martedì 16 febbraio 2016

Episodio XCIII "C'è qualcosa che non va...ma non so proprio dirti cosa..."

Era quasi un'ora che Kira guardava lo schermo del suo mac, inutilmente, senza aver scritto neppure una parola; non ne poteva proprio più, pensò di aver assolutamente bisogno di una pausa. Indossò così il suo cardigan di lana e si compri ulteriormente con il solito scarpone nero, poi frugò nervosamente nella sua borsa in cerca di una sigaretta e uscì fuori, sul piccolo terrazzino. Faceva proprio un gran freddo, sembrava quasi che il gelo penetrasse nelle ossa, ma lei fumava senza fretta, guardando di sotto la fila di auto imbottigliate nel traffico dell'ora di punta. Erano passate le 20.00, sul display dello smartphone nessuna chiamata di Carlo; non si sentivano da più di 24h. Erano passati ormai 10 giorni da quando quel venerdì mattina lui l'aveva chiamata, svegliandola di soprassalto, per informarla che era in partenza per Firenze, il padre era ricoverato in ospedale e Irma lo aveva pregato di correre lì. 
"Posso accompagnarti, se vuoi!" le aveva chiesto lei con apprensione. Lui aveva risposto che era già in viaggio e che non era necessario che si preoccupasse, lui l'avrebbe tenuta aggiornata, si sarebbero sentiti presto. Aveva messo giù, senza dire più niente, senza lasciarle aggiungere altro. Kira ricordava di quella telefonata il distacco con cui lui le si era rivolto e la sensazione che tra loro ci fosse qualcosa d'importante che era lasciato in sospeso.
Proprio in quel momento Frida fece ritorno dalla solita passeggiata serale con Merlino. 
"Che impegni hai per la serata?"  le chiese appena entrata in casa, togliendosi il cappotto mentre Merlino si scaraventò scodinzolante sul divano.
Kira fece spallucce, si gettò sul sofà accanto al canino e diede un'ultima occhiata al display del cellulare, nessuna chiamata, né un messaggio. 
"Che c'è? ancora non ti ha chiamata?" le chiese Frida, un po' allarmata, Kira le sembrava alquanto depressa da quando Carlo era andato via, quasi facendo perdere le tracce di se. 
"No!" rispose con tono lamentoso " uff…è sparito, non ci sentiamo da due giorni. Mi accontenterei di sapere come sta lui, come sta suo padre. Non chiedo troppo, accidenti!" 
Frida cercò di tirarla su, infondo Carlo stava passando un periodo particolare, doveva aspettarsi un comportamento un po' strano da parte sua, lei doveva solo appoggiarlo il più possibile, stargli accanto, senza soffocarlo; presto tutto si sarebbe sistemato. 
"Io vorrei stargli vicino, ma se è sparito, mi dici io come faccio? Non risponde neppure più ai messaggi…" 
Frida alzò gli occhi al cielo "Vabbè…ki, basta con questa lagna, e con questa depressione…perché non ci cuciniamo qualcosa di  gustoso?" 
" in forno c'è la parmigiana  di mia madre…ma io non ho poi tanta fame!" 
"oddio…ma che mi fai sentire? rinunceresti alla parmigiana di tua madre? non ci credo neppure se lo vedo. Su dai, mentre io riscaldo quella prelibatezza, tu apparecchia la tavola…dai forzaaaaa!" disse balzando in piedi e trascinandola al centro del piccolo soggiorno "muoviti, pigrona…dai ti chiamerà, più prima che poi…vedrai!" 
"speriamo" rispose l'amica, non credendo ormai minimamente alle sue stesse parole. "c'è qualcosa che non va…ma non so proprio dirti cosa..." disse poi a bassa voce, parlando a se stessa. 

Carlo non sapeva neppure lui da quante ore se ne stava seduto lì, da solo, al buio, nello studio di suo padre. Quando era bambino adorava starsene in quella stanza piena di libri, era affascinato da quel grande tavolo da disegno davanti al quale il suo papà passava ore e ore. Lui si accomodava, in quella stessa grande poltrona di pelle, sulla quale era seduto in quel momento, e lo guardava con grande curiosità "Che fai papà?" gli chiedeva "Disegno…" rispondeva lui, mentre gli faceva segno di avvicinarsi, per mostrargli poi i suoi progetti, che nascevano come idee astratte, per diventare poi linee, punti e ogni sorta di forme geometriche, trasformandosi infine in concrete costruzioni, in cui le persone avrebbero in un modo o nell'altro trascorso la propria vita.  Quella stanza era sempre stata il suo nascondiglio, il suo rifugio da tutto quello che gli metteva ansia, paura, gli faceva  rabbia o gli provocava insicurezza, e anche in quell'occasione tra quelle mura, aveva trovato un po' di conforto, per un po' era riuscito a sentirsi protetto e al sicuro. Filippo era stato dimesso da qualche giorno, sembrava stare meglio, anzi in realtà sembrava essere sano come un pesce, l'ulcera gastrica che gli aveva provocato quella brutta emorragia costringendolo al ricovero, ormai era sotto controllo, ma la situazione era davvero peggiore del previsto. Carlo non riusciva a togliersi dalla testa le parole del dottor Fanelli, l'oncologo che aveva in cura il padre "Purtroppo la situazione di sua padre si è presentata critica sin da subito. Siamo stati chiari sin da subito con lui. La terapia, comprendeva quattro cicli di chemio nel giro di un anno. E' una delle più aggressive a nostra disposizione e inizialmente, i primi due trattamenti sono andati ben oltre le nostre aspettative…nessuno si sarebbe mai aspettato una riduzione così significativa e repentina dei markers, ma in seguito all'ultimo trattamento, non abbiamo avuto risposte positive, anzi i valori sono peggiorati ulteriormente…Comunque, alla luce di questi risvolti poco positivi e soprattutto dopo la bruttissima reazione collaterale presentatasi nel paziente, il mio consiglio è quello di sospendere la terapia, di non sottoporre il paziente al quarto e ultimo ciclo." 
Quindi voleva dire  lasciare che la natura facesse il suo corso?  gettare la spugna? Carlo e Irma non erano assolutamente d'accordo, nessuno dei due era pronto ad arrendersi ad un simile realtà e gridarono con forza il loro disappunto, quella stessa mattina nello studio del dottore. Ma Filippo fu irremovibile, aveva già da tempo messo in conto un'eventualità del genere, e in tutta onestà era stanco; i mesi di chemio erano stati estenuanti, non riusciva a lavorare, a concentrarsi, a fare qualsiasi cosa gli piacesse, lo facesse stare bene, sentire vivo. Sentire quei discorsi uscire dalla bocca di suo padre, gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene; non riusciva a spiegarsi perché, non potesse ancora provare, darsi un'ultima opportunità, completare l'ultimo ciclo, poteva essere una speranza. "No, basta Carlo…Faremo come ha consigliato il dottore, sospendiamo i trattamenti…voglio vivere quello che mi resta dignitosamente, non come un derelitto che non può neppure andare al bagno da solo. Ho deciso, non mi farete cambiare idea!" 
Carlo reclinò la testa sul grande schienale di pelle, si sentiva stanco, chiuse gli occhi, per un attimo pensò a Kira. Non si sentivano da quasi due giorni, o meglio era lui che era sparito; non l'aveva più chiamata, né aveva risposto ai suoi messaggi. Ma adesso nel buoi di quella stanza, sentiva di aver bisogno di confidarsi con lei, del suo della sua voce, in realtà le mancava, e non riusciva neppure a spiegarsi perché l'avesse tenuta così volutamente a distanza in quel periodo. Forse perché sapeva che parlando con lei avrebbe visto sotto una luce diversa la decisione di Filippo, e lui non era ancora pronto, non era ancora pronto a dire basta, ad accettare la scelta del padre di lasciarsi morire. 
E poi, poi c'era la questione di Tommaso. In quel momento si ricordò della sera in cui li aveva visti chiacchierare in quel bar, i loro sguardi, i loro sorrisi, non erano atteggiamenti innocenti, e questo l'aveva ferito. Ma adesso non riusciva a pensare ad altro, cosa starà facendo in questo momento? era la domanda che gli rimbombava nel cervello, e senza rendersene neppure conto compose il suo numero…Uno, due, tre squilli…
Kira aveva dato un' ultima occhiata al suo iphone, nessuna notizia di Carlo. Ormai non ci sperava neppure più, ma era incazzata, questa volta non ci avrebbe passato su, non era normale sparire in quel modo. Lei non l'avrebbe più cercato, prima o poi si sarebbe fatto vivo, e allora lei gliene avrebbe detto quattro. Si mise sotto le coperte, e con questi pensieri, pian piano cominciò ad abbandonarsi all'abbraccio di Morfeo, quando il telefono cominciò a vibrare insistente.
"pronto…" rispose dopo qualche squillo, era assonnata e ci mise un po' per realizzare che il telefono stava squillando
"ciao tigre!" la voce di lui dall'altro capo della cornetta la fece sobbalzare, era lui, finalmente, ma la ramanzina che aveva in mente di fargli fino a poco tempo prima, era completamente dimenticata. Rimase, qualche istante senza parole, non sapeva cosa dire, ormai non aspettava più una sua chiamata.
"ehi…ci sei?? stavi dormendo?"
"uhm…no…cioè non proprio…" balbettò con un filo di voce " come stai? come sta tuo padre?"
Carlo sospirò profondamente "Kira…" pronunciò il suo nome, come una supplica, sembrava addolorato, indifeso, in cerca di protezione. 
"cosa? cos'è successo?" rispose lei allarmata.
" sta morendo…ha rinunciato a tutte le cure…mi manchi, mi manchi tanto!" 
Kira rimase in silenzio, non sapeva bene cosa dire…com'era stata stupida, per tutto quel tempo non aveva fatto altro che lamentarsi del fatto che Carlo fosse distante, che quasi fosse sparito, mentre lui stava affrontando dei momenti orribili. 
" Ma non può arrendersi, come può aver deciso di lasciarsi morire così, senza lottare…" 
 "oh…Carlo mi…" 
"si lo so, tigre…so come la pensi, che accanirsi non è mai la scelta giusta…ma io non sono pronto…io…io non ce la faccio!!" Quelle parole gli vennero fuori come un ruggito, di disperazione e di rabbia; con Kira attraverso quel telefono si sentì libero di dare sfogo alle sue emozioni più profonde, irruppe in un pianto sommesso e straziante.

"Oddio, Carlo stai piangendo?" Cosa poteva fare? cosa poteva dirgli per farlo sentire meglio, lei non era per niente brava con le parole, e del resto in certe situazioni servivano davvero  a ben poco. "Carlo, ti prego, torna a casa, torna da me. Voglio abbracciarti." Fu l'unica cosa che le venne in mente di dire ed era quella l'unica cosa che entrambi più desideravano in quel momento.

martedì 9 febbraio 2016

Episodio XCII "Chi non muore...si rivede!"

Tommaso era tornato a Napoli da qualche giorno, appena arrivato non aveva fatto altro che pensare a lei, a Kira, all'ultima sera che avevano trascorso insieme, al bacio che si erano scambiati e a come sarebbe stato bello rivedersi dopo tutto quel tempo. Ma aspettò un po' prima di rivederla, d'altronde dopo il suo ritorno a Madrid i loro rapporti si erano un po' raffreddati; dopo qualche tempo lei non aveva più risposto alle sue chiamate e molto raramente si scambiavano messaggi e mail. Questo, pensò Tommaso, voleva dire solo una cosa, che quel Carlo, come era prevedibile accadesse, era ritornato nella sua vita.
In tempi non sospetti l'idea di un rivale in amore, di contendersi la stessa donna con un altro uomo, l'avrebbe sicuramente entusiasmato e spronato ancor più a dare il meglio di se per conquistarla. Ma quella volta era diverso, a prescindere dalla sua natura competitiva e dal desiderio di voler primeggiare a tutti i costi, con Kira lui ci stava bene, sentiva che tra loro sin dal primo incontro in quel cimitero si era instaurato qualcosa, non credeva di amarla, affatto, ma credeva che potessero insieme costruire qualcosa di speciale. Ovviamente, Carlo permettendo!
Così quella sera,  dopo una noiosissima cena di lavoro, decise di andarla a trovare a locale, dove lei lavorava. 
Molte sere aveva trascorso lì, ad osservarla lavorare, mangiando noccioline e bevendo birra, aspettando la fine del suo turno, per riportarla a casa.
E la trovò lì,  nel locale ormai semivuoto, le spalle al bancone, i capelli raccolti a coda in una fascia etnica multi colore, con in mano una sigaretta, già pronta per essere accesa.
"Ciao bellezza!" la salutò, con il solito tono di voce che le riservava sempre, sicuro e dolce allo stesso tempo. 
Kira rimase pietrificata, gli diede ancora le spalle per qualche istante, sapeva di chi era quella voce, e riusciva a sentire il suo Bulgari blu risalire prepotentemente le sue narici, eppure non le diede fastidio, anzi quel profumo le era sempre piaciuto un sacco.
"Tommaso!" disse con un filo di voce, accennando un sorriso "Non sapevo che fossi in città!" 
Tommaso percepì il suo imbarazzo, si sporse sul bancone e le diede un tenero bacio sulla guancia, le disse che gli era mancata, che non aveva intenzione di piombarle davanti senza preavviso, ma era un po' che lei non rispondeva ai suoi messaggi, così aveva pensato, di farle quella sorpresa. "Spero non ti dispiaccia troppo" disse rivolgendole un leggero sorrisino.
"Scherzi? Ovvio che mi fa piacere…non ti aspettavo, ma mi fa piacere, certo!" 
"Ottimo…quanto ti manca qui? Mi piacerebbe parlare un po'…"
Kira si strinse nelle spalle, in realtà quella sera non era neppure di turno, era semplicemente scesa al bar perché a casa non aveva niente di fare, e di studiare proprio non aveva voglia. 
In questi casi Giò era una vera ancora di salvezza, era il tipico barista psicologo pronto ad ascoltare i guai di tutti quelli che passavano davanti al suo bancone per cercare conforto in un bicchiere di scotch o una pinta di birra. Kira aveva trascorso così una serata lontano dai libri, dai drammi di Frida, a bere birra a scrocco e a lamentarsi della sua vita di studentessa di medicina fuori corso e squattrinata.
"Per me Ki…puoi anche andare…" tuonò il vecchio Giò dal ripostiglio sul retro. 
"Resto ancora un po'!" rispose lei, facendo cenno a Tommaso di accomodarsi al solito posto. 
Due minuti dopo erano seduti in un angolo in fondo alla sala, l'uno di fronte all'altra, davanti a due squisite rosse doppio malto.
"Allora bellezza…Che mi racconti?" le chiese lui poggiandosi allo schienale di legno, accavallando le gambe. Era affascinante, pensò Kira, affascinante come sempre. Cercò di scacciare dalla sua mente quel pensiero inopportuno, e per darsi un tono e celare il suo imbarazzo si accese la sua Camel light, diede una lunga boccata e poi rispose "Cosa vuoi sapere?"
"Ovviamente tutto…" rispose lui serio, mimando gli stessi gesti che lei aveva compiuto poco prima. 
Kira sorrise "Sei sempre il solito…" 
"Ti piaccio così, no? perché cambiare?" 
Si guardarono negli occhi e iniziarono a ridere, il ghiaccio era ormai rotto. Per Tommaso il tempo si era fermato a quell'ultima sera, alla cena che aveva organizzato per lei e al bacio che si erano scambiati sotto casa, prima che lui ripartisse per la Spagna.
Kira all'inizio era agitata, poiché sapeva di essersi comportata abbastanza male, si scusò per essere stata una vera stronza, ma in certe situazioni non aveva mai saputo come agire. Lui la rassicurò, sapeva sin dall'inizio, qual era la sua situazione, certo avrebbe dovuto metabolizzare il colpo, del resto non era abituato ad essere ignorato dalle donne che gli piacevano! "Tu sei l'eccezione alla regola…per questo sei speciale" le disse, guardandola con quegli occhi color nocciola, così intensamente da farla arrossire. "Sei tutta rossa" fece notare lui ridacchiando " Possibile che tu sia così poco avvezza ai complimenti?" 
"ti piaccio così, no? perché cambiare?" rispose lei ripetendo le stesse parole che lui aveva usato poco prima, uno sguardo fintamente ingenuo, mentre mandava giù l'ultimo sorso della sua Leffe rossa. Lui scosse la testa e scoppiarono entrambi a ridere. 
Parlarono tanto, per tantissimo tempo; Tommaso era, come al solito, il più silenzioso, e sembrava non stancarsi mai della sua voce, delle sue risate, dei suoi silenzi. Kira dal canto suo adorava confidarsi con lui, raccontargli della sua vita, il lavoro, lo studio, persino parlare di Carlo e la loro storia era diventato naturale. Con Tommaso era tutto così semplice, lui la ascoltava, la capiva e anche quando non erano d'accordo era semplice capire il suo punto di vista. Con Tommaso era tutto così semplice, Kira si sorprese a pensare che con Carlo era da un po' che non era così. 
"a proposito di viaggi!" disse lui cacciando dalla tasca del cappotto un pacchettino colorato, che le porse tutto eccitato "Questo è per te, dal mio viaggio a Marrakech…ci sono stato per Natale!" 
Kira prese tra le mani il pacchetto, lo scarto velocemente, rompendo tutta la carta, proprio come faceva da bambina, quando la curiosità di scoprire cosa  si celava in quella confezione era più forte di qualsiasi altra cosa. "oddio!"  disse emozionata accarezzando quel tessuto delicato "Questa è seta…ma è bellissimo!" 
Tommaso annuì con la testa "Appena l'ho visto ho pensato a te, a tutte le tue sciarpe, i tuoi foulards, e i tuoi colli…è tinto con colori naturali,  sembrano esserci racchiusi, tutti i toni dell'arancione, e il tuo colore preferito, giusto? Non potevo proprio lasciarlo lì…ti pare?" 
Kira gli sorrise, era d'accordo! era stato un pensiero carinissimo e inaspettato, lo ringraziò commossa. 
"Sono contento ti piaccia…Guarda" disse avvolgendole il foulard attorno alla testa, facendo in modo che le coprisse i capelli e le spalle " lì le donne lo indossano così…lasciano scoperti solo l'ovale del viso e gli occhi, degli occhi stupendi incorniciati da questi veli multicolore. Sono donne bellissime, Kira, e gli uomini, soprattutto noi occidentali, restiamo a guardale rapiti, incantati da quegli occhi magnetici e fieri, dal desiderio di vedere e accarezzare i loro capelli nascosti." Kira lo guardava interessata, con in testa il suo nuovo foulard arancione, sarebbe stata ore ad ascoltarlo, non era un chiacchierone, e sentirlo parlare così animatamente era un evento raro, che Kira avrebbe voluto prolungare il più possibile. 
Carlo arrivò proprio nel momento in cui, lei gli si avvicinò  per baciarlo sulla guancia teneramente, ringraziandolo ancora una volta per il magnifico pensiero. 
"ciao, Kira" disse, il tono di voce un po' incerto; non riusciva a spiegarsi perché la scena a cui aveva appena assistito gli aveva fatto raggelare il sangue. Lei non si aspettava di vederlo lì,  pensava fosse impegnato alla tenuta per una cena importante , non credeva avesse avuto il tempo di passarla a prendere al locale. 
"abbiamo finito prima" disse, ermetico, poi per la prima volta posò il suo sguardo su Tommaso, rimasto in disparte fino ad allora "Io sono Carlo…io e Kira stiamo insieme" disse senza pensarci troppo, porgendogli la mano. L'altro gliela strinse, una stretta forte e decisa, guardandolo negli occhi, si presentò come Tommaso, un amico di Kira. Lei li guardò entrambi, l'uno di fronte all'altro, Carlo gli sembrava un po' turbato, quasi nervoso.Tommaso aveva stampato in faccia un sorriso  da schiaffi, che Kira aveva notato solo poche volte sul suo volto. Sembrava che entrambi avessero azionato la modalità maschio alpha, e lei non riusciva a capire il perché di tanta agitazione.
"Carlo,perché non ti siedi con noi…" disse  cercando di smorzare la tensione da tra i due, lanciando un'occhiataccia a Tommaso "Tommaso mi sta raccontando del suo viaggio in Marocco, sembra bellissimo dovremmo andarci anche noi!" sentenziò prendendolo per mano. 
Carlo diede un'occhiata al suo orologio " sarebbe stupendo, Kira…ma vista l'ora credo che sia il momento di tornare a casa, che dici?"
Kira illuminò il display del suo iphone: 01.45…caspita non si era proprio resa conto che fosse già così tardi. Un'altra cosa strana che accadeva quando era in compagnia di Tommaso era che il tempo scorreva senza che entrambi se ne accorgessero.
"Carlo ha ragione…" disse lui balzando in piedi e indossando il suo Montgomery blu  "si è fatto tardissimo, e chi se ne era reso conto! E' stato bellissimo rivederti Kira, Carlo un piacere conoscerti!"
"aspetta, usciamo tutti insieme, saluto Giò e prendo le mie cose, due minuti" disse lei prima di scomparire nel retrobottega.
Furono due minuti interminabili, i due scambiarono giusto qualche parola, Carlo non poté resistere alla tentazione di sapere dove si fossero conosciuti "in un cimitero…" rispose Tommaso ridacchiando "buffo no?" 
"si buffo" ribattè Carlo, ma non disse altro, in quel momento Kira fece il suo ritorno e tutti e tre si avviarono verso l'uscita: tommaso comminava avanti da solo, Kira e Carlo uno accanto all'altra, con lui che la teneva stretta per la vita. 
Fuori, in strada Tommaso salutò entrambi cordialmente "Resto in città ancora per un po'…non sparire, ok? Vediamoci, tutti insieme…un'aperitivo, una cena. Non lo so Kira, quello che vuoi…chiamami ok?" disse prima di baciarla di nuovo sulla guancia, un gesto alquanto innocuo e innocente, ma che per Carlo fu l'equivalente di un ceffone in pieno volto. 
Quel tipo non gli piaceva, gli sembrava viscido e la guardava  in un modo troppo strano, le faceva la corte questo era evidente, ma sembrava che lei non ci facesse minimamente caso. 
" A cosa pensi?" le chiese lei distrattamente mentre cercava in borsa le chiavi del portone di casa " sei troppo silenzioso, e quando è così non è mai un bene…"
"al tuo amico, non mi piace neanche un po'…" gli rispose lui immediatamente, senza girarci troppo attorno, poi guardandola con un sguardo ferito continuò " é lui vero?"
Kira, smise di frugare nella grossa sacca etnica, aveva in mano la chiave, ma la lasciò andare, lo fissò perplessa, dove voleva andare a parare? 
"è lui quello con cui hai avuto una storia, quando io te non stavamo più insieme?" la incalzò Carlo, poiché lei tardava a rispondergli.
Kira disse di si con un filo di voce, che divenne più deciso e sicuro quando gli ribadì cosa c'era stato realmente tra lei e Tommaso, mentre loro due avevano rotto. "Un bacio, Carlo. Niente di più!" 
Ma lui non sembrava convinto, si passò una mano tra i capelli nervosamente, non si aspettava di ritrovarselo lì, non si aspettava che loro due si vedessero ancora. 
"Io non mi vedo con nessuno! Non sapevo neppure che fosse in città. Inoltre quel bacio ti ho già spiegato che non è significato nulla, io e Tommaso siamo solo amici, perché non mi credi?"
"Ma hai visto come ti guarda? ti mangia con gli occhi. Ha continuato a farti il filo, nonostante ci fossi lì, anche io!"
Kira lo guardò stupita, Carlo non era mai stato un tipo geloso, si chiedeva perché la presenza di Tommaso lo avesse messo così in agitazione, tra l'altro senza alcun motivo. 
"Kira, sono serio" continuò lui "E' stato così arrogante, e poi il suo sguardo…fidati, non sei solo un'amica per lui!" 
Lei gli si avvicinò e molto lentamente gli passò una mano tra i capelli, gli accarezzò il viso "E cosa hai visto nei miei occhi? Non dirmi che anche io lo guardavo come sto facendo con te in questo momento? E' impossibile, non credi?" lo ammonì, sorridendogli appena.
"sai sempre come cavartela, tigre!" le rispose lui, adesso un po' più rilassato, mentre la stringeva a se. 
"Non ho niente da nasconderti, lo sai…" cercò ancora di tranquillizzarlo. era sincera, Carlo lo sapeva, ma comunque quello che aveva visto appena entrato in quel locale, non gli era piaciuto; troppa complicità e troppa intimità c'era tra i due, e poi quello sguardi così profondi che lui le lanciava, quasi famelici, lo avevano mandato in bestia. Avrebbe voluto chiederle di non vederlo più, ma sapeva che una richiesta del genere, avrebbe soltanto peggiorato le cose, e poi non era da lui limitare la libertà di un'altra persona. Si sforzò di essere razionale, le diede un bacio sulla labbra  "ok tigre, ora è meglio che vada…domani ho una giornata piena di impegni!".
Kira cercò di trattenerlo, gli chiese di salire a dormire con lei, ma non insistette più di tanto, d'altronde capiva benissimo il bisogno che lui aveva di stare da solo, di metabolizzare gli eventi della serata, e anche lei avrebbe dovuto fare lo stesso. Sapevano entrambi che avrebbero dovuto riparlarne, di giorno, con calma, senza l'avanzare della notte che gli aveva indotti a rimandare.

Carlo tornò alla tenuta che erano le tre passate. Si sentiva distrutto, la testa gli scoppiava, affollata dai cattivi pensieri. Si buttò sul suo letto, ancora vestito e si assopì quasi subito.
Qualche ora dopo, il suono incessante del suo cellulare, lo svegliò prepotentemente, rispose ancora con la voce impastata dal sonno, senza neppure sapere chi fosse. Dall'altro capo del telefono riconobbe la voce di Irma, sua sorella. Non era il solito tono, squillante e deciso, sembrava piangesse, sembrava terrorizzata "Charlie, papà sta male, molto male, corri subito qui, ti prego!"