sabato 28 novembre 2015

Episodio LXXX "-E' un sì? -Sì...è un sì!"


Daniel poggiato sul davanzale infondo alla sala professori, leggeva svogliatamente il quotidiano e sorseggiava il suo caffè amaro. La sera precedente, dopo l'assurda lite scoppiata tra lui e Clara, la ragazza era andata via arrabbiata e offesa e lui, dopo aver gettato via la cena giapponese, era sprofondato sul divano davanti al campionato maschile di pallanuoto, con una confezione di tennent's da tre bottiglie in una mano e nell'altra una busta di patatine: le Rustiche San Carlo, per la prima volta dopo tanto tempo gli fecero pensare a Frida con piacere, libero da ansie e rancori, gli scappò persino un sorriso pensando a quando lei gliele aveva fatte provare per la prima volta; era impossibile che a 35 anni suonati non avesse mai assaggiato le migliori patatine al mondo, gli aveva detto lei, e per questo da allora non mancarano mai nella sua dispensa. Sorso dopo sorso, si era scolato tutte e tre le bottiglie di birra e ne aveva aperta anche una quarta, che però non era riuscito a finire, perché si era addormentato davanti alla tv accesa. Adesso, la mattina seguente, i postumi della sbornia inziavano a farsi sentire; aveva un tremendo mal di testa e se non  avesse mandato giù prima di colazione due aspirine, non sarebbe riuscito neppure a stare in piedi.
Clara arrivò in ritardo, la prima campanella era già suonata da un pezzo. Daniel la vide da lontano, gli sembrò stanca, gli occhi gonfi e arrossati, circondati da occhiaie scure, come se per tutta la notte non avesse chiuso occhio. Lei lo salutò freddamente passandogli accanto, prese il suo registro e sgattaiolò fuori dalla stanza. "Ehi!" Daniel le corse subito dietro "hai un minuto?" le chiese sfiorandole il braccio. La donna si fermò di scatto nel corridoio "No Daniel, sono in ritardo" disse divincolandosi dalla sua presa, abbassando lo sguardo, sapeva benissimo che sarebbe capitolata davanti al mare blu dei suoi occhi. "Oh andiamo Clara…" disse lui sorridendo " sto cercando solo di rimediare, ho sbagliato ieri, non dovevo prendermela con te, era una giornata no."
Clara incrociò le braccia indispettita " Sai cosa ti dico, Daniel? Non me ne frega un accidenti della tua giornata no. Qualsiasi problema avessi, avresti  potuto condividerlo con me, ma hai preferito inveirmi contro! Non sono il tuo parafulmine! Nessuno mi ha mai aggredita in quel modo, e non ho intenzione di lasciare a te il privilegio di farlo, né ora né mai!" La sua invettiva fu interrotta da una collega che passava di lì e che li saluto sorridendo; Clara non si scompose, Daniel rispose con un gesto del capo. "Tra l'altro" continuò lei abbassando il tono della voce " non mi pare questo il luogo, né il momento opportuno, per discutere di queste cose così personali…"
"E allora quando potremmo parlarne?" chiese lui, sfiorandole la guancia.
"Oh Daniel, non lo so…sono già in ritardo, lasciami andare per favore!" gli disse sottraendosi alla sua carezza. " Ti chiamo io…" disse voltandogli le spalle e incamminandosi verso la I B.
Daniel rimase da solo nel corridoio ormai vuoto, la reazione di Clara così dura gli fece comprendere di aver realmente esagerato; guardò l'orologio, per ora l'unica cosa sensata da fare era andare in classe e inziare la sua giornata di lavoro. In III B i ragazzi lo stavano aspettando armati di penne, vocabolario e fogli protocollo, per il compito in classe di latino, ma Daniel aveva così la testa da un'altra parte, che non aveva neppure pensato a quale versione proporre loro. Così per la gioia di tutti la verifica si trasformò in una semplice esercitazione e i ragazzi non avrebbero neppure avuto l'obbligo di consegnarla.
Nelle due ore che seguirono Daniel non poté far a meno di pensare a quanto fosse stato inopportuno prendersela con Clara per qualcosa che non dipendeva da lei, e che soprattutto a lui non avrebbe dovuto minimamente interessare. Quello che Carlo gli aveva raccontato l'aveva scosso profondamente. Era dispiaciuto per Frida, ma soprattutto sentiva dentro di se una forte rabbia. Era arrabbiato con quel verme di Giulio, e con la stessa Frida che si era lasciata così ben abbindolare, ma soprattutto la cosa che lo inquietava più di tutte era sentirsi arrabbiato con se stesso per averla lasciata andare e per averla quasi gettata tra le braccia di quel traditore. Cosa sarebbe successo se lui si fosse dimostrato più sensibile e accondiscendente, se l'avesse capita e amata invece di respingerla con disprezzo per i dubbi che erano sorti in lei? Forse le cose sarebbero state completamente diverse, ma ormai era inutile piangere sul latte versato, la sua storia con Frida era chiusa, lei era il suo passato, adesso Clara era il suo presente e se voleva che lei fosse anche il suo futuro, avrebbe dovuto escogitare qualcosa e avrebbe dovuto farlo in fretta!
Finalmente alle 13.30 in punto la campanella segnò la fine delle lezioni e Daniel volò di corsa in sala professori, ma Clara era già andata via, così a lui non restava che tornarsene a casa, da solo, ad aspettare una sua telefonata. Si preparò un pranzo leggero e veloce: una caprese pomodori e mozzarella, anche se non aveva molta fame, per tutto il tempo non fece altro che guardare il telefono, che non dava però segni di vita. Per più di una volta fu tentato di comporre il numero di casa di Clara, ma non inoltrò mai la chiamata; la conosceva bene, sapeva che era una donna risoluta, orgogliosa e testarda, chiamarla l'avrebbe sicuramente indispettita e il tentativo di scuse gli si sarebbe rivoltato contro.
Era ormai pomeriggio inoltrato e lui cercava ancora disperatamente di trovare un modo per farsi perdonare. Ad un tratto ebbe un'idea che a lui parve davvero geniale; prese le chiavi della macchina e uscì velocemente di casa.

Clara, invece, aveva trascorso il pomeriggio come in trance, era terribilmente stanca, la notte precedente non aveva chiuso occhio. Si era girata e rigirata nel suo letto cercando di capire cosa avesse spinto Daniel ad assumere un comportamento così stupido e aggressivo, e la cosa che più la irritava era non riuscire a trovare una motivazione valida per quella assurda sfuriata. Dopo scuola era praticamente fuggita via, non voleva vederlo, né tantomeno parlargli. Si rendeva perfettamente conto che la sua reazione poteva sembrare allo stesso modo esagerata, come era stato Daniel la sera precedente, ma era più forte di lei, non era pronta a confrontarsi con lui, ad accettare le sue scuse. Così, rientrata a casa rimase tutto il tempo distesa sul divano, con mr.Grammy accoccolato ai suoi piedi e la tv accesa a farle compagnia. Erano passate le 20.00, alla tv il Titanic era affondato, Jack era morto  lasciando Rose, naufraga, da sola in mezzo al mare.  Clara aveva visto quel film decine di volte, anche se mai era riuscita a capire perché avesse riscontrato tanto successo nelle sale, si stiracchiò e sbadigliò sonoramente quando improvvisamente suonò il citofono: era Daniel. Lei lo vide dalla finestra, vestito di tutto punto. Lui le chiese di scendere, aveva aspettato per tutto il pomeriggio una chiamata che già sapeva non sarebbe mai arrivata, ma aveva bisogno di parlarle e l'avrebbe fatto quella sera. Clara sbuffò, sapeva che una volta trovatasi di fronte a lui, non sarebbe riuscita a mantenere il broncio a lungo, ma decise di accontentarlo, era curiosa di sapere cosa avesse in mente. Scese di casa e si infilò velocemente in macchina, fuori faceva un gran freddo.
"Allora?" disse chiudendo la portiera e sfragandosi le mani per il freddo.
Daniel la guardò e portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio disse " nulla, volevo vederti…e poi ho una sorpresa…" Mise in moto e si accodò al traffico della sera.
"Lo sai che non sono una fan delle sorprese….dimmi almeno dove stiamo andando, guarda come sto vestita!" Clara indossava un jeans a sigaretta, delle ballerine rosse e un maglioncino a collo alto, con sopra un lungo cardigan nero.
" Sei perfetta così…come sempre!"
Salirono fin sopra la certosa di San Martino. La  vista era da mozzare il fiato, sotto di loro Napoli era illuminata da una miriade di luci. L'aria era gelida, ma il panorama era splendido, tanto da far dimenticare a Clara anche il freddo. Rimasero in silenzio per qualche minuto e quando Daniel la prese per mano, lei non la ritrasse, anzi gliela strinse con più forza. "Daniel," disse lei rompendo il silenzio, ma lui la interruppe " volevo chiederti scusa" le disse prendendole il volto tra le mani " sono stato un vero imbecille, non so cosa mi sia preso, ma voglio che non accada mai più. Voglio che tu sia felice, che siamo felici insieme, che tu ti senta amata e protetta, non umiliata e offesa. Ma voglio ancora litigare con te e fare la pace ogni volta. Voglio addormentarmi e risvegliarmi accanto a te e voglio che tutto questo sia per sempre…ti amo Clara…" La donna era senza parole, gli occhi splendenti, pieni di lacrime. Quelle non erano delle semplici scuse, quella era una vera e propria dichiarazione d'amore e la conferma arrivò quando Daniel si staccò da lei le si inginocchiò davanti  e continuò "ti amo e voglio che tu ami me allo stesso modo, voglio che tutti sappiano che ho scelto te, che è te che voglio accanto a me per il resto della mia vita." Clara deglutì e a stento riuscì a dire " Daniel, che stai facendo?…alzati ti prego" Ma lui tirò fuori dal cappotto uno scatolino rosso, facendola sussultare " oh Dio" disse con un filo di voce, mentre le lacrime già le solcavano le guance arrossate. Daniel aprì l'astuccio e tra di loro fece capolino un bellissimo anello in oro bianco costellato di piccoli diamantini, poi si schiarì la voce, il momento era finalmente arrivato " Clara, vuoi sposarmi?"
Clara si sentì franare la terra sotto i piedi, non riuscì a spiccicare una parola, ma annui più volte col capo. "E’ un si?" le chiese Daniel alzandosi e mettendole al dito l'anello. "Si…si è un si" rispose lei quasi tra i singhiozzi. Daniel le regalò il più bel sorriso che lei avesse mai visto nella sua vita, poi la strinse a sè e la baciò con passione asciugandole le lacrime e ripetendole quanto l'amasse e quanto si sentisse l'uomo più fortunato e felice del mondo. "Oh Daniel…anche io ti amo ". Rimasero abbracciati per un bel po', fantasticando sul loro matrimonio, sul loro futuro, con Napoli ai loro piedi che faceva da cornice ai loro sogni.

mercoledì 25 novembre 2015

Episodio LXXIX "The day after..."


Daniel e Carlo stavano correndo ormai da quasi un’ora, il sole stava quasi per tramontare e rendeva i colori autunnali del parco ancora più caldi, ma i primi freddi si cominciavano a sentire. I due ragazzi si sentivano stremati, così decisero di fermarsi a fare dello stretching e a respirare un po’. “Ieri sera mi hai creato un piccolo incidente diplomatico…ho dovuto lasciare Clara da sola a casa con la nostra cena…spero che tu abbia avuto motivazioni valide per farmi correre alla tenuta a sostituirti…” disse Daniel scherzosamente dopo aver fatto un sorso d’acqua. Carlo rimase spiazzato dalla sua domanda, ma tuttavia doveva pur aspettarselo, pensò. Non sapeva come comportarsi, se fosse stato meglio dirgli la verità o provare a sviare il discorso. Ripensò alla sera precedente, a Frida sconvolta come non aveva mai visto e al suo racconto paradossale: Giulio, beccato nel bel mezzo di un festino a base di  coca e prostitute, lo stimatissimo chirurgo aveva una doppia vita, forse addirittura una doppia personalità e nessuno di loro se n’era mai accorto. Quel farabutto aveva ferito Frida profondamente, l’aveva presa in giro sin dal primo istante, Daniel doveva saperlo? Ma soprattutto, come avrebbe reagito? Pensò ancora Carlo. “Sono stato dalle ragazze” rispose allora, rimanendo vago. “Allora?” incalzò Daniel, incuriosito “Qualche problema con Kira? Qual era l’emergenza?” Carlo sospirò e tirò fuori tutta la verità. Daniel, seduto sulla panchina, ascoltò attentamente le sue parole senza batter ciglio per tutto il tempo e , alla fine del racconto, non fece alcun commento. Ancora una volta l’atteggiamento indifferente di Daniel nei confronti di Frida, stupì Carlo, quella volta più che mai, vista la gravità del fatto, davvero non ci teneva proprio per niente? Si chiese. Ma un piccolo gesto, tradì la sua imperturbabilità, si alzò di scatto dalla panchina gettando via violentemente la bottiglina d’acqua ormai vuota “credo sia meglio tornare a casa” disse poi con tono stizzito, lasciando Carlo di stucco “ma come” gli disse “manca ancora metà del percorso!”  “Lo so” rispose Daniel con gli occhi bassi “ma non sono in forma come te, lo sai…meglio tornare”.
Daniel riaccompagnò Carlo alla tenuta. durante il tragitto scambiarono solo qualche parola e nessuno dei due tornò sull'argomento Frida. " allora ci sentiamo domani" disse Carlo scendendo dall'auto. Daniel si limitò ad annuire e lo salutò con un cenno della mano, poi mise in moto e prima che l'amico attraversasse l'uscio di casa, lui era già lontano.
Per fortuna a quell'ora la superstrada era semi deserta, Daniel non era un' amante della velocità, la sua guida era anzi piuttosto tranquilla, ma quella sera si sentiva molto nervoso, e la prima cosa che gli venne in mente per scaricare la tensione fu pigiare l'acceleratore. Non riusciva a togliersi dalla testa le parole di Carlo; il racconto di ciò che era accaduto a Frida gli avevano fatto riaffiorare tutti quei sentimenti che aveva faticosamente accantonato, dopo la rottura con la ragazza. Per tutto quel tempo aveva sepolto l'amore, la delusione e la rabbia, sotto un mantello di indifferenza, ma in cuor suo sapeva benissimo che tutti nodi sarebbero tornati al pettine, e quel momento era inesorabilmente arrivato. 
Salì le scale distrattamente e appena entrò in casa posò le chiavi sul mobiletto del piccolo ingresso e si tolse la felpa tutta sudata, restando in pantaloni di tuta e a torso nudo. Corse in cucina e aprì il frigo: moriva di fame cosa avrebbe potuto prepararsi di semplice e veloce? 
Stava leggendo la scadenza su una confezione di Pannachef, quando il capannello suonò. "Cazzo Clara" disse precipitandosi alla porta.Si era completamente dimenticato dei programmi della serata: una bella cenetta e un film a seguire. Quest'ultimo era saltato, lui aveva dimenticato di noleggiare il dvd, la sua mente era completamente da un'altra parte. 
Clara  indossava dei leggins neri e una camicia di jeans, i capelli raccolti in uno chignon, gli occhi verdi che si illuminarono non appena lo videro comparire sulla porta. Era semplice e bellissima come sempre, ma Daniel non la notò nemmeno, la salutò svogliatamente con un veloce bacio sulle a guancia e poi mormorò che avrebbe fatto una doccia, era appena tornato dall'allenamento.
Clara stava imparando a conoscerlo, e aveva captato una certa freddezza nel suo comportamento, decise di lasciar perdere per il momento, forse era solo stressato e stanco, una doccia l'avrebbe aiutato a rilassarsi, e poi ne avrebbero parlato a cena. La ragazza ordinò dal suo giapponese preferito, che da qualche settimana aveva attivato anche il servizio d'asporto, così quando mezz'ora dopo Daniel ritornò dalla sua doccia rilassante, trovò la tavola imbandita di specialità orientali in piccoli contenitori di carta. Le si sedette di fronte e lei gli porse le bacchette, poi sorridente iniziò a mangiare e raccontagli la sua giornata. Era stata in gita a Pompei con i ragazzi del terzo anno. c'era stata milioni e milioni di volte, ma ogni volta era come la prima, e ogni volta immergersi nella storia di oltre mille anni fa le provocava sensazioni nuove e diverse. Daniel dal canto suo, aveva palesemente la testa da un altra parte, a stento seguiva i discorsi della donna e non aveva ancora mangiato nulla, si limitava a giocherellare con il riso e le bacchette. 
"ehi…ti senti bene? non ti hanno detto che non si gioca con cibo?" disse Clara in tono scherzoso, più per attirare la sua attenzione, che per richiamarlo. 
Daniel la fulminò prima  con lo sguardo e poi con le parole "E che questo giapponese mi fa schifo!" disse con una tale veemenza che Clara quasi non si strozzò col pezzetto di sashimi che aveva appena mangiato. "Come scusa?" disse incredula dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
" lo sai benissimo che il giapponese non mi fa impazzire. Una pizza no è?" continuò posando le bacchettate sul tavolo "ah già tu non mangi la pizza…beh da stasera io non mangio sushi." 
Clara era esterrefatta, non credeva alla sue orecchie "Ma ti sei ammattito o cosa? ti ho chiesto se ti andava bene il giapponese, hai detto di si, potevi benissimo dirmi che ti andava di più una pizza." 
Daniel poggiò la schiena sullo schienale e disse stizzito "Perché devo essere sempre io a dire cosa mi va o cosa non mi va? Perché devo essere sempre io ad accontentare te e  mai  viceversa?" 
"Daniel…ma stai scherzando? " tuonò Clara. Era incredula, non sapeva come comportarsi, si chiedeva per cosa fosse iniziata quella lite, e non riusciva a trovare nessuna motivazione reale e plausibile. 
"Si può sapere qual è il tuo problema stasera? odi il sushi? va bene, non mangiarlo! cosa vuoi che ti prepari, sono a tua disposizione. Così magari per una volta esaudirò i tuoi desideri…" 
"Oh andiamo…non essere accondiscendente con me!" 
" Io accondiscendente? Sei tu che ti stai comportando come un pazzo. Si può sapere per quale motivo hai piantato su tutta questa storia?" disse incrociando le braccia e guardando fisso negli occhi. Si guardarono per un po', poi Clara ruppe il silenzio " Avevo capito che qualche cosa non andava, ma sai una cosa? Adesso non voglio neppure sapere cosa passa nella tua testa, adesso voglio solo tornarmene a casa mia." disse precipitandosi nel soggiorno, raccogliendo borsa e giacca di pelle. Daniel le andò dietro e si appoggiò al muro della cucina, senza dire una parola. 
"Questa cosa è assurda! facciamo una cosa quando smettono di girarti le palle mi fai uno squillo, vedrò poi se risponderti o meno." disse dandogli le spalle e mordendosi le labbra poi " nessuno mai mi aveva tratta in questo modo, così gratuitamente male…buonanotte Daniel!" e usci di casa, sbattendo la porta. 

sabato 21 novembre 2015

Episodio LXXVIII "BOOM!"


Frida era sveglia già da dieci minuti, ma non si stiracchiò per bene, come amava fare di solito, perché non aveva intenzione di svegliare Giulio, che dormiva beatamente col viso sul suo collo, e questo era davvero un evento. Frida era molto stupita, non era da lui dormire ancora alle otto del mattino, anche di domenica alle sette in punto di solito era già operativo e lei non aveva quasi mai potuto godere dei primi raggi del sole accanto a lui sotto le lenzuola, tranne quando erano stati in vacanza in barca. Accarezzandogli pian piano i morbidi ricci con le dita, per poi sfiorargli il nasino sottile e le labbra perfette, lo trovava bellissimo, non aveva niente di speciale, ma ogni suo dettaglio le sembrava particolarmente unico. D’un colpo Giulio aprì i suoi occhi verdoni che, illuminati dal sole che oltrepassava il vetro della veranda, sembravano chiarissimi “che buon profumo che hai” furono le prime parole che le disse, e Frida non potè fare a meno di pensare che lui riusciva sempre a stupirla con la sua dolcezza e con i suoi modi. Dopo averle concesso qualche tenerezza, Giulio saltò giù dal letto come un grillo e dopo essersi fatto la doccia mattutina, con sua grande sorpresa, le portò la colazione in camera e per la prima volta da quando stavano insieme le permise di mangiare a letto. Sfogliatine alla marmellata, caffelatte, l’immancabile yogurt magro col muesli, succo d’arancia e qualche biscotto integrale, fu questa  la  ricca colazione che gustarono insieme, l’uno accanto all’altro. “Devi avere qualche rotella fuori posto stamattina” gli disse Frida sgranocchiando un biscotto; Giulio non sapeva di cosa stesse parlando, così lei cercò di spiegarsi meglio “per prima cosa ti sei alzato alle otto passate, poi mi fai fare colazione a letto…sei proprio tu?” Giulio rise, le mise apposto le ciocche di capelli arruffati e dopo averle baciata teneramente balzò di nuovo in piedi “ti va di andare in barca a Capri?” Frida sgranò gli occhi “In barca alla fine di novembre?” gli chiese. Giulio cominciò a prepararsi di fretta “è una giornata bellissima, il cielo è limpido e considerando il vento, credo che il mare sia leggermente mosso, quindi praticabilissimo…e poi, il mare d’inverno, vuoi mettere? Se fai la brava facciamo anche un piccola immersione…dai, tirati su!” Le disse tutte queste cose come un fiume in piena, eccitato come un bambino prima di una gita scolastica, lasciando Frida senza parole. Giulio la sorprendeva sempre con la sua voglia di vivere e di esplorare, con la sua iperattività, non si fermava un attimo e, come al solito, fu costretta ad accettare il suo invito, quando lui si metteva in testa un’idea non c’era verso di domarlo.
Trascorsero una giornata magnifica, Frida provò l’ebbrezza della sua prima immersione sotto la guida e la protezione di Giulio, che era un vero esperto.  Si sentiva talmente felice che appena tornata a casa di lui poco prima del tramonto, telefonò immediatamente a Kira per raccontarle la sua incredibile esperienza, anche se l’amica, dall’altro capo del telefono, non le sembrò particolarmente contenta, anzi, la sgridò severamente considerando poco opportuno immergersi per la prima volta senza un professionista e soprattutto senza alcuna misura di sicurezza, ma si disse poco sorpresa dall’immaturità di Giulio, era un vero irresponsabile, ormai era risaputo. “La solita maestrina borbottona!” fu il commento di Giulio, ma Frida sapeva che Kira si preoccupava semplicemente per lei, era sempre stata una ragazza con la testa sulle spalle e forse un po’ di ragione ce l’aveva, doveva ammetterlo. Anche quella notte Frida non ritornò a casa, lei e Giulio fecero una cena veloce a base di gamberi e frutti di mare, poi si immersero sotto le coperte sul divano, nel tepore del camino, sorseggiando dello champagne che Giulio aveva appositamente preso dalla sua riserva personale. Tra loro ci furono poche parole, Frida era al settimo cielo tra le sue braccia, lui la faceva sentire protetta ed amata, la faceva sentire come l’unica donna e quelle mura, in quegl’istanti, le sembravano i confini del loro mondo. “Vorrei poter fermare il tempo, proprio adesso” gli disse in tono malinconico, con gli occhi lucidi e le gote arrossate, lui le sorrise e le sfiorò la punta del naso “beh, un modo ci sarebbe per fermarlo…perché non resti qui, con me, per sempre?” Frida gli sorrise e sospirò “ne abbiamo già parlato amore…adesso ho tante cose per la testa, la tesi del dottorato, le spese da pagare, e poi condivido tutto con Kira, finchè non ci sistemeremo entrambe non mi va di lasciarla sola e costringerla magari a trovare un’altra coinquilina…”, Giulio sbuffò e la strinse ancora più forte tra le sue braccia “vabbè io ci ho provato…è che ho capito che tu sei la donna della mia vita e voglio vivere con te ogni istante possibile…vorrà dire che saprò aspettare buono buono, in un cantuccio, il mio turno per averti tutta solo per me…la prossima estate ci sposeremo e quindi, non avrai più scuse, non pensare di sfuggirmi…tu sei mia Frida e io ti amo da morire, sei stata l’unica in tutta la mia vita a farmi questo effetto...non ho mai desiderato così tanto di stare con una persona, per te farò di tutto, sarà l’uomo perfetto...”. Frida gli sorrise dolcemente e poi si abbandonò ai suoi baci, la stringeva così forte che quasi non riusciva a respirare, poi le prese il viso tra le mani e glielo disse di nuovo “tu sei mia”. Sì, lei si sentiva totalmente sua e le piaceva, aveva davvero trovato l’uomo della sua vita, non aveva alcun dubbio.

Fuori dalla finestra della sua stanza Frida guardava fissa le auto nel traffico e la gente passeggiare infreddolita sui marciapiedi, ad ogni tiro di sigaretta sentiva i polmoni contrarsi e riaprirsi ritmicamente, e il cuore pulsare fortissimo. Era una serata particolarmente fredda e umida, tirava un venticello gelido, e pur essendo la fine di novembre, a Napoli era insolito un clima così rigido, ma ogni tanto poteva capitare.Frida spense nervosamente il mozzicone nella fioriera sul davanzale e si scaraventò sul letto avvolta nella sua felpona di pail, si rannicchiò in posizione fetale e continuò a pensare in cosa stesse sbagliando, si colpevolizzava ma non sapeva neppure per che cosa, e si sentiva frustrata, tremendamente depressa, fino al giorno prima la sua vita le sembrava perfetta e in ventiquattr’ore tutto era crollato, come sempre. I suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta di casa, Kira era rientrata e, avendo notato le luci accese, la chiamò a gran voce per poi raggiungerla nella stanza “e che ci fai ancora qui in queste condizioni? Non devi andare a cena dai tuoi? E’quasi un’ora di macchina, farete tardissimo…”  “non c’è nessuna cena” rispose Frida freddamente senza nemmeno alzare la testa dal cuscino. Kira rimase ad impalata davanti a lei ancora col la borsa sulla spalla e il giubbino addosso, e senza dire una parola la guardò con aria interrogativa aspettando una spiegazione “non c’è bisogno che ti spieghi nulla…la storia già la conosci, maledettissimo Giulio” disse Frida quasi piangendo. Kira sospirò sonoramente e pose le mani sui fianchi indispettita “Fri, ti ho promesso tempo fa che su questa situazione non avrei messo più bocca, e non lo farò nemmeno adesso, ma lasciati dire una cosa, te la cerchi tu ogni santa volta questa situazione! Guardati! Da quando stai con lui ogni due settimane sei punto e a capo, lui sparisce indisturbato e tu cosa fai? Te ne stai depressa e disperata sul tuo letto ad aspettarlo, pronta a berti ogni cavolata che ti viene a raccontare, scusa ma la colpa è tua!”  Frida si mise seduta con la testa tra le mani “cosa devo fare? Cosa???”  “ma non vedi come ti tratta? apri gli occhi e prendi in mano la situazione!!”  Frida sospirò ancora “tu non capisci…lui è perfetto…mi tratta come la luce dei suoi occhi, fino a ieri mi ha detto che sono la donna della sua vita, che vuole sposarmi, che vuole stare con me,…e poi il giorno dopo, puff! Sparisce tutto e sembra dimenticarsi della mia esistenza…che cosa devo fare, scusa?” Kira a quel punto assunse un’aria severa, non poteva credere che Frida davvero stesse piagnucolando indifesa, dov’era finita la sua amica battagliera e sempre pronta a prendersi l’ultima parola? Le sembrava un vegetale, così decise che per l’ultima volta le avrebbe dato un consiglio in merito, ma stavolta doveva ascoltarla, non aveva scuse “allora” le disse prendendola per un braccio “prendi la fottuta macchina che ti ha regalato, e vallo a cercare! Che è ciò che avresti dovuto fare già la prima volta! Invece di startene nascosta come un coniglio impaurito, fai la donna e cerca di chiarire una santissima volta questa situazione! E’ evidente che ha qualcosa da nascondere, secondo me, e se te ne stai ferma qui non potrai mai scoprirlo! Alzati!” Frida si alzò lentamente, Kira aveva ragione, dov’era finita la sua verve? “Ok allora vado…dovrei andare a casa sua?” Le chiese con tono insicuro “eh si, che ne so, comincia a provare a chiedere al portiere che è sempre lì, magari lui potrebbe averlo visto uscire o rientrare…telefona Alessandro per sapere se lo ha sentito” “già l’ho chiamato, non sa niente…e Ilaria ha detto che oggi non aveva appuntamenti in studio e non lo ha visto…ok, allora andrò a casa sua...vieni con me, dai” Kira si accigliò “ma tu sei impazzita! Non vengo neanche per sogno, è una questione che devi risolvere tu, non hai bisogno dell’accompagnatrice…datti una mossa, devi indagare! Prima ti muovi e prima potrai cominciare a capirci qualcosa, finalmente!” In pochi minuti Frida si infilò dei jeans e un maglione blu capitatole tra le mani rovistando nel cassetto, si mise gli stivali di pelle, il cappotto nero e la sciarpona di lana e corse a prendere l’auto, dieci minuti era già sotto casa di Giulio, fece un respiro profondo e si avviò nel palazzo. 


 Il portiere, il signor Eugenio ad un suo cenno le aprì il grande portone accogliendola con un sorriso gentile, come faceva sempre; “signorina, le posso essere utile?” “sì, per favore” gli rispose Frida sfregandosi le mani e visibilmente ansiosa “per caso sa quando il dottor Bassani è uscito?”  “guardi, non vorrei sbagliarmi, ma sono stato tutto il giorno al mio posto e non l’ho visto uscire da stamattina! Credo sia in casa…” Frida cercò di pensare, era chiaro che si stesse sbagliando, gli disse, Giulio non le rispondeva al telefono fisso da tutto il giorno “beh” le disse il signor Eugenio allargando le braccia cercando di mostrarsi utile “provi a bussare al campanello oppure, le dirò di più, provi a bussare al dirimpettaio, l’Avvocato Sansone, spesso passa molto tempo da lui, magari tra una chiacchiera e l’altra, si sarà trattenuto…vorrei poterla aiutare di più” L’avvocato Sansone? Pensò Frida, che rimase imbambolata… Giulio le aveva sempre detto che lo conosceva appena e che a stento si salutavano…possibile che il portiere si stesse sbagliando? “Signorina, tutto bene?” le disse l’uomo percependo la tensione della ragazza, mettendole una mano sulla spalla, ma Frida non rispose, salì impetuosamente le scale incurante del portiere che le chiedeva se ci fosse qualcosa che non andava. Col fiatone arrivò davanti alla porta di Giulio e bussò più e più volte senza risultati, così si girò verso la porta di fronte “Avvocato Giuseppe Sansone”, recitava la targhetta in stile barocco, era sicurissima che Giulio le avesse sempre detto di non conoscerlo, così esitò a bussare, ma alla fine premette il pulsante due volte e ad aprirla fu un uomo alto e corpulento, poteva avere quarantacinque o forse cinquant’anni e appena la vide le sorrise calorosamente “salve!” le disse, mentre lei cercava di scrutare dietro le sue spalle larghe per scorgere qualche traccia di Giulio, ma l’unica cosa che riusciva a percepire era un gran frastuono, un forte chiasso, era evidente che dentro ci fossero molte persone “e lei chi è?” le disse l’avvocato, che tanto avvocato non le sembrava, considerato che era in canottiera bianca e jeans, a piedi scalzi “mi scusi il disturbo, forse sta dando una festa, io vorrei chiederle se per caso ha visto il dottor Bassani…sa, abita qui di fronte e…”. L’uomo non la fece neanche finire di parlare che la invitò ad entrare dentro entusiasta “ma certo! E’ qui, è qui, ma si unisca a noi, la prego!” e detto questo la lasciò indietro, lei quasi non riusciva a seguirlo mentre lui,  camminando svelto per il lungo corridoio, chiamava Giulio a gran voce “Giulio!! C’è una bella pollastrella per te qua…cerca proprio te, stasera sei proprio un uomo fortunato mi sa!” Frida non riusciva a capire di cosa stesse parlando, non riusciva a capire soprattutto come mai Giulio non le avesse parlato dell’enorme confidenza che aveva con questo vicino, ma continuò a seguirlo scettica… il corridoio le sembrava infinito, più andava avanti, più sentiva crescere il chiasso e la confusione, finchè, arrivati davanti a due enormi porte di legno scorrevoli, l’avvocato Sansone non le aprì di botto, svelandole un enorme salone pieno zeppo di persone, di cui cercò di individuare i volti uno ad uno, passandoli in rassegna con lo sguardo. Il cuore le si gelò di colpo quando riuscì a scorgere Giulio seduto su uno dei grandi divani di pelle, a torso nudo, con i capelli arruffati, addosso a cavalcioni su di lui una donna con solo un perizoma, quasi completamente nuda, che lo toccava e gli si strusciava addosso come un serpente, mentre lui rideva di gusto, senza accorgersi di lei, che in mezzo a quell’accozzaglia di donne e uomini seminudi, presi da una strana e sconosciuta èstasi, sembrava una piccola formica invisibile. Frida sentì il respiro bloccarsi e il suo stomaco cominciò a contorcersi dal disgusto quando capì che sui tavolini era sparsa cocaina ovunque, non riuscì a credere ai suoi occhi. “Giuliè!” urlò di nuovo l’avvocato attirando finalmente la sua attenzione “guarda che bella troietta ti ho portato, così chiudi in bellezza!” Giulio alzò lo sguardo incuriosito sorridendo gioiosamente,  ma appena la vide, impalata davanti alla porta a fissarlo, buttò giù violentemente dalle sue gambe la ragazza mezza nuda, e, incurante delle proteste di questa che era finita a terra, la scavalcò chiudendosi frettolosamente la cintura dei pantaloni e spostò aggressivamente l’avvocato “sei un fottuto idiota!” gli sussurrò visibilmente alterato. Prima che potesse avvicinarsi a lei, Frida si voltò e si avviò veloce verso la porta d’ingresso,  Giulio le corse dietro, e richiudendosi con un tonfo la porta alle spalle, la bloccò prendendola per i polsi prima che potesse scendere le scale. “Lasciami, schifoso!” Le urlò lei in preda a una crisi isterica, ancora incredula per ciò che i suoi occhi avevano visto pochi istanti prima “Frida, stai ferma, fammi spiegare!” Le urlò cercando di tenerla ferma al muro. Lei si agitava sotto la sua presa, “che cosa mi vuoi spiegare, eh? Cosaaaaaaaaa???!!! Non voglio spiegazioni, mi fai solo schifo”. Urlò più forte che poteva, incurante del fatto che tutti gli inquilini del palazzo avrebbero sentito, cercò di divincolarsi dalla sua presa e dopo una lunga colluttazione, lui ebbe di nuovo la meglio, riuscendola a bloccare tra lui e il muro, avvicinò il viso al suo e Frida istintivamente girò la testa per allontanarsi, in quel momento riusciva a vedere solo un mostro davanti a lei. “Entriamo in casa, voglio parlarti” le disse. La ragazza cominciò a sentire dolore ai polsi, così fece un gran respiro e provò a ragionare, anche se non le riusciva assolutamente facile, “vuoi entrare dentro?” gli disse con affanno “va bene, è proprio quello che voglio, entriamo”. Giulio non fu sorpreso, solitamente riusciva sempre a calmarla e a farle cambiare idea, gli pareva che ora fosse leggermente più tranquilla, così avrebbe avuto il tempo di spiegarle tutto e di provare ad aggiustare quella situazione. “Frida” le disse appena entrarono “non avresti dovuto assistere a quella scena, era l’ultima cosa che volevo” Lei gli sembrava stranamente quieta, non gli rispose, fece cadere la borsa a terra guardandolo fisso “tu mi fai schifo” gli disse con le lacrime agli occhi e i capelli sconvolti “tu, il tuo moralismo del cazzo, il tuo salutismo…non fumare, non mangiare grassi, non bere troppo...tu, e le tue cazzo di fissazioni, le tue prediche del cazzo, la tua perfezione maniacale, le tue parole d’amore…tu sei uno sporco bugiardo, figlio di puttana maledetto”. E detto questo si avviò a passo svelto nella stanza da letto, mentre lui le correva dietro incuriosito perchè non capiva cosa intendesse fare. Entrati nella stanza, Frida si fermò a fissare la grande fotografia appesa al muro che ritraeva Giulio fiero sulla sua barca a vela, che fissava l’orizzonte col vento tra i capelli davanti a un tramonto eccezionale. “Bastardooo” Gridò all’improvviso con tutto il fiato che aveva in corpo, staccando con foga il poster e spaccandolo per terra, facendo rompere il vetro in milioni di pezzi, poi tirò via le coperte dal letto e, mentre Giulio incredulo provava a fermarla invano, lei si diresse veloce in soggiorno. Sembrava in preda a una furia incontenibile, continuò ad urlare al vento, prese a calci la sedia bianca su cui si erano seduti l’uno sull’altro tantissime volte, facendola cadere, con un solo colpo gettò a terra tutti insieme i preziosi soprammobili della parete attrezzata, tirò giù dal muro il grande orologio di marmo bianco riducendolo in un ammasso di cocci, Giulio provò a bloccarla, ma non riuscì a domare la sua forza, era in preda a una crisi di nervi, e  riusciva a divincolarsi da lui con enorme violenza. Continuò ad urlare inveendo contro di lui con ogni parola possibile, strappò via le candide tende, scaraventava a terra ogni cosa le capitasse sotto mano, come un ciclone distruggeva tutto ciò che trovava, cristalli, ceramiche, oggetti di legno e di metallo, a terra c’era qualsiasi materiale disseminato ovunque. Poi irruppe nella grande cucina moderna, sbattè contro il muro la piccola televisione a schermo piatto, aprì tutti i mobili e con una velocità impressionante li svuotò di ogni cosa contenessero,  in pochi secondi il pavimento era pieno di stoviglie rotte, bicchieri infranti, cibo, bottiglie, elettrodomestici. “Frida adesso basta che cazzo stai combinando, fermati!!!” le urlò Giulio, e finalmente riuscì a bloccarla di nuovo prendendola per i polsi “Levami le mani di dosso!” urlò lei con tutta la voce che aveva “calmati dannazione Frida calmatiii”, ma lei non lo stette a sentire,  provò a liberarsi dalla sua presa dimenandosi a destra e sinistra, dandogli calci e pugni, ma finirono entrambi per terra, si ferirono con i cocci e lui di nuovo la fermò mettendosi sopra di lei, riusciva a sentire il suo affanno, era sudata e paonazza, il trucco nero sugli occhi era completamente sciolto, le mani erano tutte graffiate, ma era evidente che aveva ancora la forza di gridare “lasciamiiiiii…bastardo tossico del cazzo, io ti ammazzo”, detto questo continuava ad agitarsi sotto di lui sbattendo le gambe e riuscì a prendere un grosso coltello di cucina gettato a terra poco prima, con foga glielo puntò in faccia “ti ammazzooo” gli urlò, Giulio spaventato provò a tenerle ferma la mano “Frida così rischi di farti male”  “ti odioooooo bastardoooooo” gli urlò piangendo con rabbia, finchè la forza del ragazzo non le fece mollare la presa e fece cadere di nuovo giù il coltello. Giulio riuscì a rimetterla in piedi, tenendola su per le braccia di peso, provò ad abbracciarla “amore ti prego, calmati” Frida si asciugò gli occhi e poi lo spinse via, il cuore le batteva all’impazzata, aveva caldo e sentiva il cervello ribollirle. Lui continuò a cercare un contatto, non poteva credere all’inferno che aveva provocato, aveva una casa completamente sfasciata e la donna che amava a pezzi. Dopo qualche tentativo finalmente la sentì cedere, le sembrò si fosse acquietata “stai tranquilla, ti prego, guarda che hai combinato, santo dio”  le disse mentre la teneva ancora in piedi. Frida era visibilmente distrutta, aveva bruciato ogni brandello delle sue energie, le forze la stavano abbandonando, così si accovacciò a terra e scoppiò in un forte pianto liberatorio. Giulio la guardò passandosi una mano tra i capelli e sospirò cercando di non soffermarsi a guardare il terremoto che sembrava essere passato nella stanza. Frida continuava a piangere e singhiozzare con il volto tra le mani, così lui decise di di fare un ultimo tentativo, la mise nuovamente in piedi e l’abbracciò, forzandola,  “mi dispiace” le disse mentre lei opponeva fragilmente resistenza “ti prego, sta calma” le sussurrò accarezzandole i capelli. A quel punto pensò che finalmente fosse riuscito a tranquillizzarla , finchè lei non si liberò del suo abbraccio e lo guardò con uno sguardo che non aveva mai avuto prima “levami queste sporche, luride, mani di dosso” gli sussurrò allora;  “Frida, per favore, cerca di ragionare!” intervenne lui prontamente “sei fuori di te, e lo capisco, so cosa provi…”  “Tu non sai niente di me, mi hai solo spudoratamente mentito, mi fai schifo” gli disse ancora piangendo. Giulio provò a prenderla per una mano “Frida, ascoltami” insistette lui “non volevo mentirti, questa è la mia vita e io volevo solo tenerti fuori da tutta questa faccenda…perché ti amo”. Frida lo guardò biecamente, ora respirava lentamente e, con affanno, riuscì a fatica ad emettere un filo di voce “sta zitto…zitto…tu mi ami? Mi ami???? Tu non sai nemmeno cosa sia l’amore, se non l’amore per te stesso…non posso credere che tu mi abbia toccata per tutto questo tempo…”  “Frida ma…”   “non voglio vederti mai piùùùùùùù” gli urlò allora dritto in faccia “mi fai schifo, hai capito? Non posso credere di essere stata così stupidaaaaa….adesso è finita!! Non ci casco più nelle tue bugie, non mi abbindoli più, ora so chi sei, so che cosa sei e mi fai schifo hai capito?? Non sei chi dici di essere, sei un mostro, un fottuto drogato puttaniere…ora mi è tutto chiaro, i tuoi comportamenti, le tue mani…e smettila di parlare d’amore, tu non saprai mai cosa significa amare, rimarrai solo, e ti meriti di rimanere solo!” Giulio rimase forse per la prima volta senza parole, Frida gli sembrò un animale indomabile, capì che non c’era più niente da fare, così non proferì parola, aveva gli occhi lucidi, i suoi errori avevano di nuovo preso il sopravvento sulla sua vita, e non poteva più porvi rimedio. Rimasero per qualche attimo l’una di fronte all’altro, poi Frida rovistò nelle tasche dei jeans e gli tirò dritto in faccia un paio di chiavi “riprenditi i tuoi regali di merda, questa macchina del cazzo è sporca delle tue bugie…e sparisci dalla mia vita per sempre, non voglio mai più rivedere la tua faccia”. Detto questo voltò le spalle e se ne andò, Giulio pensò per un secondo di correrle dietro, ma non lo fece, non aveva alcun diritto di trattenerla ancora, lei non avrebbe creduto a nulla di ciò che le avrebbe voluto dire: che non mentiva quando le diceva di amarla, che i suoi vizi erano più forti di qualsiasi altra cosa…come avrebbe potuto capirlo? Così la lasciò andar via, e rimase muto, a piedi scalzi in mezzo alle macerie della sua casa e della sua vita. Frida corse giù per le scale con una velocità impressionante, fuggì fuori dal palazzo incurante del signor Eugenio che chiedeva spiegazioni delle urla sentite poco prima; corse più forte che poteva per la strada deserta, sentiva il freddo gelarle i polmoni ma non si fermò, voleva andare il più lontano possibile. Stremata e affaticata si sedette su un marciapiede e continuò a piangere con il volto tra le mani, sentiva un gran senso di fallimento e di vergogna per aver amato una persona come Giulio, per aver creduto alle sue bugie, per averlo considerato l’uomo della sua vita. Si sentiva svuotata, persa, disperata, si era fatta prendere in giro, della vita non aveva capito nulla. Perse la cognizione del tempo, non sapeva se fosse passata un’ora o più da quando si era seduta lì, non riusciva a fermare il pianto e si malediceva per questo, quell’uomo non meritava le sue lacrime. I passanti infreddoliti sembravano non accorgersi di lei, che si sentiva invisibile, così prese il cellulare e, ancora in lacrime chiamò Carlo che in meno di mezz’ora lasciò il lavoro alla tenuta e corse da lei, più preoccupato che mai.

 Carlo la raccolse da terra come un cane abbandonato e si fece raccontare tutto. Il racconto di Frida gli sembrò confuso e quasi inverosimile, ma era evidente che fosse tutto vero, considerato lo stato in cui lei era. Ci mise un bel po’ di tempo per calmarla, ma lei continuava a piangere e ad agitarsi, sembrava in preda ad un delirio nervoso e così, dopo un po’, la riportò a casa tenendola sotto  braccio, talmente era debole. Quando Kira gli aprì la porta fu sorpresa di vederli insieme, e intuì subito che fosse successo qualcosa di grave, ma Carlo preferì non darle troppe spiegazioni, si fece solo aiutare a distendere Frida sul divano. “Carlo, ti prego, resta, ti preparo qualcosa di caldo, sarai infreddolito” gli disse Kira provando a trattenerlo, ma lui rifiutò con delicatezza, averla rivista gli aveva fatto piacere, ma allo stesso tempo gli aveva fatto male, ed ora non si spiegava per quale motivo sarebbe dovuto restare lì con lei che lo stava evitando già da un mese… non se la sentiva. Kira capì dal suo sguardo che si sentiva tremendamente a disagio, e forse sì, aveva ragione, era stata inopportuna a chiedergli di restare, ma aveva davvero apprezzato il gesto di aver riportato Frida a casa, così lo ringraziò prima che lui si richiudesse la porta alle spalle, lasciandola sola con l’amica che intanto si era rannicchiata sul divano con ancora indosso il cappotto. Senza chiederle nulla le disinfettò i graffi, le preparò una camomilla e la convinse a spiegarle cosa fosse successo. Anche lei rimase sconvolta da quel racconto e , anche se la tentazione fu forte, non l’ammonì con un “te l’avevo detto”, perché in quel momento non le sembrò il caso, ma comunque non potè far a meno di pensarlo, personalmente Giulio non l’aveva mai convinta. “Fri, adesso cerca di dormire, domani sarai più lucida e arriverai a capire che è stato meglio perderlo che trovarlo”, fu l’unico commento che riuscì a farle. “Ma io lo amavo…” le rispose lei piangendo, per poi infilarsi sotto le coperte chiedendole di restare sola. La sua risposta, colma di disperazione, fece capire a Kira che l’indomani l’amica non si sarebbe sentita meglio, Giulio l’aveva fatta davvero grossa, ed ora era davvero preoccupata per lei, come avrebbe superato tutto questo?

venerdì 20 novembre 2015

Episodio LXXVII "Tra chirurghi non ci si intende..."


Giulio si diede un’ultima controllata allo specchio, passò le dita tra i morbidi ricci per poi aggiustarsi meglio il colletto della camicia giallina, ora era perfetto, o quasi, se non fosse stato per i suoi bicipiti; non avevano mai avuto l’aria di essere  belli forti, pensò tastandoseli, ma no, non si sarebbe mai e poi mai iscritto in palestra, troppo noiosa per i suoi gusti, il suo tempo libero preferiva passarlo facendo cose più interessanti, il suo fisico sarebbe rimasto sempre quello, fine della storia. “Rodolfo Valentino finalmente è pronto!” esclamò Alessandro vedendolo finalmente entrare in salotto, lo stava aspettando da almeno trenta minuti. Giulio gli sorrise soddisfatto “da che pulpito! Credo ci abbia messo più tempo tu ad incerarti i capelli in quel modo…” gli disse ironico, riferendosi alla sua capigliatura estremamente ordinata. “Fai poco lo spiritoso, dottor Bassani! E muoviti, che fino a casa di Frida ci sarà traffico”  “è tutto calcolato, bello mio”, gli rispose ancora Giulio, “il dottor Bassani è un orologio svizzero! Andiamo.” E Giulio fu di parola: alle 21.00 in punto erano sotto casa di Frida, ma la brutta sorpresa gliel’aveva riservata lei, aveva avuto un contrattempo, quindi non era ancora pronta, così li invitò a salire, potevano iniziare a fare un aperitivo in vista della loro serata mondana al “Violet”, un locale sulla costiera amalfitana dove erano stati invitati per il quarantesimo compleanno di un collega di Alessandro e Giulio. Ad aprirli fu Kira, che li invitò gentilmente ad entrare “Scusate per il disordine, sono appena tornata dall’università e avevo una fame da lupi, sapete com’è…”  gli disse voltando le spalle e correndo in cucina a togliere un po’ di casino dalla tavola, era talmente indaffarata che aveva dimenticato di presentarsi all’amico di Giulio; in realtà dai racconti di Frida sapeva perfettamente di chi si trattasse, forse per questo non aveva pensato a fare la sua conoscenza, così con aria un po’ imbarazzata e a dire il vero anche un po’ scocciata, gli andò incontro e gli tese la mano con un gesto nervoso “Ah scusa, io sono Kira, piacere… Giulio accomodatevi, vi porto un crodino…”,  Alessandro le rispose con un gran sorriso dicendole che Frida gli aveva parlato molto di lei. Dopo poco si ritrovarono tutti e tre davanti ad un aperitivo nell’attesa che Frida fosse finalmente pronta, Kira si accese una sigaretta, non era proprio il massimo per lei tenere compagnia a Giulio, che da quando era entrato come al solito non aveva fatto altro che dare sfogo alla sua odiosa parlantina. Anche Alessandro le sembrò a prima vista un tipo sicuro di sé, alto, corpulento, sorriso magnetico, parlantina spedita, il tipico chirurgo plastico «amico di Giulio», Frida le aveva detto che aveva la sua stessa età, ma in realtà quei capelli brizzolati e la leggera pancetta lo facevano apparire più vecchio dell’amico, o forse era semplicemente Giulio a sembrare un ragazzino, doveva ammetterlo. “Allora”, disse Alessandro rivolgendosi a Kira, che era evidentemente sovrappensiero e non aveva detto una parola da quando Giulio aveva iniziato a parlare “So che stai per diventare un medico, Giulio mi ha detto molte cose carine su di te”; la ragazza scoppiò in una risatella isterica, “Ah davvero? Non ridere sotto i baffi, dottor Bassani… sì, comunque, o almeno si spera di diventare un buon medico”   “che ramo?”  “Chirurgia d’urgenza” rispose Kira con orgoglio. Alessandro annuì lentamente “Una scelta coraggiosa da parte di una donna, niente male, bella scelta”. A quel punto Giulio rise reclinando la testa all’indietro, uno stupido atteggiamento che Kira odiava terribilmente, “Ma dai Ale! Non fare il farfallone con lei! Lo sai meglio di me che è una scelta davvero inutile…glielo ripeto in continuazione a questa signorina qui, la chirurgia plastica è il futuro!” Kira sospirò profondamente, Giulio era capace di ripetere sempre le stesse cose e sempre con la stessa intonazione, comunque evitò di rispondergli, ormai era immune alle sciocchezze che diceva, ma fu Alessandro a rispondergli con un gran sorriso che a Kira sembrò molto simile a quello solito di Giulio, i i due avevano più o meno gli stessi atteggiamenti, ma l’amico gli parve meno irritante, forse non amava apparire presuntuoso ed arrogante al primo colpo. “Mamma mia Giulio, sei sempre il solito arrogante! Credo che abbia le sue motivazioni per aver scelto chirurgia d’urgenza, e poi penso veramente che sia una bella scelta. Comunque, per qualsiasi cosa sono a tua completa disposizione…se ti interessa qualche volta puoi passare in clinica da me, potresti venire ad assistere a qualche intervento carino”, aggiunse Alessandro con tono ammaliatore, dal suo sguardo effettivamente Kira pensò che era uno che voleva fare colpo, non c’erano dubbi, ma prima che lei potesse rispondere lui ricominciò “Fossi in te non esiterei troppo, non è da tutti poter assistere agli interventi del miglior chirurgo plastico in circolazione…”   “il secondo, vorrai dire” interruppe Giulio “dimentichi che prima di te c’è il maestro Bassani”   gli disse con orgoglio, “credo di averti superato già da tempo, bello mio” aggiunse l’amico per poi scoppiare a ridere entrambi all’unisono. Kira da parte sua accennò un sorriso, l’unica cosa che voleva era che Frida si sbrigasse, quei due le davano un certo fastidio, le sembravano due tardoni presuntuosi, anche se ovviamente Giulio era assolutamente insuperabile. “Ma perché non ti unisci a noi stasera?” le chiese Alessandro “Sarà divertente, e poi è una location da sogno…”. Kira declinò immediatamente l’invito, senza dare giustificazioni, e così Alessandro tornò alla carica insistendo ancora “Dai, perché? Un paio di drink, un salto al buffet e torniamo…a meno che tu non abbia di meglio da fare, ovviamente, non vorrei sembrare insistente”. Kira notò che Giulio, che se ne stava quasi in disparte con le gambe accavallate,  aveva assunto un sorrisino beffardo e malizioso e la cosa, conoscendolo, le diede enormemente fastidio, ma cercò di essere gentile con Alessandro, che comunque non aveva fatto nulla di male ad insistere “non ho nessun altro impegno, se è questo che volevi sapere…sono solo molto stanca, è stata una giornata un po stressante”. Alessandro fu comprensivo ed ebbe la delicatezza di non insistere ulteriormente, e a quel punto intervenne Giulio, che stranamente era stato in silenzio per poco più di cinque minuti “pensa che oggi ho fatto visite dalle 8 del mattino fino a ora di pranzo, non ho avuto nemmeno il tempo di farmi un panino che già ero in clinica, poi in ospedale, in tutto 9 interventi…imparerai a non sentirti stanca, piccola Kira, imparerai…”  “vabbè Giulio, tu sei un caso apparte!” lo interruppe Alessandro “non conosci la stanchezza…non puoi paragonare noi comuni mortali a te. Un giorno eri in barca in mezzo all’Oceano Indiano e il giorno dopo eri in sala operatoria, io ci ho messo più di una settimana per riprendermi dal mio viaggio a Santo Domingo!”,  “è vero, è vero” continuò Giulio con aria soddisfatta “di Giulio Bassani ce n’è uno solo”   “e meno male!” esclamò Kira d’istinto scoppiando a ridere, poi si scusò, voleva capire Frida a che punto fosse. La trovò in mezzo ad un mare di vestiti “Fri! Muoviti!” le disse cercando di tenere la voce bassa “Metti questo, su! E poi vai di là e porta via di qui quei due!” le disse ancora, porgendole il primo vestitino che le capitò tra le mani. “ehi, ehi, sta calma tigre! E’ un tipo così carino, Alessandro…non ti sta simpatico?” Kira si mise a braccia conserte ed assunse la tipica espressione di chi sta per sbottare “è un tardone farfallone! Quarant’anni passati e si mette i pantaloni coi risvoltini e le scarpette da tennis, ti prego!” Frida ridacchiò “vabbè, dai, ha fascino…ho sempre pensato che potesse essere il tuo tipo…secondo me hai un problema coi chirurghi plastici! Ahhahaha”  Kira sospirò, Alessandro era sicuramente un bell’uomo, ma di bella presenza, ma era un tipo troppo sicuro di sé e lo ostentava parecchio, la infastidiva, e poi effettivamente le aveva dato l’impressione che la squadrasse dalla testa ai piedi e che ci provasse con lei spudoratamente, non le piaceva affatto.
“Carina la dottoressa…” disse Alessandro con tono malizioso “è impegnata?”. Giulio sorrise “Non più…ma non farti illusioni, non è assolutamente il tuo tipo..troppo tosta, ha un caratterino difficile, e poi credo che da quando mi ha conosciuto odia i chirurghi plastici, ahahhahaha…te la sconsiglio vivamente”. Alessandro sospirò, Kira lo aveva colpito molto, era veramente una bella ragazza, ma Giulio lo conosceva da più di vent’anni e ogni volta che gli aveva sconsigliato una ragazza, ci aveva sempre azzeccato, evidentemente era una che non avrebbe facilmente ceduto ad un paio di complimenti. In ogni caso, finalmente Frida era pronta, e Alessandro la accolse con un gran fischio “Sei uno schianto!”  le disse, guadagnandosi un’occhiataccia da Giulio che prima di alzarsi si rivolse a Kira “dottoressa, allora sei sicura di non voler venire? Me ne starò buono, promesso…”. La ragazza lo guardò di sbieco “pensi davvero che io ti dia tutta questa importanza? In ogni caso, sarà per un’altra volta… io ho solo bisogno di un bagno caldo e di un buona serie tv…ci vediamo…divertitevi e non bevete troppo! Portatemela sana e salva, sennò chi mi prepara la parmigiana hahahahahha..ciao cari!”

venerdì 13 novembre 2015

Episodio LXXVI "Che confusione..."


Kira e Tommaso, dopo il loro primo incontro, uscirono insieme altre volte. Come la signora Gelsomina aveva pronosticato i due andarono subito d'accordo, tra loro un feeling naturale. Tommaso le raccontò del suo lavoro, della sua vita in Spagna e della sua famiglia. Trasferendosi aveva fatto un bel salto di qualità, anche se le era costato tantissimo allontanarsi dalla madre. Anche per lei fu molto difficile abituarsi alla sua assenza, ma fu sempre la sua prima sostenitrice; lui era la luce dei suoi occhi, ma aveva lavorato tanto, e adesso era il momento di raccogliere tutti i frutti seminati, era orgogliosa di lui, avrebbe sopportato di stargli lontana, e poi c'erano sempre gli aerei. Kira sorrise e fece un luogo sorso dalla sua tazza di cioccolata calda. Anche lei aveva fatto la sua piccola esperienza all'estero; un anno in Erasmus a Berlino, e per la sua famiglia il distacco era tutt'altro che facile. "Mia madre era come impazzita. Lei che prima di allora non aveva neppure il cellulare, mi si presenta con uno smartphone di ultima generazione, per poter skyppare, whatsappare in piena tranquillità. "E infatti ci ha preso gusto…" disse ridendo mostrando il suo iphone con un messaggio messenger della mamma appena arrivatole "Ma a parte gli scherzi, quell'anno e stato salvifico per me! sono cresciuta tanto, come medico e come persona…" 
"Hai mai pensato di trasferitri definitivamente, di andare via e non tornare più? " le chiese.
Kira scosse la testa "No, a volte questa città è esasperante, rientrata da Berlino è stato difficile anche riabituarmi alle attese interminabili in metro. Sai,forse per un po' ho pensato di fare i bagagli e andar via, ma non credo ci riuscirei mai…alla fine è la mia città, ne sono innamorata. Ci sono tante cose che non vanno, che mi fanno davvero girare le scatole, come per dirti aspettare quattro ore una visita al pronto soccorso. è assurdo lo so, ma a volte non è neppure colpa dei medici, a volte hanno le mani legate,ma tutto il sistema in cancrena impedisce loro di fare il proprio lavoro! 
Non biasimo chi fa i bagagli e va via, a volte si hanno talmente tante porte chiuse in faccia , che quella è l'unica soluzione. io sono propensa ad andare via, ad imparare, conoscere realtà nuove, ma poi sono anche per ritornare a casa, e  cercare di migliorare le cose mettendo in pratica quello che ho imparato stando via."
Tommaso aveva finito il suo cappuccino e la guardava interessato, come se avesse voluto scoprire a poco a poco tutto di lei, aveva una sguardo così profondo, che Kira spesso si sentiva in imbarazzo ed era costretta a distogliere il suo. "Quindi lo vuoi sradicare, dall'interno questo sistema al collasso!" rispose ridendo, accarezzandole  la guancia  arrossata con dorso della mano. 
Tommaso trascorse a Napoli circa 20 giorni, il tempo necessario per rimettere in ordine tutte le beghe legali relative alla morte della madre. Non aveva tanto da fare, a parte la giornaliera video conferenza con i colleghi di Madrid, quindi tutto il suo tempo lo trascorse con Kira. Spesso andava a prenderla all'università per un cinema, un aperitivo o una bella cenetta, e Kira dal canto suo non aveva mai rifiutato un suo invito. Tommaso era un tipo silenzioso, non parlava molto, preferiva osservare e dire la propria solo se strettamente necessario, ma io suoi occhi erano intensi e profondi, e trasparivano uno spirito arguto e curioso. 
Una domenica pomeriggio, erano andati in riva al mare. Kira aveva insistito perché andassero in spiaggia, adorava il mare d'inverno. se ne stavano così, seduti l'uno accanto all'altra guardando le onde infrangersi sul bagnasciuga, Tommaso la prese per mano,dolcemente le disse "Cos'hai oggi? sembri malinconica" Kira  non poté far altro che confermargli le sue impressioni, era passato quasi un mese dalla rottura con Carlo, e dall'ora aveva evitato ogni contatto con lui, ma la sua mancanza iniziava a farsi sentire. in realtà le era mancato sin da subito, ma aveva cercato di ingannare i suoi sentimenti in tutti i modi, col lavoro, lo studio, le uscite con le amiche e immergendosi nella loro amicizia. 
"Quindi, io sarei un piacevole diversivo?" disse lui guardandola negli occhi. Kira si rese conto di aver forse urtato i suoi sentimenti 
"oh no, Tommaso…" disse balbettando abbassando lo sguardo mordendosi le labbra mortificata "Non credere che io ti stia usando, come…come un chiodo schiaccia chiodo. Non è così, mi piace stare con te, dico sul serio!" 
"Dai Kira, stai tranquilla!" disse lui abbracciandola dolcemente " conosco benissimo la tua situazione, e forse sono proprio quello di cui tu hai bisogno. anche a me piace stadere con te, e per ora mi basta!" 
"Non vorrei che tu pensassi…" Tommaso la interruppe "Non penso proprio nulla…e neanche tu devi pensarci…godiamoci solo il momento" disse lui fiondandosi su di lei facendole il solletico. rimasero a ridere e scherzare rotolando sulla sabbia ancora per un po', finchè le prime gocce di pioggia non li costrinsero a venir via. 

Tommaso, puntuale come un orologio svizzero era sotto casa di Kira da ormai quasi dieci minuti, stava per accendersi la seconda Malboro light, quando si sentì chiamare. Kira correva verso di lui dall'altro lato della strada, arrossata in volto e con i capelli scompigliati. "Sono tremendamente in ritardo, perdonami…" disse stringendosi nelle spalle mortificata. Tommaso le sorrise, non doveva scusarsi, non era poi tanto tempo stava aspettando. "Devo salire un attimo, ho bisogno di cambiarmi…davvero solo di dieci minuti"
Salirono insieme, fino al quarto piano del vecchio palazzo. Entrati in casa, Frida  che era in cucina intenta a prepararsi un tè caldo, rimase al quanto sorpresa nel vedere l'accompagnatore della coinquilina. Kira come nel suo stile fece le presentazioni piuttosto frettolosamente, ordinò all'amica di preparare al loro ospite un caffè e si congedò, promettendo di fare il più fretta possibile. Frida seguì l'amica nella sua camera e neppure il tempo di chiudere la porta già era pronta a dire la sua "Ma quanto è carino questo Tommaso…birichina…che programmi avete per la serata?
"shhh…vuoi abbassare la voce…è solo un amico, andiamo a cena, una pizza niente di che!"  le rispose togliendosi jeans e stivali.
"Puff…sei sempre così ermetica nella tue cose…ti svolazza intorno da un po'…quando è così non è mai niente di che!"
" andiamo Fri, siamo solo amici, perché non mi lasci vestire in pace? vai a fare gli onori di casa…" 
" aaah, non cambierai mai…ma non azzardarti a metterti quel maglione, è orribile!" disse uscendo dalla stanza lasciandola sola davanti allo specchio. 
Uno spritz, qualche stuzzichino, e venti minuti dopo, Tommaso e Kira erano in macchina, direzione Pozzuoli. Quando arrivarono al locale, un ristorantino nel porto vecchio, Kira non si aspettava, la tavola apparecchiata per due, le candele, i fiori, era tutto così tremendamente romantico, lei non era preparata, lei si aspettava una pizza, o un panino nel solito pub.
"Sono un galante di natura…" le aveva risposto lui, spostandole la sedia per farla accomodare. Tommaso aveva degli occhi magnetici, penetranti, era un bel ragazzo, forse troppo bello, i tratti mediterranei lo rendevano simile ad un principe arabo. Era consapevole del suo fascino, dell'effetto che aveva sulle donne, ma con Kira non era spavaldo e sfacciato, sembrava si muovesse in punta di piedi, con la stessa accortezza che si riserva ad un vaso di antiquariato. 
"Domani torno a Madrid" le disse prendendole la mano, incrociando le sue dita alle sue "mi mancherai un sacco…per questo ho architettato tutto questo, volevo trascorrere una bella serata con te, una serata che potrai difficilmente dimenticare…ecco" continuò mentre le gote di lei arrossivano dall'imbarazzo, poi la fece alzare spingendola al centro della sala, cingendole la vita per ballare insieme sulle note di "Caruso" suonata al mandolino. "Sei bellissima…" le disse sorridendo, sfiorandole il collo con le dita affusolate. "g-grazie.." balbettò Kira incerta, abbozzando un sorriso imbarazzato "Non sei proprio al tuo agio con i complimenti, signorina…" le disse lui sorridendole, e tirandole il naso, mentre ancora la faceva ondeggiare tra le sue braccia "Un vero peccato…ma mi piaci ancora di più…timida e riservata…issi, mi piaci molto!!" 
"Tu sei un seduttore nato…" disse Kira ridendo, aggrappandosi a lui a causa di un inaspettato caschè "è vero, lo ammetto…" rispose lui con fare malizioso. 
La serata volò via, veloce e piacevole, Tommaso aveva la capacità di farla sentire una vera principessa, come se lei fosse il centro dell'universo, del suo universo, e a lei tutte queste attenzioni stranamente piacevano la facevano stare bene, nonostante abitualmente odiasse stare sotto i riflettori. doveva ammettere che con le donne Tommaso ci sapeva veramente fare.
A fine serata, sotto il portone di casa lui le si avvicinò, uno sguardo seducente e malizioso "Ora voglio darti il bacio della buona notte" le disse sorridendole e posò le sue labbra su quelle di lei, dolcemente, sfiorandole appena, lei non si tirò indietro e e lui divenne più deciso e impetuoso. Kira era inebriata dal suo profumo bulgari blu, e dolcemente avvinta alle sue labbra che ancora sapevano di vino rosso e dell'ultima Malboro light smezzata insieme poco prima in auto. Pensò che sapesse baciare davvero bene, d'altronde cosa aspettarsi da un tipo come lui, un vero latin lover. Affondò le dita nei suoi  folti capelli neri, in  balia degli eventi, in quel vortice di passione in cui si era trasformato quel bacio della buona notte.
Poi ad un tratto un rombo di motore , con la coda dell'occhio riuscì a vedere sfrecciare in lontananza una moto. In quel momento si ricordò di Carlo, le si gelò il sangue, d'istinto, quasi con violenza si sottrasse al tocco della bocca di Tommaso e al suo abbraccio, si portò  le dita alle labbra, gli occhi lucidi e le gote arrossate "Non posso…" gli disse con respiro spezzato, "Mi dispiace non posso…"
Tommaso era visibilmente confuso "ehi, scusami, tu piccola, forse ho esagerato…avrei dovuto, non so…avere più tatto…" le disse imbarazzato, quasi mortificato. 
Kira scosse la testa, lo sguardo basso " E' colpa mia, ho sbagliato…ho lanciato dei segnali, ma non posso, … è stata una serata stupenda…ma non posso, non posso andare oltre non sarebbe giù..." 
"Va bene così, piccola, non devi spiegarmi niente…" le disse interrompendo il fiume di parole che stavano per uscire dalla bocca di lei "Domani parto per Madrid, volevo solo che tu ricordassi quanto possiamo stare bene insieme, e fino a questo momento mi pare di essere riuscito nel mio intento, o no?"
" Sono stata benissimo davvero…" rispose  tirando su col naso. 
"ottimo allora…mi piaci Kira, non voglio forzare le cose in nessun modo tra noi. Hai bisogno di tempo, io so aspettare, e voglio aspettare, per averti tutta per me" le disse facendole l'occhiolino. 
"oh…Tommaso!" 
La zittì nuovamente portandole un dito sulle labbra " Va a dormire piccola, ti chiamo domani appena atterrato" continuò baciandole teneramente la fronte. 
Kira lo abbracciò a sua volta, "Grazie" mormorò mentre ancora era tra le sue braccia.
Il mattino seguente, Kira stava appena per appisolarsi, dopo una notte passata insonne, divorata dai dubbi e dai sensi di colpa, quando Frida, come suo solito irruppe  nella stanza urlando "Buon giorno, piccola meretrice! ho poco tempo, voglio sapere tutto, quindi saltiamo il solito rito in cui tu ti lamenti i ti faccio il solletico e poi dopo tu mi racconti tutto comunque. Allora? dove ti ha portata, che avete fatto?" 
"Possibile che tu sia curiosa  come una piccola scimmietta?" 
"si voglio sapere tutto, daiiiii" le disse saltando sul letto in ginocchio.
Kira si tirò su, in realtà anche lei non vedeva l'ora di poter parlare di quello che era accaduto ieri, era molto confusa infatti. "Niente" disse titubante " Ci siamo baciati!" 
Frida strabuzzò gli occhi, accennò un impercettibile sorrisetto  represse  l'istinto di fare una delle sue solite battutacce e si fece subito seria. "Come baciati?"
" non lo so Fri…è successo…sono stata bene, mi è piaciuto, ma poi ho pensato a Carlo e adesso ho la gastrite da sensi di colpa…" disse Kira piagnucolando.
"uhm…" disse Frida alzando gli occhi al cielo, come se stesse ponderando su cosa dire all'amica. 
"Andiamo Fri, di quello che pensi…mi sto comportando da zoccola? puoi dirlo, tanto non mi offendo" 
Questa volta la ragazza non riuscì a reprimere una grassa risata " ahahah, che tu sia una zoccola, lo sappiamo tutti, e che tu l'ammetta finalmente, beh…mi rende orgogliosa " poi si fece di nuovo seria "Ma a parte gli scherzi posso dirti cosa penso davvero?" 
" Certo" rispose Kira abbracciando il cuscino.
"Credo che tu abbia fatto una grande sciocchezza, con questo fatto della pausa tra te e Carlo…insomma sei confusa, ma infondo sai anche tu di essere perdutamente innamorata di lui. Quando ti ha chiesto di vivere insieme sei andata nel pallone, hai avuto paura, e ci sta. Ma adesso è passato del tempo e tu devi riprenderti il tuo uomo. Per quanto riguarda Tommaso, certo è piacente, conturbante, con la sua aria da principe arabo, ma credimi se non fosse tutto l'opposto di quello che Carlo è per te, non lo guarderesti neppure. Credo che sia solo piacevole diversivo. Ecco tutto, questo è il mio pensiero" disse alzandosi dal letto, lasciando Kira di stucco che  di sicuro non si aspettava che l'amica avesse una visione così razionale e limpida della sua situazione. "Beh potrebbe essere come dici tu…" disse con titubanza. 
"Non potrebbe, è così, e presto riuscirai a rendertene conto anche tu. Quel bacio, ti avrà sicuramente scombussolata, ma penso che sarà la chiave di svolta per uscire dal casino in qui ti sei ficcata. Detto  questo ti saluto, sono in ritardo Milly mi aspetta a negozio. Ti chiamo più tardi, fai la brava tigre" le disse facendogli l'occhiolino e chiudendo  la porta alle sue spalle. 

martedì 10 novembre 2015

Episodio LXXV "Un improbabile duetto"


Erano le 20.00 e Frida si accorse di essere già in ritardo di dieci minuti, così tirò fuori dall’armadio il suo giubbino di pelle marrone, si avvolse velocemente al collo un foulard e si precipitò all’ingresso per cercare le chiavi della smart che gli aveva regalato Giulio, come al solito non le trovava. Proprio in quel momento rientrò in casa Kira “ehi! Dove vai così di fretta?” Frida le rispose senza darle troppa attenzione, essendo troppo impegnata nella sua ricerca “esco, ti avevo lasciato un messaggio, ma forse non lo hai letto…ah, nel forno ci sono le omlette se ti va, io mangio fuori”. Kira storse il naso “no, non l’ho letto mi sarà sfuggito…ma Giulio non è latitante ad un congresso a Bruxelles, scusa? E’ già tornato?” Frida si fermò per un istante, nel messaggio aveva cercato di rimanere vaga, ma ormai era con le spalle al muro, doveva dirglielo “sì” disse allora sospirando “è ancora lì, non lo sento da tre giorni come suo solito…in realtà mi ha chiamata… Carlo…vuole offrirmi la cena alla tenuta, penso voglia chiacchierare un po’, sai com’è, non ci vediamo da una vita…”. Kira sentì il cuore uscirle quasi fuori dal petto, sentire anche solo pronunciare il suo nome le procurava sempre quella strana reazione, Frida si accorse che l’amica aveva cambiato espressione, anche se cercava spudoratamente di nasconderlo e di mostrarsi indifferente “ah…ok…” , rispose infatti fingendosi disinteressata, pur sapendo che Frida non ci sarebbe minimamente cascata, così le augurò frettolosamente una buona serata e corse a farsi una doccia prima di cenare.

“Scusa il ritardo!” esclamò Frida quasi correndo verso Carlo che stava sistemando il tavolo per due, si salutarono con un caloroso abbraccio scambiandosi uno sguardo un po’ malinconico. “Dai, accomodiamoci” disse subito Carlo sfregandosi le mani “ho una fame da lupi!” I due si sedettero ad un piccolo tavolo nell’angolo, era giorno di chiusura del ristorante e quindi non c’era praticamente nessuno, si trattava di una semplice cena a casa di un amico. “Ti trovo in forma!” esclamò lui “girovagare per i mari ti ha fatto bene! Addirittura sembri ancora abbronzata!” Frida ridacchiò, era vero, aveva ancora il colorito un po’ dorato e la cosa non le dispiaceva, “non mi ero resa conto che non ci vedevamo dall’inizio dell’estate! Come vola il tempo…allora? A cosa devo questo graditissimo invito?”   “mah, sai, avevo voglia di cucinare per qualcuno, una volta ogni tanto…hhahahah”, Frida rise sonoramente alla battuta di Carlo, era il solito burlone, nonostante lui a differenza sua, invece, non sembrava essere molto in forma. “Bene” aggiunse lei versando un po’ di vino bianco ad entrambi “dimmi un po cosa mi hai preparato di buono, chef! Non vedo l’ora…”. Il menu preparato da Carlo era stato pensato appositamente per lei, aveva cercato di prepararle le cose che le piacevano di più. Per iniziare un antipasto a base di diversi assaggi: parmigiana bianca di zucchine, cous cous freddo con gamberetti e verdurine grigliate, straccetti di pizza con rucola e pomodorini; a seguire gnocchetti salsiccia e zucca fresca di stagione autunnale, trio di carni cotte su pietra lavica con insalata mista e come gran finale un babbà con crema di limone. Frida fu estasiata da quel menu un po’ casareccio ma che effettivamente era perfettamente in linea con i suoi gusti che Carlo conosceva bene, avevano sempre amato discutere di cibo insieme.  All’inizio della cena chiacchierarono di tutto, ma Frida notò che Carlo mostrava una sorta di impazienza e pensava di sapere quale fosse il motivo. “Allora”, le disse lui arrivati al secondo “in Kenya e a Zanzibar mangiavi cose così buone? Ahahahaha” Frida ridacchiò “seh figurati! Mangiavamo cose strane, ma erano particolari, non malaccio…”  “Ee il dottore? Come sta?” A quella domanda Frida sospirò “beh, in questo momento non ne ho idea…come al solito non lo sento da tre giorni, dovrebbe essere ad un congresso in Belgio…ormai ho perso le speranze con lui su questa cosa! Se ne va, scompare, riappare, nessuna cosa che tu non sappia già…”    “capisco” rispose Carlo versandole un po’ di vino “è un tipo strano, un po’ incostante, diciamo… ma il più strano di tutti è quel vostro ex compagno di classe,Saverio!!! L’ho conosciuto quando è andato via da casa vostra, Daniel mi ha chiesto di cercargli un lavoro”. Frida annuì, sapeva che Carlo si era messo a disposizione per trovare una sistemazione a Saverio che ormai non poteva più stare a casa loro e, dal momento che non aveva bisogno di personale alla tenuta, lo aveva spedito a Perugia nell’albergo di un suo caro amico e dai messaggi che le mandava aveva saputo che si stava trovando davvero bene, prima o poi sarebbe andata a trovarlo, disse. Nonostante tutti i discorsi che stavano facendo, a Frida pareva ancora che stessero soltanto girando in tondo, percepiva ancora una specie di ansia di Carlo, che, dopo qualche attimo di silenzio, finalmente si sciolse “come sta  lei?” le chiese infatti lui tutto d’un tratto. Frida gli sorrise dolcemente “finalmente me lo hai chiesto…da quando ti ho salutato stasera ho sentito che volevi farlo… comunque beh, sta bene, la vedo tranquilla, anche se, sai com’è su queste cose Kira, nasconde molto le sue vere sensazioni e non ne parla volentieri. Ma io la conosco come le mie tasche e so che ci tiene molto a te, se è questo che volevi sapere…”. Carlo le sorrise, ma il suo era un sorriso amaro, “è un modo carino per dirmi che sta vivendo la sua vita normalmente, senza di me?”   “no…è un modo per dirti che lei è un’orgogliosa e ha bisogno di tempo…”. Carlo bevve tutto d’un sorso il vino dal suo calice, poi si sbottonò un bottoncino della camicia blu e si sgranchì il collo “si vede con qualcuno?” le chiese improvvisamente, come se quelle parole fossero state liberate da un paio di catene; a quella domanda Frida spalancò gli occhi, l’aveva presa alla sprovvista, così disse esattamente la verità “beh, onestamente non lo so, ma non credo…perché mi stai facendo queste domande? Perché non la chiami e magari vi vedete e lo chiedi direttamente a lei guardandola negli occhi?” Carlo sospirò “non credo sia il momento giusto per farlo. Io sto male per quello che è successo, perché ci siamo allontanati per un cavolata e questa cosa non mi va giù per niente. Io vorrei recuperare quello che avevamo, perché non credo sia giusto il modo in cui sia finita, se è finita”. Frida capì al volo le sensazioni di Carlo, erano sempre stati mentalmente molto affini, lui era un ragazzo sensibile ed era sinceramente innamorato di Kira, così lei provò a dirgli le parole più giuste, “sul fatto che non sia il momento giusto per chiamarla forse ti do ragione…sai, è vero, vi siete allontanati per una cavolata, ma sai Kira com’è fatta, hai toccato un tasto dolente con la questione della convivenza, e all’improvviso lei si è sentita messa alle strette e, ti assicuro, è una cosa che odia. Certo, forse ha esagerato, poteva parlarne ancora con te in maniera più serena e provare a spiegarti meglio il suo punto di vista, ma lei è fatta così, quando si sente braccata, messa con le spalle al muro, reagisce male e poi si riempie d’orgoglio e si tiene tutto dentro a costo di farsi venire un’ulcera…quindi fai bene ad aspettare un po’, credo che tu debba trovare l’occasione giusta per riavvicinarti”    “sì”, rispose ancora Carlo “è esattamente quello che intendo fare…trovare il momento più giusto…ma ho paura che aspettando aspettando questo momento non mi si presenti mai e che magari lei già sarà di qualcun altro…”   “arriverà quel momento, Carlo. Questa situazione deve sbollire e sono sicura che avrete la possibilità di riparlarvi e di capirvi”. “Quindi tu credi che ho chance di recuperare con lei?”, Frida gli sorrise dolcemente “io penso di sì…ma devi andarci piano con lei, e soprattutto evita di metterla alle strette e di farla sentire costretta a fare cose che non vuole…io capisco che tu stavi soltando sognando una vita con lei, ma anche per questo ci sarà tempo…sai, Kira adesso è tutta presa dallo studio, dagli esami, dal lavoro, per lei non è il periodo giusto per parlare di convivenza, tutto qua…il suo rifiuto non era dovuto da mancanza di amore, di questo sono sicura. Quindi promettimi solo che la prossima volta ci andrai coi piedi di piombo con lei, sai, non è una tipetta facile!eheheh” Carlo ridacchiò senza però perdere lo sguardo malinconico, era felice di aver parlato con Frida, sapeva che lei sarebbe stata sincera e gli avrebbe detto quello che realmente pensava e sapeva che ai suoi occhi non avrebbe mai fatto la parte dello stupido, Frida era molto comprensiva ed era felice di aver trovato un’amica come lei. “E voi che ci fate qui?” disse una voce fuoricampo, i due i voltarono e videro Clara “che improbabile duetto!” aggiunse lei sorridendoli. Carlo e Frida si alzarono per salutarla, solo quattro chiacchiere tra amici, le dissero e poi videro entrare anche Daniel nella sala, che raggiunse Clara accanto al tavolo “sono venuto a portarti il catalogo di quel fornitore, quel mio amico, ricordi? Ti avevo detto che sarei passato” disse Daniel, che aveva tutta l’aria di andare di fretta, “sì, certo” rispose Carlo “ma dai, siete venuti giusto in tempo per il dolce, unitevi a noi prima di andare via”. “Un po’ di dolce lo mangio volentieri” esclamò Clara sorridendo maliziosamente in tutta la sua perfezione, ma Daniel era evidentemente di parere contrario “no tesoro, dai, torniamo a casa, ho tutti i compiti in classe da rimettere in ordine, sarà per un’altra volta”. Detto questo Daniel salutò Carlo ed andò via, promettendo a Clara che avrebbero comprato un fagottino al cioccolato prima di tornare a casa, così poteva avere il suo dolce.

venerdì 6 novembre 2015

Episodio LXXIV "Cambio di rotta"



Da quando Alessandro l’aveva convinto a cambiare rotta alla sua vita, Giulio aveva cominciato a provarci e i primi giorni erano andati abbastanza bene, le operazioni chirurgiche erano riuscite perfettamente e le visite erano andate lisce come sempre, ma quel venerdì già dalla mattina si sentiva agitato e meno attivo del solito, con un senso di vuoto nello stomaco che non passava mai; a ora di pranzo aveva provato a mangiare qualcosa in più, ma anche quel tentativo non era servito a nulla. Gli era sembrato che quella giornata non passasse mai e arrivata finalmente la sera non riusciva a reggersi in piedi, si sentiva eccessivamente stanco e infatti, stranamente dal solito, non uscì con Frida, ma preferì mettersi a letto per provare a dormire, l’indomani si sarebbe sentito meglio, sperava, doveva solo crederci, non doveva lasciarsi schiacciare da quella situazione, doveva controllarla. Il mattino seguente si sentiva stremato, quasi dieci ore di sonno non avevano contribuito a fargli tornare le forze, ma si alzò dal letto ugualmente pimpante, fece colazione e le solite cose e prima di andare in studio passò al supermercato per comprare un paio di energy drink, doveva arginare il senso di spossatezza che non gli avrebbe altrimenti permesso di reggere la giornata lavorativa, che era particolarmente intensa: mezza giornata di visite specialistiche, quattro operazioni di rinoplastica e in più avrebbe dovuto trovare il tempo di passare controllare una paziente operata il giorno precedente, gli impegni erano davvero tanti e da medico sapeva perfettamente che avrebbe potuto non resistere, ma doveva tentare. Arrivato in studio, Ilaria lo salutò e gli ricordò in ordine tutti gli appuntamenti della mattinata elencandoli uno dopo l’altro con la velocità di una mitraglietta, come lui le aveva insegnato a fare perchè, in effetti, quel modo di ricapitolare gli impegni gli era sempre piaciuto. Ma quella mattina anche quel semplice gesto consueto lo irritò enormemente, si sentì oppresso da un pesante nervosismo, ed arrivò al punto di interrompere  Ilaria bruscamente, quasi in malo modo, come non aveva mai osato fare. La ragazza sobbalzò e lo guardò stupita, non le era davvero mai capitato di vederlo con i nervi così a fior di pelle, aveva considerato sempre il dottor Bassani un esempio di calma e regolatezza, si era sempre dimostrato diplomatico e soprattutto gentile, in particolar modo con lei, ma pensò che forse aveva avuto una serata storta o forse non aveva dormito bene, comunque non si diede troppe spiegazioni, sorvolò sull’accaduto, mentre lui sbattette la porta del suo ufficio con particolare foga, lasciandola di sasso. Le prime due visite durate più di trenta minuti l’una, passarono lisce, Ilaria conitnuò ad accogliere i pazienti con garbo e rispondeva alle centinaia di telefonate che arrivavano in studio solitamente, dopo essersi accertata tramite il dottore dell’importanza delle richieste gli passava le telefonate, e solitamente lui era sempre molto disponibile con tutti, anche per questioni poco importanti; ma quella mattina Ilaria notò, di nuovo con stupore, che il dottor Bassani non volle riceverne nessuna “smettila di passarmi le chiamate, non vedi quanto ho da fare?” le aveva urlato alla seconda richiesta di trasmettergli la telefonata di un collega. La ragazza era sinceramente stupefatta, lavorava da cinque anni con lui e non lo aveva mai visto così incazzato, cominciò a chiedersi addirittura se non ce l’avesse con lei, ma non poteva essere possibile, si disse. Erano quasi le undici e si sentiva frastornata dalle miriadi di telefonate insistenti per le quali  era stanca di dover trovare altre mille scuse, finchè non le si presentò ancora un altro problema che mai e poi mai si era presentato allo studio: la sala d’aspetto era piena, una situazione assurda dal momento che Giulio era sempre precisissimo con gli orari, era eternamente puntuale ed ogni visita non doveva durare più di 35-40 minuti, odiava far attendere i clienti. Ma, intanto, c’erano cinque pazienti che attendevano il dottore e lei sapeva perfettamente che non c’era nessuno all’interno a visitarsi, così si preoccupò e, armandosi di coraggio, bussò alla porta dell’ufficio e , non ottenendo risposta, entrò  delicatamente, quasi in punta di piedi. La scena che le si presentò la lasciò confusa, il dottr Bassani era seduto sulla sua poltrona con le braccia sulla scrivania e fissava il muro di fronte a sé, era molto sudato e respirava affannosavamente, non sembrava stare bene, così gli chiese se fosse tutto a posto, ma non ottenne risposta. “Dottore” gli disse ancora avvicinandosi lentamente “mi dica se c’è qualcosa che non va. Non ha l’aria di stare bene, si sente male per caso?” A quel punto Giulio si alzò di scatto, Ilaria arretrò istintivamente, e mentre lui cominciò a camminare nervosamente su e giù per l’ufficio, battendosi il pugno sulla coscia e asciugandosi il sudore dalla fronte, lei prese coraggio e avvicinandosi lo fermò per le braccia e guardandolo bene in viso, non sembrava lui, le sembrava trasformato “chiamo un’ambulanza? Lei sta male…” A quel punto il dottore si divincolò con uno scatto e le rispose ancora una volta urlandole contro “non ho bisogno di un’ambulanza, va tutto bene”   “ma ci sono cinque pazienti che aspettano fuori, e lei non è in grado di visitarli se non li ha ancora ricevuti!!” gli rispose prontamente. A quel punto Giulio si sedette di nuovo e tenendosi la testa tra le mani cominciò ancora  ad ansimare “hai ragione, manda tutti a casa, fisseremo un altro appuntamento” disse nervoso “e anche un’altra cosa” aggiunse lui “chiama subito Alessandro e fallo venire, digli che non sto bene, lui è l’unico medico di cui mi fido, muoviti, su, datti una mossa!” Ilaria lo guardò spaventata, che diamine stava succedendo? Dopo essere rimasta lì impalata per qualche attimo, incredula di fronte a tale rabbia,  uscì velocemente e fece ciò che le aveva chiesto. Alessandro fu lì in dieci minuti, entrò senza curarsi minimamente di lei e si precipitò nell’ufficio senza nemmeno chiederle cosa fosse successo, e prima di sbatterle la porta in faccia le disse che poteva tornare a casa, se ne sarebbe occupato lui. Ilaria raccolse le sue cose, era seriamente proccupata, non riusciva a comprendere cosa fosse accaduto, l’unica cosa che le fu chiara era che Alessandro, al contrario, sapeva perfettamente cosa stava succedendo, le pareva che fosse entrato già consapevole della situazione e già sicuro di poterla risolvere. La sera ricevette un SMS di Giulio che le chiedeva scusa, le scrisse che stava molto meglio ma che aveva bisogno di un paio di giorni di riposo, aveva accumulato troppo stress e si era sgofato con lei ingiustamente, quindi l’avvisò che per due giorni lo studio sarebbe rimasto chiuso e che lei poteva andare a ricevere le telefonate, come faceva di solito quando le visite erano rimandate. Ilaria tirò un sospiro di sollievo, ma non potè fare a meno di continuare a pensare a cosa gli fosse capitato ed era sicura che per lei sarebbe rimasto un mistero.
Finalmente la prima metà della giornata lavorativa era finita per Frida, che appena terminata la pausa pranzo, giocherellava con il cellulare aspettando Milly che le avrebbe dato il cambio nel pomeriggio. Era molto pensierosa, da dietro la vetrina aveva visto Alessandro e Giulio uscire di fretta dallo studio, ma non aveva avuto il tempo di uscire perché era impegnata con un paio di clienti. Non voleva sbagliarsi, ma era quasi sicura di non averli più visti ritornare e le era sembrato strano che durante la sua pausa Giulio non si fosse fatto vivo. Così, appena Milly arrivò, ne approfittò per andare a parlare con Ilaria, sperava soltanto che Giulio non fosse di nuovo sparito, non lo avrebbe sopportato. In dieci minuti fu di nuovo in negozio, Milly stava riordinando alcune cose nel magazzino con il suo solito tacco 12 e con uno dei suoi vestitini iper-fascianti “Milly, ti spiacerebbe se uscissi prima oggi?” La donna accovacciata, si rialzò in piedi, si spolverò le mani e se le mise sui fianchi “non c’è problema…a che ora devi andar via?”  “subito.” Alla sua risposta Milly sgranò gli occhi, capì che Frida era particolarmente agitata e le chiese cosa fosse successo, a quel punto Fridasi coprì gli occhi con le mani e con voce tremante le disse che Giulio si era sentito male e non sapeva come stesse e cosa gli fosse successo, era estremamente preoccupata, Ilaria le era sembrata agitata, doveva assolutamente uscire a cercarlo. “Calmati tesoro” le disse Milly abbracciandola teneramente “non è il caso che tu esca senza sapere nemmeno dove andare, su, siediti e cerchiamo prima di capire dove si trovi adesso”. Con estrema dolcezza Milly la fece sedere su una seggiola del magazzino e tirò fuori il suo smartphone, con calma cercò di farla ragionare e la invitò a telefonare Alessandro per capirci prima qualcosa, Frida fece un bel respiro e seguì il suo consiglio. Giulio era già a casa, Alessandro si era preso cura di lui e ora si sentiva meglio, nulla di preoccupante, le assicurò, e si scusò con lei per non averla chiamata prima, lo avrebbe fatto appena si fosse stabilizzata la situazione. Frida si sentì molto sollevata, così decise di rimanere a lavoro, anche se non desiderava altro che andare da lui e assicurarsi che andasse davvero tutto bene, non era del tutto tranquilla. Alle quattro finalmente uscì dal negozio e si precipitò a casa di Giulio. Quando le aprì la porta effettivamente notò che aveva il viso stanco, lo abbracciò fortissimo dicendogli che l’aveva fatta preoccupare e che avrebbe dovuto avvisarla. “Dai piccola, va tutto bene, non è successo nulla di grave, solo un calo di pressione”. Frida si sedette sul divano accanto a lui e si accoccolò tra le sue braccia “ma che significa un calo di pressione? Ilaria mi ha descritto scene apocalittiche, mi ha detto che è successo un casino, che hai rimandato tutti gli appuntamenti…dimmi la verità”. Giulio doveva ammettere che c’era stata un po di confusione, pensò che Ilaria avrebbe potuto evitare di raccontare tutto nei dettagli, così cercò di rassicurare Frida “Ilaria avrà sicuramente esagerato! Con i ritmi che ho può capitare un calo di energie, ed è per questo che Ale mi ha consigliato di rimandare gli appuntamenti, così magari mi riposo…vedi, sto già benissimo!” Frida lo scrutò, effettivamente le pareva stare bene, ma insistette dicendogli di farsi delle analisi, o comunque di approfondire la cosa, per capire se avesse qualche problema grave, sarebbe dovuto andare in ospedale, gli disse, invece di tornare semplicemente a casa. Alle sue parole Giulio rise sonoramente  e le accarezzò i capelli “ma scherzi? non ho bisogno di un medico, IO sono un medico e so badare a me stesso, da medico ti dico che sto una bomba”. Frida sospirò “non essere ridicolo, il fatto che sei un medico non significa che tu possa autocurarti! La tua sicurezza mi infastidisce, mi sento presa in giro, Ilaria mi ha detto tutt’altro, mi ha detto che eri fuori di te, che Alessandro è corso subito, e che sembrava anche molto preoccupato..” . Giulio fu colpito dal tono aggressivo di Frida, era evidente che non era riuscito a farla calmare, così si alzò e si sedette a cavalcioni su di lei e mettendole le mani sulle spalle cominciò a massaggiarla “dai, rilassati…sei tutta tesa…sei venuta qui per vedere come stavo e invece sono io che devo prendermi cura di te…aaaah! Povero me, il triste destino di un medico…avevo bisogno di un’infermiera e invece devo fare il crocerossino” le disse sorridendo maliziosamente, cominciando a baciarla dolcemente sul collo. “Dai Giù” l’ammonì Frida quasi infastidita “non mi sembra il caso adesso…” Nonostante lei provasse a respingerlo, Giulio non era intenzionato a smettere “devo dimostrarti o no che sto bene?” . Detto ciò la baciò appassionatamente sulle labbra, poi si alzò con uno scatto, si avvicinò alla piccola parete attrezzata e cominciò a maneggiare qualcosa. Frida lo guardava curiosa, non capì cosa stesse facendo finchè non accese lo stereo, facendo partire una strana canzone in francese. Davanti all’espressione basita della ragazza, Giulio cominciò a muoversi a ritmo di musica e a cantare “Qu’importe l’endroit, le contexte, on a toujours un bon prétexte pour tomber nos fruit of the loom, quand toi et moi on fait Boum Boum Boum!!!” La musica era incalzate e divertente, Frida cominciò a ridacchiare mentre lui continuava ad ondeggiare e a fare strane mosse. Saltò agilmente sulla sedia e cominciò lentamente a sbottonarsi la camicia bianca fino ad arrivare a togliersela, facendo scoppiare a ridere Frida “ma che fai?...ti prego…scendi da lì”. Giulio cercava chiaramente di essere sexy, ma in realtà il suo fare malizioso agli occhi di frida risultava quasi comico, e la ragazza non riusciva a smettere di sorridere imbarazzata. In poco tempo completò il suo spogliarello a ritmo, ma continò a ballare e cantare frasi che alle orecchie di Frida, che un po’ di francese lo masticava, parevano abbastanza spinte, se non quasi oscene. Giulio continuò a ballicchiare a piedi nudi con addosso solo il  boxer multicolore, finchè pronunciando la frase “Les étagères font BADABOUM quand toi et moi en fait boum boum boum!” le si lanciò addoss, le sussurrò all’orecchio l’ultima strofa della canzone e bloccò le sue risatelle con le dita. La musica era ormai finita, quando in pochi secondi la spogliò dei suoi abiti ingombranti e caddero insieme sul grande tappeto grigio del salotto.