposato. E no,
non ho mai convissuto, né avuto relazioni simili a un matrimonio…Ti sembra
strano?” “no, al massimo sarebbe in linea con la tua stranezza..ma perché? Non
hai mai trovato la persona giusta, o cosa?” Giulio rimase un attimo a pensarci
su, si era fatto tante volte questa domanda e la risposta era stata sempre la
stessa. “Credo di non essermi mai soffermato a chiedermi se le persone con cui
stavo fossero o meno la persona giusta. Forse sono sempre stato troppo
concentrato su me stesso, sul mio lavoro, sulle mie passioni, sui miei viaggi e
non sono mai riuscito a coinvolgere una donna nelle mie avventure, nella mia
vita, o forse nessuna di loro è mai riuscita a starmi dietro, a stare dietro alle
mie stravaganze, dietro i miei ritmi…e…boh…forse sì, ora che ci penso,
evidentemente non ho incontrato quella giusta, penso che me ne sarei accorto se
l’avessi incontrata, funziona così, no? Lo senti.” “Quindi non ti sei mai innamorato?” chiese
ancora Frida guardandolo con aria sconcertata. Lei, che era nata con l’amore
già scritto nel DNA, non poteva nemmeno lontanamente immaginare che esistesse
una persona che in quarant’anni di vita non si fosse mai innamorata, non era
possibile, non era concepibile per il suo modo di vedere la vita. Giulio
sospirò rialzando di nuovo il busto, pareva che non riuscisse a stare fermo in
una posizoine per più di tre minuti di fila. “ehi piccola, dopo
l’interrogatorio te lo faccio io però! Comunque sì, penso di essermi innamorato
qualche volta. Forse però nessuna è riuscita ad amare me, non saprei dirti, me
lo sono chiesto tante volte. Comunque non perdo la speranza, e poi, piccola
mia, esistono tanti tipi di amore nella vita. Io amo il mare, la barca a vela,
amo la natura, amo il mio lavoro, e devo ammttere che amo i tuoi occhioni anche…” Frida abbassò lo sguardo imbarazzata, “ma
dai, sii serio…non ci riesci proprio!” “mai stato più serio di così! Non posso
pensare di amare i tuoi occhi? Li amo, si, li amo proprio, perché sono come un
libro aperto, ci sono scritte tante di quelle cose che non basterebbe una vita
per leggerle tutte. Per esempio, ci leggo che tu sei un’innamorata cronica, tu
sei una di quelle che ama al cento per cento e che non smette mai, che non ha
mai smesso nemmeno per un attimo, e non parlo solo di uomini, tu sai proprio
cosa sia l’amore e te lo assicuro, bimba, che non è da tutti, è una dote
naturale. Io l’ho capito dal primo momento che ti ho vista che tu ce l’avevi.”
Le disse tutte queste cose con la sua solita velocità, le tirò fuori tutte di
un colpo, mentre la guardava con un’intenstà che la mise a disagio, come sempre.
Frida fece un sorso dalla lattina, ancora una volta Giulio le aveva dimostrato
di saper guardare dentro di lei, ogni volta che le rivolgeva il suo sguardo
magnetico, sentiva che in realtà la stava attraversando nel profondo, e lei glielo lasciava fare ogni volta, pechè non
sapeva come impedirglielo, contro di lui non aveva difese. Rimasero entrambi in
silenzio, Giulio percepì l’imbarazzo di Frida, così mollò per un attimo la
presa, e decise di cambiare decisamente discorso. “Ti va qualche volta di venire in barca con
me?” Frida a quella richiesta quasi
sobbalzò “In barca?” “sì, in barca…in
barca a vela...avrai mica paura?” “no,
assolutamente…solo che non so, come funziona? Saliamo su e poi si gira in tondo,
dove si va?” A quella domanda Giulio
scoppiò a ridere “ahhahahaha!! No Fri,
si sale su e si sfida la natura. Si rivolge il volto controvento, si respira la
brezza marina, si cavalcano le onde e si doma la forza del mare e del
vento, si dimostra a dio che l’uomo è
capace di tutto con un timone in mano. Questo periodo poi è ottimo per andare
in barca, il mare è sempre un bel po’ mosso e ci dovrebbe essere un buon vento
per la vela. E’ un’emozione esilarante, il cuore batte a mille, l’adrenalina si
impossessa di ogni parte del tuo corpo; le forze propulsive che spingono la
barca sono simili all’istinto che ti guida, e tu sei lì, sospeso al bivio tra
emozione e razionalità, ti senti gasato, ma devi usare il cervello per non
sbagliare, è un po’ come nella vita, capisci? Devi provare, tu hai la carica
giusta per apprezzarlo…poi ci sono io, ho sfidato ogni tipo di mare e di
oceano, ogni sorta di vento, e anche qualche tempesta, quindi non c’è alcun
rischio, puoi fidarti.” Giulio continuò a parlare, le spiegò come funziona una
barca a vela, si addentrò in dettagli tecnici di navigazione, le parlò delle forze aerodinamiche del vento,
delle manovre di emergenza. Frida non ne capiva niente, ma rimase ugualmente ad
ascoltarlo, non era interessata, era più che altro affascinata. Lui continuava
a gesticolare, fiero, sicuro, emozionato, lei lo trovava eccezionale, riuscì a
trasmetterle talmente tanta passione che le fece davvero venir voglia di provare
un’avventura del genere. Un giorno o l’altro forse l’avrebbe fatto, pensò, con
lui ovviamente.
Prevedo grossissimi guai! La situazione pero si fa sempre più interessante!!!
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