sabato 28 novembre 2015

Episodio LXXX "-E' un sì? -Sì...è un sì!"


Daniel poggiato sul davanzale infondo alla sala professori, leggeva svogliatamente il quotidiano e sorseggiava il suo caffè amaro. La sera precedente, dopo l'assurda lite scoppiata tra lui e Clara, la ragazza era andata via arrabbiata e offesa e lui, dopo aver gettato via la cena giapponese, era sprofondato sul divano davanti al campionato maschile di pallanuoto, con una confezione di tennent's da tre bottiglie in una mano e nell'altra una busta di patatine: le Rustiche San Carlo, per la prima volta dopo tanto tempo gli fecero pensare a Frida con piacere, libero da ansie e rancori, gli scappò persino un sorriso pensando a quando lei gliele aveva fatte provare per la prima volta; era impossibile che a 35 anni suonati non avesse mai assaggiato le migliori patatine al mondo, gli aveva detto lei, e per questo da allora non mancarano mai nella sua dispensa. Sorso dopo sorso, si era scolato tutte e tre le bottiglie di birra e ne aveva aperta anche una quarta, che però non era riuscito a finire, perché si era addormentato davanti alla tv accesa. Adesso, la mattina seguente, i postumi della sbornia inziavano a farsi sentire; aveva un tremendo mal di testa e se non  avesse mandato giù prima di colazione due aspirine, non sarebbe riuscito neppure a stare in piedi.
Clara arrivò in ritardo, la prima campanella era già suonata da un pezzo. Daniel la vide da lontano, gli sembrò stanca, gli occhi gonfi e arrossati, circondati da occhiaie scure, come se per tutta la notte non avesse chiuso occhio. Lei lo salutò freddamente passandogli accanto, prese il suo registro e sgattaiolò fuori dalla stanza. "Ehi!" Daniel le corse subito dietro "hai un minuto?" le chiese sfiorandole il braccio. La donna si fermò di scatto nel corridoio "No Daniel, sono in ritardo" disse divincolandosi dalla sua presa, abbassando lo sguardo, sapeva benissimo che sarebbe capitolata davanti al mare blu dei suoi occhi. "Oh andiamo Clara…" disse lui sorridendo " sto cercando solo di rimediare, ho sbagliato ieri, non dovevo prendermela con te, era una giornata no."
Clara incrociò le braccia indispettita " Sai cosa ti dico, Daniel? Non me ne frega un accidenti della tua giornata no. Qualsiasi problema avessi, avresti  potuto condividerlo con me, ma hai preferito inveirmi contro! Non sono il tuo parafulmine! Nessuno mi ha mai aggredita in quel modo, e non ho intenzione di lasciare a te il privilegio di farlo, né ora né mai!" La sua invettiva fu interrotta da una collega che passava di lì e che li saluto sorridendo; Clara non si scompose, Daniel rispose con un gesto del capo. "Tra l'altro" continuò lei abbassando il tono della voce " non mi pare questo il luogo, né il momento opportuno, per discutere di queste cose così personali…"
"E allora quando potremmo parlarne?" chiese lui, sfiorandole la guancia.
"Oh Daniel, non lo so…sono già in ritardo, lasciami andare per favore!" gli disse sottraendosi alla sua carezza. " Ti chiamo io…" disse voltandogli le spalle e incamminandosi verso la I B.
Daniel rimase da solo nel corridoio ormai vuoto, la reazione di Clara così dura gli fece comprendere di aver realmente esagerato; guardò l'orologio, per ora l'unica cosa sensata da fare era andare in classe e inziare la sua giornata di lavoro. In III B i ragazzi lo stavano aspettando armati di penne, vocabolario e fogli protocollo, per il compito in classe di latino, ma Daniel aveva così la testa da un'altra parte, che non aveva neppure pensato a quale versione proporre loro. Così per la gioia di tutti la verifica si trasformò in una semplice esercitazione e i ragazzi non avrebbero neppure avuto l'obbligo di consegnarla.
Nelle due ore che seguirono Daniel non poté far a meno di pensare a quanto fosse stato inopportuno prendersela con Clara per qualcosa che non dipendeva da lei, e che soprattutto a lui non avrebbe dovuto minimamente interessare. Quello che Carlo gli aveva raccontato l'aveva scosso profondamente. Era dispiaciuto per Frida, ma soprattutto sentiva dentro di se una forte rabbia. Era arrabbiato con quel verme di Giulio, e con la stessa Frida che si era lasciata così ben abbindolare, ma soprattutto la cosa che lo inquietava più di tutte era sentirsi arrabbiato con se stesso per averla lasciata andare e per averla quasi gettata tra le braccia di quel traditore. Cosa sarebbe successo se lui si fosse dimostrato più sensibile e accondiscendente, se l'avesse capita e amata invece di respingerla con disprezzo per i dubbi che erano sorti in lei? Forse le cose sarebbero state completamente diverse, ma ormai era inutile piangere sul latte versato, la sua storia con Frida era chiusa, lei era il suo passato, adesso Clara era il suo presente e se voleva che lei fosse anche il suo futuro, avrebbe dovuto escogitare qualcosa e avrebbe dovuto farlo in fretta!
Finalmente alle 13.30 in punto la campanella segnò la fine delle lezioni e Daniel volò di corsa in sala professori, ma Clara era già andata via, così a lui non restava che tornarsene a casa, da solo, ad aspettare una sua telefonata. Si preparò un pranzo leggero e veloce: una caprese pomodori e mozzarella, anche se non aveva molta fame, per tutto il tempo non fece altro che guardare il telefono, che non dava però segni di vita. Per più di una volta fu tentato di comporre il numero di casa di Clara, ma non inoltrò mai la chiamata; la conosceva bene, sapeva che era una donna risoluta, orgogliosa e testarda, chiamarla l'avrebbe sicuramente indispettita e il tentativo di scuse gli si sarebbe rivoltato contro.
Era ormai pomeriggio inoltrato e lui cercava ancora disperatamente di trovare un modo per farsi perdonare. Ad un tratto ebbe un'idea che a lui parve davvero geniale; prese le chiavi della macchina e uscì velocemente di casa.

Clara, invece, aveva trascorso il pomeriggio come in trance, era terribilmente stanca, la notte precedente non aveva chiuso occhio. Si era girata e rigirata nel suo letto cercando di capire cosa avesse spinto Daniel ad assumere un comportamento così stupido e aggressivo, e la cosa che più la irritava era non riuscire a trovare una motivazione valida per quella assurda sfuriata. Dopo scuola era praticamente fuggita via, non voleva vederlo, né tantomeno parlargli. Si rendeva perfettamente conto che la sua reazione poteva sembrare allo stesso modo esagerata, come era stato Daniel la sera precedente, ma era più forte di lei, non era pronta a confrontarsi con lui, ad accettare le sue scuse. Così, rientrata a casa rimase tutto il tempo distesa sul divano, con mr.Grammy accoccolato ai suoi piedi e la tv accesa a farle compagnia. Erano passate le 20.00, alla tv il Titanic era affondato, Jack era morto  lasciando Rose, naufraga, da sola in mezzo al mare.  Clara aveva visto quel film decine di volte, anche se mai era riuscita a capire perché avesse riscontrato tanto successo nelle sale, si stiracchiò e sbadigliò sonoramente quando improvvisamente suonò il citofono: era Daniel. Lei lo vide dalla finestra, vestito di tutto punto. Lui le chiese di scendere, aveva aspettato per tutto il pomeriggio una chiamata che già sapeva non sarebbe mai arrivata, ma aveva bisogno di parlarle e l'avrebbe fatto quella sera. Clara sbuffò, sapeva che una volta trovatasi di fronte a lui, non sarebbe riuscita a mantenere il broncio a lungo, ma decise di accontentarlo, era curiosa di sapere cosa avesse in mente. Scese di casa e si infilò velocemente in macchina, fuori faceva un gran freddo.
"Allora?" disse chiudendo la portiera e sfragandosi le mani per il freddo.
Daniel la guardò e portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio disse " nulla, volevo vederti…e poi ho una sorpresa…" Mise in moto e si accodò al traffico della sera.
"Lo sai che non sono una fan delle sorprese….dimmi almeno dove stiamo andando, guarda come sto vestita!" Clara indossava un jeans a sigaretta, delle ballerine rosse e un maglioncino a collo alto, con sopra un lungo cardigan nero.
" Sei perfetta così…come sempre!"
Salirono fin sopra la certosa di San Martino. La  vista era da mozzare il fiato, sotto di loro Napoli era illuminata da una miriade di luci. L'aria era gelida, ma il panorama era splendido, tanto da far dimenticare a Clara anche il freddo. Rimasero in silenzio per qualche minuto e quando Daniel la prese per mano, lei non la ritrasse, anzi gliela strinse con più forza. "Daniel," disse lei rompendo il silenzio, ma lui la interruppe " volevo chiederti scusa" le disse prendendole il volto tra le mani " sono stato un vero imbecille, non so cosa mi sia preso, ma voglio che non accada mai più. Voglio che tu sia felice, che siamo felici insieme, che tu ti senta amata e protetta, non umiliata e offesa. Ma voglio ancora litigare con te e fare la pace ogni volta. Voglio addormentarmi e risvegliarmi accanto a te e voglio che tutto questo sia per sempre…ti amo Clara…" La donna era senza parole, gli occhi splendenti, pieni di lacrime. Quelle non erano delle semplici scuse, quella era una vera e propria dichiarazione d'amore e la conferma arrivò quando Daniel si staccò da lei le si inginocchiò davanti  e continuò "ti amo e voglio che tu ami me allo stesso modo, voglio che tutti sappiano che ho scelto te, che è te che voglio accanto a me per il resto della mia vita." Clara deglutì e a stento riuscì a dire " Daniel, che stai facendo?…alzati ti prego" Ma lui tirò fuori dal cappotto uno scatolino rosso, facendola sussultare " oh Dio" disse con un filo di voce, mentre le lacrime già le solcavano le guance arrossate. Daniel aprì l'astuccio e tra di loro fece capolino un bellissimo anello in oro bianco costellato di piccoli diamantini, poi si schiarì la voce, il momento era finalmente arrivato " Clara, vuoi sposarmi?"
Clara si sentì franare la terra sotto i piedi, non riuscì a spiccicare una parola, ma annui più volte col capo. "E’ un si?" le chiese Daniel alzandosi e mettendole al dito l'anello. "Si…si è un si" rispose lei quasi tra i singhiozzi. Daniel le regalò il più bel sorriso che lei avesse mai visto nella sua vita, poi la strinse a sè e la baciò con passione asciugandole le lacrime e ripetendole quanto l'amasse e quanto si sentisse l'uomo più fortunato e felice del mondo. "Oh Daniel…anche io ti amo ". Rimasero abbracciati per un bel po', fantasticando sul loro matrimonio, sul loro futuro, con Napoli ai loro piedi che faceva da cornice ai loro sogni.

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