giovedì 24 marzo 2016

Episodio XCVI "Abito da sposa cercasi..."

Clara osservò la sua immagine riflessa nell’alto specchio dell’atelier, gli occhi le brillavano come due zaffiri verdi, un brivido le attraversò la schiena, quasi le veniva da piangere e così non riuscì a proferire parola. Kira era seduta dietro di lei e quando l’amica si voltò le sorrise “Sei davvero splendida! Ma perché non dici niente, non ti piace? Hai cambiato idea?”. Effettivamente era passata qualche settimana dalla prima volta che aveva provato quell’abito, era la seconda volta che lo indossava, perché la prima lo aveva scelto da sola con sua madre e quindi aveva optato per una seconda prova, per avere anche il parere di Kira e della cugina, Camilla. “No , no ….mi piace tantissimo è che…sono emozionata”, disse allora con un filo di voce tremante. L’abito era davvero perfetto, sembrava essere stato disegnato appositamente per lei. Era un modello a sirena, il corpetto, che lasciava le spalle scoperte, era estremamente aderente, tempestato di microscopici cristalli swarovski; anche i fianchi stretti e la vita sottile erano fasciati in un misto di seta e organza, e all’altezza delle ginocchia la gonna scivolava giù larga e morbida, e sul retro lasciava spazio un’ampia e lunga coda.  “Credo che sia davvero perfetto…voi cosa ne dite?” chiese Clara senza distogliere lo sguardo dal suo meraviglioso vestito. “Penso che sei una sposa stupenda”, rispose la cugina, con gli occhi luccicanti, “è commovente…”. Kira sorrideva, lei in realtà non si sentiva commossa, piagnucolare per affari romantici non era nel suo stile, ma era davvero felice di vedere Clara così piena di gioia e così emozionata, e non poteva far altro che pensare a quanto fosse stupenda, a quanto le stesse bene quell’abito per il modo in cui accarezzava il suo fisico esile ma scolpito. Accanto a lei Luisa, la responsabile dell’atelier, una donna sulla cinquantina vestita di tutto punto con un elegantissimo tailleur beige, la osservava con aria soddisfatta, “Effettivamente non ci capita tutti i giorni di ricevere promesse spose che sembrano delle modelle da passerella…è sempre un immenso piacere vestire una così splendida donna, sinceramente le starebbe bene qualsiasi abito, ma questo la fa risplendere particolarmente…ma manca un piccolo tocco”, e detto questo le si avvicinò, le acconciò delicatamente i lunghi capelli rossi, raccogliendoli in uno chignon bello alto che appuntò con un prezioso fermacapelli, poi al di sotto della pettinatura le sistemò un lunghissimo velo, ora poteva dirsi realmente perfetta. Clara avrebbe ricordato per sempre quel momento, quell’attimo in cui Luisa l’aveva resa una sposa, chissà se a Daniel sarebbe piaciuta quando l’avrebbe vista attraversare la navata della chiesa fino all’altare, chissà cosa avrebbe pensato, anche se mancavano ancora un po’ di mesi,  lei era già proiettata anima e corpo a quel giorno che sognava da tutta una vita.
Frida era fuori lo studio del marito di Milly, Fabrizio, il suo turno era finito da un pezzo e stava aspettando Carlo che la passasse a prendere. Non amava chiedere passaggi per tornare a casa, ma quel giorno a Napoli c’era lo sciopero dei mezzi e proprio quella mattina aveva trovato la sua mountain bike con una gomma a terra, così era stata costretta a chiamare lui, che di solito, quando capitava, era sempre disponibile. Era già la seconda sigaretta che fumava, pensava tra sé e sé mentre guardava l’orologio, era lì ad aspettare da quasi quaranta minuti. Ad un tratto un’auto accostò al marciapiede di fronte e  suonò il clacson un paio di volte per attirare la sua attenzione, ma non era la macchina di Carlo, così dopo qualche attimo di esitazione si accorse che si trattava di Daniel con la sua Punto nera. Attraversò frettolosamente e lui le fece cenno di salire, “Mi ha mandato Carlo”, disse lui per giustificarsi appena Frida salì in macchina, “Lui era momentaneamente bloccato con un fornitore in ufficio, non poteva scaricarlo...”. Frida rispose freddamente a monosillabi, guardando fuori dal finestrino. “Sai, ero di strada, devo passare a prendere Clara e Kira all’atelier e poi vi riporto a casa...speriamo non ci sia troppo traffico...”. Frida continuava a guardare fuori dal finestrino, ma il silenzio si era fatto imbarazzante, così decise di dire qualcosa “Mi spiace di averti fatto venire fin qua...se Carlo mi avesse avvisata sarei tornata a piedi,una passeggiata non fa mai male”, ma Daniel le sorrise e le assicurò che in ogni caso sarebbe passato di lì per andare da Clara e Kira, quindi non era stato assolutamente un disturbo. Erano imbottigliati nel traffico ormai da più di dieci minuti così, Frida si sentiva profondamente a disagio immersa in quel silenzio, era un a vita che non metteva piede in quell’auto; tutto sembrava cristallizzato all’ultima volta che c’era entrata, era pulita minuziosamente come al solito, i cd erano al loro solito posto, il caricabatterie come sempre infilato nel 12V, e quel profumo, il profumo di Daniel, era sparso ovunque, era sempre stato così, quell’auto odorava di lui. Frida si sentì in imbarazzo soltanto a pensare quelle cose, così con un gesto istintivo, quasi nervoso, accese lo stereo, sintonizzandolo su Virgin Radio e Daniel si voltò di scatto verso di lei sorridendole “mi sembra un ottimo aiuto per questo traffico...e questo è uno dei tuoi preferiti, che fortuna”. Il loro silenzio perdurò, allora, sulle note di What’s Up delle Four non Blondes, era vero, Frida amava da morire quel pezzo e aveva una voglia maledetta di canticchiarlo, ma non le sembrò il caso, così, con la faccia rivolta verso il finestrino si limitò a doppiarla in silenzio, mimando le parole con le labbra, mentre l’unica cosa che sperava era di arrivare il più presto possibile a destinazione, ultimamente Daniel se lo ritrovava sempre davanti e il suo atteggiamento amichevole da una parte un po’ la infastidiva, insomma, che senso aveva, ormai? Il loro equilibrio lo avevano trovato, almeno fino a quel momento, le loro strade erano opposte e ormai si erano abituati a non rivolgersi più la parola, quindi proprio non capiva che senso avesse quella specie di riavvicinamento...
Appena Daniel accostò davanti all’Atelier, Frida come un lampo aprì la portiera dell’auto e quasi letteralmente saltò sul sedile posteriore, tirando un sospiro di sollievo.  Appena le tre ragazze salirono, si leggeva sui loro volti lo stupore per la presenza di Frida, così fu Kira la prima a chiederle cosa ci facesse lì, e fu Daniel a spiegare il motivo della sua presenza. Camilla per tutto il tragitto non fece altro che parlare della bellezza dell’abito, senza mai ovviamente accennare a descriverlo, voleva solo stimolare la curiosità di Daniel che seppe stare al gioco della cugina di Clara, facendo domande investigative e mostrando tutta la sua curiosità, mentre invece Clara, Kira e soprattutto Frida rimasero in silenzio finchè non arrivarono a casa delle ragazze, per la felicità di quest’ultima.


Clara e Camilla finalmente rientrarono in casa, mentre Daniel tornò di corsa al ristorante da Carlo, quella sera avevano un evento importante e doveva aiutarlo nei preparativi. Le due ragazze si accomodarono in cucina e decisero di preparare una tisana rilassante, erano state in giro dalle 16.00, si sentivano stremate. Camilla notò che la cugina era stata particolarmente silenziosa in auto e sembrava aver perso un po’ l’entusiasmo per la prova dell’abito, “cosa c’è che non va? Sei ancora emozionata per il vestito?”, Clara allora si sedette accanto a lei e sospirò sonoramente “no, è che sono rimasta un po’ basita quando ho visto Frida in macchina...”  “e perchè scusa?”. Camilla sembrò non capire il turbamento di Clara, insomma le aveva dato un passaggio su richiesta di Carlo, cosa c’era di male? “Ma infatti non c’è nulla di male, in teoria”, rispose allora Clara davanti alle obiezioni della cugina “è che...sono un po’ spiazzata, perché ultimamente il loro rapporto sembra cambiato...”  “in che senso, scusa?” le chiese allora Camilla con tono sospettoso, “Pensi che abbiano una relazione?”, “ma no, no!!! Figurati! Non è questo...è che, insomma, fino a qualche settimana fa non si rivolgevano la parola, comunque loro non si erano mollati serenamente, e quindi era rimasto molto rancore tra loro...e adesso, boh, sembra siano tornati amici...”. Camilla storse un po’ il naso, non riusciva a capire fino in fondo dove Clara volesse arrivare, ma era lampante che si sentiva ansiosa e infastidita, così provò a capirci qualcosa in più. “Beh, se sono tornati amici, forse è solo perché i loro dissapori sono oramai cosa passata...non credi? Non capisco cos’è che non ti torna...perchè è evidente che c’è qualcosa che non ti quadra...”. Clara sospirò, non voleva azzardarsi a dire cose affrettate, ma con la cugina sapeva di poter dire tutto ciò che pensava “Quello che non mi quadra, o per meglio dire che mi infastidisce, è che questo riavvicinamento è assolutamente unilaterale..”  “Cioè lei ha rimesso gli occhi addosso a Daniel????” esclamò Camilla, “No, no...è unilaterale nel senso che è Daniel che tenta continuamente di farsela amica...così, all’improvviso, si è svegliato una mattina e ha deciso di essere carino e gentile con lei, quando fino a poco tempo fa solo sentirla nominare lo faceva incupire ed era proprio lui ad evitare ogni contatto con lei, la salutava a stento e manco le rivolgeva la parola. Quindi ora perché questo improvviso cambiamento? Questa cosa mi dà da pensare e mi dà fastidio...Daniel è un uomo molto lunatico, questo lo devo ammettere, quindi la cosa non dovrebbe stupirmi...ma...capisci che ho dei dubbi? Non riesco a comprendere le motivazioni del suo atteggiamento...”. Camilla a questo punto riuscì a capire i dubbi della cugina “ho capito perfettamente, adesso...è lui che fa l’amico con lei...vabbe se fossi in te comunque non mi allarmerei, soprattutto se sai che Daniel è un tipo un pò volubile che cambia idea facilmente...magari ha capito che è inutile continuare a tenerle il muso, forse è un bene...sai, il fatto che le portava rancore stava a significare che lui ancora ci pensava alla fine della loro storia, invece ora è un capitolo chiuso e quindi non ha motivo di essere in contrasto con lei..”  “capisco cosa vuoi dire”, disse allora Clara, che però sembrava ancora molto dubbiosa, così Camilla tentò di rassicurarla “senti, io non mi farei troppi film...certo, state per sposarvi, ed è ovvio che tu sia ansiosa, quindi l’unico consiglio che posso darti è di aprire gli occhi e analizzare la cosa più da vicino, guardati bene le spalle, ma con la diplomazia che ti contraddistingue. Non perdere la lucidità, valuta la situazione in maniera oggettiva e con tranquillità e, se sarà il caso, parlane direttamente con lui”. Clara accolse positivamente il consiglio di Camilla, era pienamente d’accordo con quella strategia, allarmarsi e farsi delle idee strane non l’avrebbe aiutata e non l’avrebbe portata da nessuna parte, doveva mantenere la calma e il sangue freddo, come aveva sempre saputo fare.

martedì 22 marzo 2016

Episodio XCV "Tra parole mai dette"


Frida era appena uscita dallo studio di Fabrizio, marito di Milly, era stata tutto il giorno a riordinare scartoffie a redigere documenti, stava lentamente imparando il suo nuovo lavoro di segretaria part-time, e doveva ammettere che era abbastanza frenetico e il fatto che necessitasse di molta concentrazione la stava decisamente aiutando a superare il periodo buio che stava attraversando ormai da tre mesi. Sì, da quel novembre maledetto era già passato così tanto tempo e Frida sentiva ancora il peso di quei giorni grigi passati in camera sua a piangersi addosso e ad allontanare il resto del mondo da lei. Ora stava pian piano risalendo e solo grazie a Kira che le aveva dato una grande scossa, come sempre. Ma anche Milly aveva avuto un ruolo in questa sua ripresa, aveva infatti convinto il marito ad assumerla come segretaria nel suo studio, così non avrebbe più rimesso piede in negozio, riducendo così quasi a zero le possibilità di incontrare Giulio; nonostante le avesse dato molti problemi lasciandole di punto in bianco la gestione del negozio senza alcun aiuto, Milly era stata particolarmente comprensiva, si era spesa molto per aiutarla ad uscire da quello stato di depressione e continuava a coccolarla come avrebbe fatto una sorella maggiore e Frida davvero non se lo sarebbe mai aspettato. Ora, quindi, stava cominciando a guardare la sua situazione sotto un’ottica diversa, insomma, aveva un nuovo lavoro dove aveva tanto da imparare, e la sfida le piaceva, inoltre aveva degli amici fidati su cui poter contare, tra cui non solo Kira, ma anche Carlo, che si era mostrato protettivo e affettuoso nei suoi confronti. Tuttavia, nonostante stesse provando a riprendersi in mano la sua vita, si sentiva ancora molto giù di morale, qualche volta sì, pensava ancora a lui e a quello che le aveva fatto, ma si sentiva frustrata e demotivata soprattutto per non aver completato gli esami in autunno e non aver potuto conseguire il dottorato nel mese di febbraio, come aveva programmato. Il suo professore l’aveva quasi odiata per questo, certamente non poteva essere a conoscenza dei suoi problemi personali, e così aveva cominciato a considerarla una ragazza irresponsabile dal momento che per tutto l’autunno non aveva nemmeno cominciato a scrivere la sua tesi di dottoranda e aveva addirittura saltato tutti i loro incontri. All’ultimo appuntamento avuto con lui le fece chiaramente capire di essere profondamente deluso e che ora si sarebbe aspettato il triplo da lei, non le avrebbe reso la vita facile, le disse, se si sarebbe voluta laureare entro luglio doveva dimostrargli di essere all’altezza facendo un lavoro oltre le sue aspettative. Da qui derivava il suo senso di fallimento che si era aggiunto prepotentemente alla sofferenza per la sua storia andata male. I primi giorni dopo l’incontro col prof si era sentita demotivata ed impotente, non sapeva più da dove ricominciare e il suo nervosismo era schizzato alle stelle, e con sua grandissima sorpresa Daniel quella sera a cena era accorso in suo aiuto, offrendosi di darle una mano almeno con il materiale da utilizzare, non ne sapeva moltissimo di filosofia russa, le disse, ma un suo caro collega più esperto gli avrebbe procurato i migliori saggi, a titolo di favore. In quel momento Frida non fu sicura di accettare,  ma alla fine acconsentì, dopotutto, cosa c’era di male nel farsi prestare qualche libro tramite lui? Di sicuro il fatto che Daniel, che fino a qualche settimana prima non le rivolgeva nemmeno la parola, si fosse messo a disposizione, l’aveva colpita moltissimo, ma forse lo aveva fatto solo per amore della letteratura, pensò, d’altronde rimaneva sempre un professore e lei ai suoi occhi era ancora una semplice studentessa disorientata. Mentre tornava a casa in bici, perfettamente incappucciata per il freddo pungente, pensò a tutte queste cose e, passando sotto casa di Daniel d’un tratto le venne in mente di avere un suo libro in borsa che ormai non le serviva più,  così decise di cogliere l’occasione al volo e di riportarglielo, visto che ormai era lì, dopotutto non era sicura di quando si sarebbero rivisti. Così, senza pensarci due volte, parcheggiò la mountain bike davanti al portoncino del palazzo e bussò al citofono, ci avrebbe messo giusto un minuto, pensò, così avrebbe avuto anche il tempo di comprare qualcosa per cena, Kira sarebbe tornata affamata dall’ospedale. Daniel la aprì subito il portone e, entrata in ascensore, Frida non potè fare a meno di notare il suo aspetto orribile, così istintivamente rimise in ordine i capelli sistemati sotto la cloche di feltro viola, e si mise il burrocacao al lampone, il vento freddo in bici le aveva veramente rovinato le labbra, pensò. Arrivò in pochi secondi davanti alla sua porta di casa e suonò il campanello per poi sfregarsi con forza i palmi delle mani gelide, come al solito aveva dimenticato i guanti. Daniel le aprì la porta sorridente, il suo sorriso non aveva mai perso fascino, pensò lei, su questo non ci pioveva, e prima che lui potesse parlare, Frida tirò velocemente fuori dalla grande tracolla un librone dalla copertina blu e glielo porse “scusa se sono venuta senza avvisarti, ma passavo di qui per caso e…niente, ho pensato di riportartelo”. Daniel si ritrovò il libro quasi direttamente in mano “non stare sulla porta, su, entra, stavo giusto per farmi un caffè” le disse, lasciandola spiazzata, perché non entrava in quell’appartamento da più di un anno e pensò che non fosse il caso di entrarci in quel momento, così gli rispose con tono vago evitando di guardarlo negli occhi “oh no, grazie…sto andando a fare la spesa per la cena e poi anche tu, sarai impegnato, anzi, scusa di nuovo se sono venuta senza preavviso”. Daniel a quel punto la guardò di nuovo con un sorriso ed intervenne prima che lei potesse voltare le spalle “ma dai, giusto il tempo di un caffè e poi sto facendo qualcosa che ti piace molto, su, non ti mangio mica?” le disse facendole cenno con la mano di entrare. Frida, incuriosita, si decise ad accettare e sul piccolo tavolino in soggiorno notò immediatamente una pila di fogli protocolli ed altri sparpagliati in disordine qua e là e le si illuminarono gli occhi. “Accomodati pure” le disse Daniel passandosi una mano tra i capelli disordinati “vado a fare il caffè, mi prenderò un pausa dalla correzione di questi temi che devo consegnare domani ai ragazzi…fa come se fossi a casa tua!” Frida si sedette sul divanetto con fare incerto e, trovandosi ormai sola, non resistette alla tentazione di leggere qualche tema già corretto, sui quali spiccavano i voti scritti con il matitone rosso, quello che Daniel aveva sempre preferito alla penna.  Lesse, incuriosita più che mai, la traccia che il prof Rossini aveva scelto “Saggio breve letterario: il Teatro Pirandelliano”. Pirandello! Pensò Frida tra sé e sé, una delle fissazioni pregresse di Daniel, sicuramente avrebbe preteso tantissimo dai suoi poveri studenti, considerato quanto amava quest’autore, non sarebbe stato tenero con i voti…così passò in rassegna velocemente i temi corretti e notò una sfilza di 6, due o tre sette e qualche insufficienza…nessun’eccellenza, insomma. Decise di leggere per primo l’unico 7+, di una certa Caterina Marrazzo e si armò di matita per appuntare qualcosa, come adorava fare di solito. Nel complesso era un saggio breve ben svolto, più che altro si capiva che la ragazzina aveva studiato e conosceva bene l’autore, ma quanto ad originalità, secondo lei mancava qualcosa a quell’elaborato, troppe nozioni culturali e poco stile. Appena preso in mano il modico 6 di un certo Marco Ciaffi, tornò Daniel con due profumatissimi caffè. Vederla seduta con le gambe incrociate, intenta a leggere i temi con un’accanita attenzione, lo fece ridacchiare “è sempre stato il tuo sport preferito correggermi eh? Insomma, io correggo loro e tu correggi me…funzionava così, no?” Frida fece spallucce sorridendogli e prese la tazzina di caffè. Mentre lei era intenta a leggere e scribacchiare, lui le parlò del motivo per cui aveva scelto proprio questa traccia, di cosa si aspettava dai suoi alunni e le parlò molto di questa classe di ragazzi che si stava preparando alla maturità.  “Beh” le disse ancora dopo essersi seduto accanto a lei per sbirciare cosa stesse appuntando, “Pirandello mi sa che ti piace un pochino...allora, che ne pensi da quello che hai potuto leggere?” Frida rimase in silenzio per qualche attimo, stava finendo di leggere il tema di Marco e dopo un po alzò lo sguardo incontrando gli occhi di ghiaccio di Daniel, che erano vicinissimi a lei “penso che non capisco perché questo Marco Ciaffi si sia guadagnato un miserabile 6….secondo me questo è un lavoro molto valido”. Daniel le prese il foglio protocollo dalle mani con fare scettico e gli diede un’altra occhiata “valido, dici? Mah, le idee non mancano e il ragazzo ha studiato, senza alcun dubbio…ma trovo che la forma sia tortuosa e prolissa…scrive in maniera troppo complicata, oserei dire che il suo stile è ermetico e a tratti barocco!”  detto questo le ridiede il foglio facendole capire che non aveva alcuna intenzione di rivalutarlo. Frida sgranò gli occhi “addirittura barocco! Credo che tu sia esagerato…”  “cos’ha di tanto speciale questo elaborato, sentiamo, professoressa Cesari?” Frida rispose sorridendo timidamente “beh, Ciaffi, rispetto ad altri ragazzi che hanno beccato voti più alti del suo, ha analizzato il teatro pirandelliano sotto vari aspetti. Insomma, la signorina Marrazzo si è presa 7+: forma impeccabile, stile scorrevole, ma non ha fatto altro che parlare della maschera dietro cui si cela ogni personaggio pirandelliano e dietro cui l’uomo si nasconde…si è fissata su questo punto, che pure è importante, ma senza sviluppare idee, confronti, ragionamenti. Marco Ciaffi, invece, ha analizzato ogni singola fase del teatro pirandelliano, dalla fase siciliana, a quella umoristico-grottesca, fino ad arrivare al metateatro, identificando un caratteristico personaggio per ogni fase…poi ha fatto una digressione sul teatro in generale, sul teatro classico, su shakespeare, ha citato addirittura De Filippo…questo ragazzo penso abbia elaborato la traccia in modo particolare e del tutto personalizzato ed ha un notevole bagaglio culturale. Sono d’accordo, il suo tema risulta leggermente pesante , ma credo che la sua prolissità sia diretta conseguenza della profondità delle sue idee. Il più delle volte i concetti difficili sono anche difficili da spiegare, ed è la complessità delle sue idee a richiedere una certa complessità di linguaggio… esprimere sensazioni profonde a volte non è semplice e allora si usa un linguaggio un po’ oscuro…ma è evidente che tu non abbia mai avuto una naturale inclinazione a comprendere certe cose, ti è sempre mancata un po’ di sensibilità secondo me, in fase di correzione…” Daniel si sentì un po’ colpito da queste sue ultime parole, gli era chiaro che Frida stava provando a dire il suo punto di vista, con tono dolce e pacato, ma lui si sentì stringere il cuore, perché era vero, non era mai stato particolarmente bravo a capire le sensazioni degli altri, anche con lei aveva fatto lo stesso errore quando si lasciarono, pensò. “Beh”le disse allora “ammetto che con me è sempre meglio usare parole semplici…se vuoi farmi capire qualcosa, con me conviene essere molto chiari, altrimenti rischio di non comprendere a pieno le persone e tendo a valutarle per quello che in realtà non sono…”. Daniel le disse queste cose guardandola fissa negli occhi, e Frida intuì subito che non si stava riferendo più soltanto ai temi di italiano, ma a loro due, così rimase per un attimo senza parole, riuscì solo d’istinto a distogliere lo sguardo da lui. Quell’atmosfera, che oscillava tra la confidenzialità e l’imbarazzo, fu rotta dagli squilli del cellulare di Daniel, che si alzò come un fulmine per rispondere “Clara…ah sì…. Le partecipazioni…no amore, non me ne sono dimenticato, sono pronto, stavo giusto per scendere…è che mi ero perso a correggere dei temi…tra due minuti sono da te”. Sentendo la telefonata, Frida scattò in piedi e quando Daniel ritornò da lei, la trovò già davanti alla porta con la borsa in mano “Non mi ero accorta fosse passata già più di un’ora, sono in tremendo ritardo…scusa ancora, devo scappare..ciao!”. Lui non ebbe nemmeno il tempo di salutarla che la vide richiudersi la porta alle spalle. Frida sfrecciò più veloce che poteva con la sua bici, ripensava a Daniel e non riusciva a spiegarsi per quale motivo di punto in bianco lui fosse cambiato nei suoi confronti, dall’indifferenza più assoluta, a una ritrovata confidenza che non sapeva come interpretare. Forse lui provava tenerezza? O in fondo le voleva ancora bene? O forse tutte le domande che si stava ponendo in quel momento, pensò, erano solo stupide farneticazioni, e lei in certe cose era una vera esperta!

domenica 20 marzo 2016

Episodio XCIV "L'inferno in cucina...e fuori"

Da quando era ritornato a casa, Carlo sembrava un'altra persona; la notizia della malattia, ormai irreversibile del padre, l'aveva profondamente turbato. 
Non era minimamente d'accordo con la decisione di Filippo di interrompere ogni cura, ma si rese ben presto conto di non poter far altro che subire in silenzio quella scelta. Ma era furioso, e sembrava che l'unica cosa che lo facesse stare meglio fosse sbraitare contro tutto e tutti. Ben presto anche Kira fu coinvolta in quel vortice inarrestabile di ira, anzi più lei si dimostrava comprensiva e accondiscendente, nel vano tentativo di stargli vicino e di fargli da spalla, più lui era irritabile. Kira proprio non riusciva a capire perché si comportasse così, sentiva che come se lui la stesse pian piano allontanando, come se di lei non gli importasse più nulla. 
Anche quel venerdì sera Kira rimase da sola, Frida avrebbe passato il weekend dai suoi genitori, e Carlo era a Firenze
 come ormai accadeva sempre più spesso. Così si rannicchiò sul divano, sotto la sua coperta di pile preferita. Si sentiva triste, esattamente come il piccolo Merlino, che seduto davanti alla finestra, affranto guardava giù in strada, cercando di scorgere tra i passanti la sua amata padroncina di ritorno verso casa. 
"Dai Merlino!!" mormorò Kira attirando l'attenzione del pelosetto, invitandolo a salire sul divano "Vieni qui, stasera siamo soli, io e te!"
Il cane la guardò affettuosamente, le saltellò accanto, per poi raggomitolarsi ai suoi piedi. 
Il suono del campanello destò entrambi dal torpore in cui erano caduti, e Merlino fu il primo ad arrivare alla porta, scodinzolante, curioso di sapere chi ci fosse dall'altro lato. 
"Ciao dolcezza!" la salutò Tommaso, sorridente,baciandole teneramente la guancia mentre si faceva strada nel piccolo soggiorno. Kira non si aspettava assolutamente quella visita, ma si scoprì ben contenta del fatto che lui stesse lì. 
"Come mai questa improvvisata?" gli chiese Kira curiosa. 
"Ho avuto un sacco da lavorare…domani c'è quel convegno importante, ho dovuto rivedere tutta la documentazione…" continuò mentre si toglieva la giacca di pelle, spuntava il colletto della camicia e si accomodava sul piccolo divano. 
"Tu lavori sempre…lavori troppo secondo me!" disse Kira imbronciata, prima di lasciarsi cadere sul divano accanto a lui. 
"Forse hai ragione…sai? Stasera sono proprio distrutto…" le disse reclinando la testa sullo schienale di pelle. "Comunque… avevo voglia di vederti prima della partenza per Torino. Starò via un paio di settimane…inoltre…ti ho sentita un po' giù prima al telefono, volevo sincerarmi che tu stessi bene! Che programmi hai per la serata? Un mio ex compagno del liceo inaugura la sua mostra di fotografia in un locale qui al centro…se ti va potremmo andarci insieme, sempre che tu non abbia altro da fare!"  
Kira sospirò profondamente, a parte oziare davanti alla tv  non aveva  programmi per la serata, Carlo era fuori città e anche se fosse stato a casa, dopo l'ultima lite che avevano avuto di sicuro non sarebbero stati insieme. "mi dispiace Tommaso, ma proprio non ho voglia di stare tra la gente…" 
"Allora cosa vorresti fare?" 
Lei si strinse nelle spalle "Niente, starmene qui, sul mio divano a bere birra e ingozzarmi di patatine!" 
"ook…" Tommaso saltò in piedi, si diresse verso il frigo e ne tirò fuori due tennent's fredde al punto giusto "credo che la tua sia un' ottima idea…"
"Ma non devi restare per forza, hai una festa che ti aspetta…non voglio intralciare i tuoi piani per la serata" 
Tommaso si riaccomodò accanto a lei " L'unico piano per la serata era stare con te…quindi…e poi mi piacerebbe sapere cosa è successo di tanto grave da giustificare tutta quella  tristezza che vedo nei tuoi occhi! Dai racconta…"  
Di solito Kira odiava spiattellare i suoi problemi a destra e manca, di solito preferiva tenersi tutto dentro e aspettare la fine della tempesta. Ma in quel periodo le cose con Carlo stavano andando davvero male, qualcosa era cambiato tra di loro, ma lei non riusciva neppure a capire fino infondo cosa si fosse incrinato. Sentiva il bisogno di sfogarsi con qualcuno, e Tommaso anche quella volta, come sempre era lì, pronto a farle da spalla e  ad ascoltarla. "Non vorrei annoiarti…" disse titubante, ma in realtà non vedeva l'ora di tirare fuori tutto. 
 "Tu non mi annoi mai…" le disse sfiorandole appena la guancia, guardandola così intensamente negli occhi, che Kira dovette abbassare i suoi, per non arrossire come una mammola. Poi lui si schiarì la voce e continuò "se vuoi parlarne io sono qui!" 
Kira tirò un grosso sospiro, e poi " Non so che cosa gli prenda! Io non lo riconosco più" Iniziò così a raccontare…La sera precedente alla Tenuta c'era il pienone; tutti i tavoli occupati e all'ingresso una fila d'attesa di quasi un'ora e mezza. Anche Daniel nonostante non fosse un esperto di ristorazione era sceso nella mischia in aiuto di Carlo amico e socio. 
Purtroppo, proprio in quella occasione, Paolo, sous chef della brigata, fu costretto a casa per una brutta influenza e Carlo si era ritrovato così da solo a dover gestire comande, preparazione e supervisione dei piatti da mandare in sala. La cucina era un delirio, tutti sembravano presi da una strana frenesia che portava a commettere errori su errori. A Carlo sembrava che tutti i suoi collaboratori avessero dimenticato come si facesse a cucinare e soprattutto quale fosse  lo standard che dovevano mantenere per poter lavorare in una sua cucina. Iniziò ad inveire contro ogni membro del suo team "Cazzo ragazzi, ma che diavolo vi prende oggi?" gridava in continuazione "Ma porca miseria, devo assumere un diplomato alla Cordon Bleu di Parigi, per avere un risotto allo zafferano decente? e dite a quei coglioni in sala che se scrivono le comande in aramaico e davvero impossibile leggerle!!" "Si chef!" rispondevano timorosi i suoi collaboratori, cercando in tutti i modi di seguire le sue direttive. Ma era impossibile, Carlo aveva un diavolo per capello, e non si rendeva minimamente conto, che la sua aggressività non faceva altro che mettere ancora più in agitazione tutta la squadra. 
"è un vero incubo…" mormorò Francesca, la nuova lavapiatti, forse l'unica rimasta che non si era ancora beccata una bella ramanzina; era al terzo anno di istituto alberghiero e aveva sempre pensato che lavorare in un ristorante come "La Tenuta" e affianco di uno chef come Carlo carati, fosse per lei una grande fortuna, quello era il suo primo servizio lì, e forse già stava cambiando idea. 
Kira entrò in cucina proprio mentre Carlo in preda ad un ennesimo scatto di ira scaraventava al muro un piatto di agnello glassato al miele con erbe aromatiche. "Non mi è mai capitata una cosa del genere?" sbraitava andando su e giù per la cucina "Quasi 15 anni di servizio e mai una volta che mi fosse tornato un piatto indietro! Lucaa come cazzo si fa sbagliare la cottura di semplici costolette di agnello! Non devi fare altro che metterti davanti a quella dannata griglia e cuocere quelle fottute tagliate di carne! Ti pago per questo!! cosa c'è di difficile?" 
"Mi spiace chef!" aveva risposto mortificato il ragazzo a testa basta, non osando guardarlo negli occhi "eravamo in ritardo e..beh pensavo che fossero cotte abbastanza, non ero sicuro…ma si doveva impiattare…l'ha detto lei!" 
"L'ho detto io??" Carlo gli fece eco furioso "Io sono al pass…non ai fornelli…se ti serve più tempo, mi chiami più tempo, non mi presenti un piatto crudo! Cazzo!" Il ragazzo strinse in pugni, rosso in volto, appunto non era lui quello al pass che avrebbe dovuto controllare che tutti i dettagli fossero a posto. "Mi dispiace , chef. Ma stasera tutti abbiamo commesso degli errori, nessuno escluso!" 
Carlo ascoltò quelle parole pronunciate con un filo di voce tremante. La verità è sempre difficile da accettare, il ragazzino aveva perfettamente ragione e questo lo fece adirare ancora di più, si morse le labbra rabbioso "fuori dalla mia cucina!" gli urlò, indicandogli la porta sul retro.
A quel punto Kira, che aveva assistito a tutta la scena in silenzio, non poté fare a meno di intervenire a favore del povero aiuto cuoco. Forse il suo intervento non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, ma non poteva starsene zitta e muta di fronte a Carlo che si comportava come un pazzo e mortificando tutti. Così cercando di limitare i danni lo prese in disparte "Che diavolo ti prende?" gli chiese, non appena furono fuori dalla cucina, lontano da occhi e orecchie indiscrete. 
Carlo la guardò arrabbiato, in quel momento l'ultima cosa di cui aveva bisogno era una sua predica da signorina so tutto io. 
"Non voglio farti nessuna predica…ma…hai lanciato un piatto contro la parete!!"
"Sono degli imbecilli, sembra che abbiamo dimenticato come si cucina…che intenzioni hanno?? …vogliono boicottarmi!!" 
Kira non trattenne una piccola risata nervosa "ma dici sul serio?" gli chiese ironica.
"Kira togliti quel sorriso ebete dalla faccia! è una pessima serata, la tua ironia del cazzo non aiuta!" La ragazza si accigliò, Carlo non si era mai rivolto a lei con un tono tanto arrogante "Non ti pare di stare un po' esagerando?? Secondo me dovresti calmarti…" 
"calmarmi?? è il peggior servizio della mia vita e tu mi dici che devo stare calmo?? meglio che me ne torni a lavoro prima che diano fuoco a tutto, non capisco neppure perché perdo tempo a parlarne con te che non sai neppure cucinarti un uovo sodo, figuriamoci gestire la cucina di un ristorante!" 
Kira sgranò gli occhi, la situazione stava davvero degenerando, chi era l'uomo che le stava davanti? "aspetta un secondo…" disse trattenendolo forte per il braccio "io non saprò un cazzo di come si gestisce una cucina, ma conosco le buone maniere, cosa che mi pare tu abbia dimenticato alla grande questa sera! Hai lanciato un piatto di carne contro il muro, Carlo! Senza contare poi il fatto che non hai fatto altro che urlare per tutto il tempo, ti abbiamo sentito tutti in sala! E poi… vogliono boicottarti? Non ti sorge minimamente il dubbio che forse il problema sia tu, e non tutti loro? Sei il capo, e non hai fatto altro che aggredirli, umiliarli! avranno anche sbagliato qualche cosa, ma sicuramente tu sei stato ben lontano dalla perfezione stasera.
e la cosa più grave e che tu non ti rendi minimamente conte di essere stato pessimo stasera! Comunque, non ti  faccio perdere altro tempo, Daniel mi aveva chiesto di darti questo!" gli disse porgendoli un bigliettino scritto a penna proprio dall'amico, in cui lo informava che gli ultimi clienti si erano accomodati e che in sala a parte qualche piccolo intoppo tutta stava filando liscio, il peggio era decisamente passato. 
"ok, fammi capire…ha tirato un piatto contro il muro e non contento se l'è presa poi anche con te?" la interruppe Tommaso scuotendo la testa divertito "Gordon Ramsay gli fa un baffo ahahah!" 
"Tommaso dai!" lo ammonì Kira "Non è divertente…Carlo è sempre stato molto autoritario sul lavoro, ma non aveva mai mancato di rispetto ai suoi dipendenti!" gli disse tirando un forte sospiro d rassegnazione "comunque non abbiamo più parlato da allora" 
"E perché mai?" le chiese lui, questa volta seriamente.
Kira si strinse nelle spalle, era arrabbiata con Carlo, si sentiva profondamente offesa dalle sue parole e dall'insolenza con cui sempre più spesso le si rivolgeva. "è come se non sopportasse più nulla di me, non gliene importa più niente!" disse poi infine poggiando la testa sulla spalla di lui, un gesto istintivo, che le venne naturale; sembrava che Tommaso fosse l'unico che comprendesse realmente il suo stato d'animo. 
"Beh dolcezza…" le disse lui teneramente accarezzandole i capelli "Se fossi in te lo chiamerei! Sei troppo triste, meglio chiarirsi prima di creare muri poi difficili da buttare giù!" Kira alzò appena gli occhi, specchiandosi nei suoi, si strinse ancora di più a lui, forse aveva ragione, l'orgoglio in certe circostanze l'aveva portata sempre a fare scelte sbagliate. "Per fortuna ho un grillo parlante personale che mi mette sulla buona strada!" disse sorridendo forse per la prima volta quella sera. "finalmente un sorriso…" disse accendendo la tv "guarda guarda Hell's Kitchen…non possiamo perderlo, che dici?" 
Scoppiarono a ridere insieme, Kira insieme a lui si sentiva bene, Tommaso riusciva a capirla e lei capiva lui, stare insieme era così semplice; era felice che lui fosse lì accanto lei!
La mezzanotte era ormai passata da un pezzo, e entrambi avevano mandato giù ben due birre a testa, quando Tommaso guardò di sfuggita il daytona che aveva al polso. 
"è tardissimo!" disse alzandosi dal divano "Riesci sempre a farmi perdere completamente la cognizione del tempo!" 
"Quindi vai via?" disse lei alzandosi a sua volta.
"Domani ho una giornata molto impegnativa…ma voglio che tu stia bene, insomma se vuoi che resti, io posso stare qui ancora un po'…"
Kira scosse la testa, Tommaso  aveva passato tutta la serata ad ascoltare i suoi drammi, a farle compagnia, aveva già fatto abbastanza per lei, e adesso doveva filare via e andare a dormire, l'indomani sarebbe stata una giornata stressante e lui avrebbe dovuto dare il meglio di se. "sei sicura? ti senti più tranquilla…dico davvero non farti problemi…"
Kira alzò gli occhi al cielo "Sto bene davvero, hai fatto tanto, stasera, va a riposare!" gli disse mentre lo aiutava ad indossare la giacca di pelle. Tommaso si lasciò convincere, e si avviarono alla porta. 
Sull'uscio aperto, Tommaso si voltò verso di lei, prendendole il viso tra le mani le accarezzò leggermente le labbra con i polpastrelli dei pollici "se vuoi resto…" le ripetè nuovamente. Kira poteva sentire il suo profumo e il battito veloce del suo cuore, e poi il suo sguardo così intenso, dolce, magnetico; erano così tremendamente vicini, sentì un vuoto nello stomaco e si accorse che le tremavano le gambe. Kira non rispose, era come in trans, sopraffatta da un mare di sensazioni troppo forti, a cui faceva fatica ad opporsi; "Non farlo, ti prego…non farlo! Non baciarmi" pensava nella sua testa, senza riuscire a dar voce ai suoi pensieri, o forse non voleva dar voce a quei pensieri.
Tommaso lesse negli occhi di lei, il turbamento, sorrise beffardo  per baciarle poi teneramente la fronte "Buona notte Kira, ti chiamo domani!" le disse, poi si girò e iniziò a scendere le scale, lasciandola da sola sul pianerottolo di casa. 

Kira si chiuse la porta alle spalle, e si appoggiò alla parete. Aveva il cuore che le batteva a mille, si sentiva turbata, cosa le stava succedendo? non era sicura di cosa sarebbe successo se lui l'avesse baciata; l'avrebbe respinto, forse no, non lo sapeva, ed era sbagliato, non poteva essere così  confusa su una cosa del genere.