Kira se n’era andata lasciando sul frigo un post-it, non uno
dei suoi soliti bigliettini ironici con cui usava sgridarla o avvisarla di
qualcosa, già dalla calligrafia lo si poteva comprendere; non la solita
scrittura frettolosa e distratta, quasi incomprensibile, ma soltanto poche
parole scritte in stampatello grande, che trasmisero immediatamente a Frida un
senso di distacco e freddezza “non mi
aspettare oggi, starò per un po da Carlo, per qualsiasi cosa mi trovi lì, ma
dubito che ne avrai bisogno”. Strappò via nervosamente il foglietto e lo
rilesse, pensò che sì, aveva esagerato con le parole la sera prima, le aveva
vomitato addosso tutta la rabbia che stava provando negli ultimi tempi, aveva
sfogato su di lei tutta la frustrazione della consapevolezza di stare nel
torto; era fatta così, quando sapeva di sbagliare tirava fuori le unghie, forse
per difendersi o molto più probabilmente per negare a se stessa i suoi errori. Erano
già le undici, aveva avvisato Milly che non sarebbe andata a lavorare quel
giorno, fingendo una brutta influenza, non aveva voglia di fare niente, così si
distese sul divano e accese la tv, la mattina nessuna rete trasmetteva qualcosa
di interessante, così dopo un po’ di
zapping si fermò a guardare un documentario, forse era iniziato già da
un pezzo, ma la sua attenzione fu catturata dall’immagine di un grande
camaleonte immobile su un ramo; gli animali l’avevano affascinata sin da
piccola, adorava il fatto che ogni essere vivente avesse delle peculiarità
uniche che riuscivano a rendere ognuno una macchina perfetta della natura.
Ascoltò attentamente le caratteristiche del camaleonte del Madagascar, un
essere che le parve bellissimo nella sua fermezza quasi impassibile e sentì che
alcune specie di camaleonti, ma non utte, possono mutare il colore della pelle;
si stupì perché aveva sempre pensato che lo facessero per mimetizzarsi davanti
ai nemici per disorientarli, ma invece apprese in quel momento che il
principale motivo del cambiamento di tonalità, è la manifestazione di
determinate condizioni fisiche o fisiologiche, o addirittura di stati
emozionali, come la paura, soprattutto la paura. Pensò che negli ultimi tempi si era
comportata proprio come un camaleonte, non era stata più la stessa, aveva
sbagliato ed era cambiata, mutando i colori caratteristici della sua personalità
solo per paura…paura non del nemico, ma
di se stessa. Era arrivata a mentire alla sua migliore amica perché sapeva di
sbagliare e non voleva qualcuno che glielo facesse notare, aveva preferito
arrancare in balìa della sua impulsività. Kira era sempre riuscita, in passato
e in tantissime occasioni, a frenarla, a farla ragionare, grazie a lei più di
una volta aveva evitato di fare sciocchezze e soprattutto di trovarsi in brutte
situazioni, era sempre corsa da lei quando sentiva di stare perdendo il
controllo, perché sapeva farle prendere la strada giusta. Ma non quella volta.
Quella volta Frida aveva autonomamente deciso di sbagliare, non era corsa da
Kira a parlarle di Giulio e della sua amicizia, che forse amicizia non era, e
non lo aveva fatto perché le stava bene così, perché non aveva voglia di
ragionare e di guardarsi davvero dentro; preferì agire da vigliacca e mentire a
se stessa, prima che agli altri. Adesso, pensò, il destino le stava presentando
il conto, doveva pagarlo. Era arrivato per lei il momento di dire la verità,
non a Kira, né a Daniel, ma a se stessa, soltanto a Frida. Ormai, persa in
questi pensieri, non stava ascoltando più la voce narrante del documentario,
così spense la tv e si alzò velocemente; diede uno sguardo al grande orologio
da muro della Disney in cucina, era passata già un’ora, era mezzodì, quel
giorno il tempo passava troppo velocemente, pareva beffarsi di lei, le sembrò
che i minuti le stessero mettendo fretta, scivolandole dalle mani. Tornò nella
sua stanza, velocemente si tolse di dosso il pigiama verde, lo gettò sul letto,
ancora disfatto; tra i vestiti in disordine poggiati sulla sedia tirò fuori un
paio di jeans e una t-shirt a righe, si vestì nervosamente, come se avesse un
appuntamento. Corse in bagno, si sciacquò il viso e rimase lì, a fissare la sua
immagine nel grande specchio davanti a lei, accese i piccoli faretti
sovrastanti per scrutarsi meglio. Che cosa doveva fare? Non lo sapeva. Avrebbe
voluto chiamare Kira, scusarsi e chiederle un consiglio, ma sarebbe stato da
egoista chiederlo proprio a lei, dunque doveva cavarsela da sola. Si sentiva
confusa, cercò di capire cosa provava davvero per Giulio e perché pensare a lui
le confondesse ogni volta le idee, non lo sapeva nemmeno lei. Dal bagno camminò
veloce fino alla cucina, aprì il frigo per cercare qualcosa da mettere sotto i
denti, doveva pensare, doveva agire, doveva mettere in ordine la confusione che
aveva in testa, si sentiva frenetica, così vide una bottiglia di Falanghina
comprata qualche giorno prima, e senza pensarci due volte la prese, la stappò e
se ne versò un bicchiere, e in meno di due ore, bicchiere dopo bicchiere, la
finì tutta, rannicchiata sul divano. Fumò venti sigarette e si risvegliò a
pomeriggio inoltrato. Con le ginocchia ancora tra le braccia, riaprì gli occhi,
si guardò assonnata intorno, e capì che
non aveva deciso un bel niente, non sapeva cosa provava, né cosa avrebbe dovuto
fare. Si ricompose e trovò tantissime chiamate perse di Daniel e una dozzina di
suoi messaggi, l’ultimo le ricordava l’appuntamento che avevano per quella
sera, avevano deciso di andare al cinema, così gli rispose confermando e
scusandosi per non essersi fatta sentire, era stata poco bene e aveva dormito
tutto il giorno…beh, pensò, più o meno era andata davvero così. Non sapeva cosa
avrebbe detto a Daniel, ma sicuramente avrebbe dovuto mettersi a nudo una volta
per tutte; cercò invano di prepararsi un discorso, ma non era mai stata brava a
farlo, le poche volte che ci aveva provato in passato poi aveva finito sempre
per farsi trasportare dall’istinto, e così avrebbe fatto anche quella sera, che
arrivò in un batter di ciglia: già erano le nove e Daniel già era sotto casa. Frida
diede un ultimo sguardo allo specchio, non aveva per niente un bell’aspetto, sentiva
una sensazione di ansia e di irrequietezza; per un minuto decise che sarebbe
scesa e lo avrebbe abbracciato facendo finta di niente, ma già lo aveva fatto
troppe volte, non poteva più permettersi un tale comportamento, doveva
assumersi finalmente le proprie responsabilità, così lo chiamò e lo invitò a
salire, consapevole che quella sera non avrebbe visto nessun film, e che
l’unica cosa che avrebbe visto sarebbe stata la delusione negli occhi dell’uomo
che amava. Frida aprì la porta, Daniel entrò facendosi strada, sorridendole, era
bellissimo nella sua camicia grigia portata
fuori dai pantaloni, come piaceva a lui, aveva un profumo magnifico, fresco,
che in un secondo si impadronì della casa. Le diede un bacio veloce ed intenso
sulla guancia, la guardò negli occhi ed intuì subito che qualcosa non andava,
così le prese il viso tra le mani “cosa c’è, perché mi hai fatto salire? Ti
senti ancora male?” Frida cercò in tutti
i modi di non assumere un’aria tenera, così si irrigidì, spostandogli le mani “no…non
mi andava il cinema…siediti per favore, ho bisogno di parlarti”. Daniel cambiò
espressione, capì che Frida aveva qualcosa di serio da dirgli e si preoccupò,
non l’aveva mai vista così preoccupata, così non fece un passo, rimase di
fronte a lei e le accarezzò il viso, voleva rassicurarla, così le sorrise di
nuovo “così mi fai preoccupare, ti è successo qualcosa?” Frida si scostò di
scatto “ti prego, non essere tenero con me”. Sentiva di avere gli occhi lucidi,
ma trattenne il pianto, non doveva piangere, non poteva permettersi di fare la
parte della vittima, doveva domare le sue emozioni e comportarsi da donna “dai,
sediamoci, per favore” gli disse ancora, e Daniel la guardò stupito, così fece
come gli aveva chiesto e si sedette sul divano anche se lei, inaspettatamente,
rimase in piedi. La scrutò ed era visibilmente nervosa, lo capiva dal modo in cui
intrecciava le dita delle mani e dal
modo in cui ostinatamente si mordeva il labbro inferiore. “Fri, mi dici che
cosa c’è? Dai, dimmi tutto…” Daniel assunse un’aria seria, conosceva bene Frida
e capì che aveva bisogno di tirare fuori qualcosa, di sfogarsi, così decise di
rimanere in silenzio e di aspettare che esplodesse. Frida non sapeva da dove
cominciare, così finì per fare quello che le riusciva meglio in queste situazioni:
dire tutto quello che le passava per la testa, senza pensarci troppo “è da un
po’ di tempo che non so più cosa voglio dalla vita, non ho più certezze. Io…ti
amo Daniel, ma mi sento confusa…io non so che cosa mi succede”. Disse queste
poche parole tenendo lo sguardo basso, lo rialzò dopo qualche istante e fissò
la figura di Daniel. Sembrava
impassibile, le gambe accavallate, le dita che accarezzavano la barba
incolta sul mento, era passato velocemente da un’aria seria ad un’aria severa,
pareva stesse pensando, così Frida non parlò, aspettava una sua reazione,
mentre provava a scrutare qualcosa nei suoi occhi di ghiaccio, che la
guardavano fissa. Poi finalmente le rispose “il fatto che tu sia confusa lo
avevo capito, ti conosco come le mie tasche e sapevo che c’era qualcosa che non
andava…sinceramente credevo fosse lo stress per gli esami, ma ho notato anche
che apparte la relazione, non hai fatto nessun esame questa sessione. Allora ti
chiedo: cosa ti fa sentire confusa? O chi?” Frida sentì l’ansia salire ancora
di più, sbuffò sonoramente “non lo so…io…” Daniel si alzò di scatto, le sembrò
di rivivere la scena della sera precedente, con l’unica differnza che di fronte
non aveva Kira, con la quale sapeva si sarebbe risolto tutto, ma aveva davanti
l’uomo che forse più l’aveva amata nella sua vita e che la guardava come non
aveva mai fatto prima. Le si avvicinò con un scatto, le prese il braccio
facendo un po di pressione e Frida sentì i suoi occhi di ghiaccio fissi nei
suoi “Cosa non lo sai, Frida? Parla, per la miseria!” Non aveva mai alzato così
tanto la voce con lei, così istintivamente si divincolò dalla sua presa, non
riusciva a sostenere il suo sguardo inquisitore, così si voltò di spalle “non
lo so se ti amo ancora, forse sì, forse no. Sono confusa! Io, ho conosciuto una
persona, ma non è come credi. E’ solo un amico, ma sento che il mio rapporto
con lui mi ha destabilizzata, non riesco a spiegarlo.” Daniel la girò verso di
se “guardami in faccia almeno mentre dici queste sciocchezze!” Il suo tono era
aggressivo, ma comunque non si scompose, si rimise seduto e il suo viso sembrava
non trasparire emozioni “Che signfica che non è come credo? Come ha fatto a
destabilizzarti? Ti prego, spiegami il significato del verbo destabilizzare,
avanti! Ti ha riempita di regali, di poesie d’amore o forse ti ha portata a
letto, che mi pare più probabile??” Frida lo guardò stizzita e gli urlò in
faccia “ho detto che non è così! Non ti tradirei mai!” Daniel la interruppe “sai
che ti dico? Si può tradire in tanti modi, e tu hai scelto il più subdolo.”
Questa volta usò un tono pacato, ma era una pacatezza che sapeva di delusione e
di rancore. Frida si sentì stremata, in quel momento capì che aveva rovinato
tutto e che non sarebbe più potuta tornare indietro. Cercò di respirare
lentamente, i suoi respiri le parevano rimbombare in quel silenzio pesante, ad
ogni boccata d’aria riusciva a sentire il cuore che le pulsava nelle tempie,
raccolse le forze che la stavano abbandonando e ritrovò la calma per parlare “Ho
sbagliato a mentire, ma non ho fatto niente di male. Non ci sono andata a
letto, non l’ho sfiorato nemmeno con un dito, solo che ha il potere di mandarmi
in confusione e adesso io non so più cosa voglio… so solo che non voglio
perderti, io non so più che cosa provo, ho bisogno di capirlo, ma ti prego, non
andare via da me…se mi ami davvero, dammi solo un po’ di tempo per capire, lo
so che ti chiedo troppo…ma ho solo un disperato bisogno di pensare a rimettere
la testa in ordine…” Daniel sorrise nervosamente per un secondo, era rigido,
freddo, e Frida si sentì gelata dal suo atteggiamento, e lui passandosi una mano tra i capelli le disse “se
ti amo davvero? Io non so più chi sei, a questo punto credo di non averti mai
realmente conosciuta. Io pensavo di stare con una persona leale, onesta, intelligente.
Ma la Frida che ho davanti è tutto l’opposto, mi stai svelando chi sei
veramente in questo preciso istante” Frida rispose prontamente, sedendosi
accanto a lui “No, No! Non è così! Io sono la ragazza di sempre, sono io…capita
a tutti di avere dei dubbi e sto ammettendo di aver sbagliato, non avrei dovuto
mentire. Ma sono sempre io…” Daniel le sorrise, ma era un sorriso dettato da un
profondo rammarico. “Frida, non sai nemmeno tu chi sei, come posso saperlo io? Mi
hai raccontato tutto solo perché hai toccato il fondo…” Più la guardava, più sentiva che tutto quello che
avevano costruito, che lui aveva faticosamente costruito, era più fragile di
quanto pensasse, se era bastata un’amicizia speciale per far venire dei dubbi a
Frida. Stava per chiederle chi fosse questo fantomatico amico, ma cambiò subito
idea, cosa gli interessava, dopotutto? Preferì non saperlo. Si alzò per
versarsi un bicchiere d’acqua mentre Frida si sedette, con la testa tra le
mani, non capiva più niente, la situazione le stava sfuggendo ancora di mano,
doveva fare qualcosa per far capire a Daniel cosa le passava per la testa, così
trovò ancora un po’ di coraggio “ ti prego credimi. Dammi solo una possibilità
per riuscire a fare chiarezza, non roviniamo tutto, sto solo provando a
condividere con te le mie sensazioni. Ho bisogno che tu mi stia vicino, io non ti
voglio perdere. Fallo per noi, per me, dammi il tempo di riprendere in mano la
mia vita prima di mandarmi via dalla tua.” Lui sospirò con stizza, “devo starti
vicino? E cosa dovrei fare, sentiamo? E poi, dovrei farlo per noi e addirittura
per te!! Già ho fatto troppo, già ho
perso troppo tempo con te. Se hai bisogno di chiarirti le idee, fallo da sola o
col tuo amico, magari ti può aiutare lui. Adesso mi stai chiedendo veramente
troppo, non hai un briciolo di dignità” e detto questo si avviò verso la porta,
Frida non poteva permettere che se ne andasse così, gli corse dietro, proprio
come aveva fatto lui un anno prima per non farla scappare via, lo prese per una
spalla, e si maledisse perché non riuscì a trattenere le lacrime “Daniel, ti
prego. Ora sei arrabbiato, lo capisco, hai tutte le ragioni. Io voglio solo un
po’ di tempo, concedimi un po di tempo” lui la freddò con un’occhiataccia, non
lo aveva mai visto così, la sua imperturbabilità le mise quasi paura “Allora
non hai capito…” le disse ancora con tono tranquillo “Tu hai tutto il tempo che
vuoi per chiarirti le idee, puoi prenderti anche tutta la vita per pensare…In
quanto a noi, non c’è niente da decidere, Frida, tu non devi decidere niente.
Ti sto dispensando dalla fatica di pensare e di schiarirti le idee, lo faccio
io per te, tu sei confusa, ma io no…ho già deciso io per te, se non lo hai
ancora capito! Non sono un ragazzino, ho una certa età per le pause di
riflessione, o dentro o fuori, e stavolta tocca a me scegliere! E non ho
bisogno di pensarci per capire che non
voglio stare con una persona instabile che non sa cosa vuole dalla vita. Io
sono un uomo, non ho tempo per queste crisi adolescenziali tardive. E non
provare a dire che sto rovinando tutto, perché il tutto di cui parli non esiste”
questa volta la guardò con disprezzo “e ti prego”, aggiunse “smettila di
piangere perché sei patetica, per me finisce qua.” Dopo averle riversato
addosso tutto il suo risentimento, Frida capì che aveva sbagliato tutto e che
non c’era altro che lei potesse dire o fare. Daniel andò via sbattendo la porta
e lei rimase sola, era stata capace di fare terra bruciata intorno a sé: Kira
se n’era andata, Daniel l’aveva lasciata su due piedi, entrambi le avevano
mostrato tutto il loro disprezzo. Aveva sbagliato e ne era consapevole, ma si
sentì piccola e indifesa, non sapeva come farsi forza. Passò tutta la sera a
piangere, a rimurginare, a colpevolizzarsi, si sentì tremendamente in colpa,
non riusciva nemmeno a dormire e si sentì ancora più sbagliata quando capì che
l’unica persona con cui avrebbe voluto parlare era Giulio…si sentì morire
dentro: era giusto sentirsi in colpa per il desiderio di vederlo? Era giusto
reprimere ciò che sentiva? Forse lo aveva fatto per troppo tempo ed era stato
proprio negare a se stessa i suoi veri sentimenti a portarla fino a quel punto.
Così si alzò dal letto e, incurante del fatto che fossero le due del mattino e
che piovesse a dirotto, scese di casa e montò sulla sua mountain bike, corse
più veloce che poteva rischiando più volte di scivolare sull’asfalto bagnato;
attraversò mezza città e mentre piangeva a lacrimoni, sentiva l’adrenalina a
mille, stava facendo una schiocchezza forse, ma la voglia di seguire il suo
cuore era irrefrenabile. Arrivò a destinazione, la città addormentata non si
accorse di lei che, fradicia, affannata, si fece aprire il portone dal vecchio
portiere dell’elegante stabile in via Duomo, il quale le si rivolse preoccupato
chiedendole se avesse bisogno di aiuto. Non gli rispose, salì freneticamente le
grandi scale, sentiva di non avere più fiato, ma continuò fino al terzo piano,
spinta da un’energia disperata, come se stesse scappando dal mondo che aveva
lasciato fuori , al di là di quel grosso portone. Bussò il campanello dell’interno
76, non ebbe risposta. Bussò più a lungo una seconda volta e una terza, aveva
freddo e sentiva il suo corpo bagnato tremare spasmodicamente, bussò ancora e
ancora. Finalmente Giulio le aprì. Era visibilmente assonnato, i suoi morbidi
ricci erano arruffati, gi occhi semichiusi, si presentò scalzo con indosso solo
un paio di boxer extralarge colorato e il torso nudo metteva in mostra tutta la
sua esilità. Ci mise qualche secondo per realizzare che fosse lei e quando si
rese conto spalancò i suoi grandi occhi verdi, come usava fare di solito “oddio
Frida, ma che ci fai qui a quest’ora?” e disse fissandola e lasciandola sulla
porta “posso entrare?” gli chiese lei con un filo di voce tremante. Giulio
sembrava ancora abbastanza stranito, si scostò subito per farla passare,
scusandosi. Inaspettatamente Frida lo abbracciò con con forza e lui la lasciò
fare, nonostante lo stesse letteralmente congelando. Rimasero così, davanti la
porta chiusa, per qualche minuto; Giulio la osservò, le sembrava bellissima
anche se era evidentemente distrutta, le accarezzò i capelli bagnati, mentre
entrambi restarono in silenzio. Non sapeva perché fosse corsa da lui a
quell’ora improponibile, ma non glielo chiese, fu molto discreto e
contrariamente alla sua indole non proferì parola, non cominciò a riempirla di discorsi
come faceva di solito, ed era proprio ciò di cui Frida aveva bisogno. La fece
sedere sulla poltrona a dondolo bianca stile minimal, non sembrava gli
importasse che gliel’avrebbe rovinata sicuramente; le tolse le scarpe e le
prese un’asciugamano con cui cominciò ad aciugarle il viso, e poi i capelli, e
nel frattempo continuarono a non parlare, si scambiarono solo qualche sguardo.
Frida si lasciò fare quelle tenerezze, quell’asciugamano candidissima aveva il
suo odore e quando cominciò ad accarezzarle dolcemente i capelli sentì che
tutta l’ansia di quel giorno stava andando via, scivolava ad ogni tocco. Le permise di andare in bagno e di mettersi una
delle sue tute, nel frattempo accese il camino nel grande salone moderno, pensò
che Frida ci avrebbe messo un po’ per ritrovare calore, e si sedette ad
aspettarla. La vide arrivare, le sembrò più rilassata; lei continuava a non
parlargli, si accoccolò accanto a lui, poggiò il viso sulla sua spalla ossuta e
lo abbracciò. Giulio le diede un bacio sulla testa, i suoi capelli profumavano
di frutta, forse di vaniglia, o di qualcosa di esotico “ …vuoi parlarne?” le
chiese quasi con paura, ma Frida alzò la testa di scatto e lo guardò negli
occhi “non mi va di farlo, avevo solo voglia di starti vicino…posso restare
così fino a domani?” Il suo sorriso rassicurante già fu una risposta per lei “anche
tutta la vita, se vuoi.” Frida si
addormentò quasi subito, tutte le emozioni di quel giorno sembrarono
sciogliersi davanti a quel fuoco, si sentì serena, finalmente poteva abbassare
la guardia, poteva smetterla di mimetizzarsi come un camaleonte in preda alla
paura, poteva essere se stessa a trecentosessanta grandi senza sentirsi
sbagliata; si sentì come se stesse attraversando la sottile linea che divideva
la sua profonda tristezza dalla sua felicità: stava solo a lei decidere da che
parte andare, ma in quel momento preferì non pensarci troppo, preferì lasciarsi
cullare dall’odore delicato delle mani di Giulio, desiderò che il tempo si
fermasse e che l’alba non arrivasse mai. Ma arrivò in un attimo, e le sembrò
dolcissimo risvegliarsi con lui.
Frida sceglierà Giulio, ne sono sicura !!
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