lunedì 22 gennaio 2018

Episodio CXLIV "Era Frida che aveva sempre complicato tutto a Frida..."

Frida uscì dall’aeroporto di Capodichino col suo pesantissimo trolley rosso, era fine agosto e a Napoli, come previsto, si percepiva un caldo torrido, l’asfalto della strada sembrava infuocato e i passanti tiravano fuori dalle proprie borse e dagli zaini bottigliette d’acqua, ormai non più fresca, ventagli, berretti parasole, cappelli di paglia. Anche se qualsiasi cosa sembrava non riuscire a lenire il senso di spossatezza di quei 40 gradi all’ombra, anche Frida provò a trovare conforto, alzandosi i capelli nervosamente e raccogliendoli in uno chignon disordinato, per poi iniziare a sventolarsi in faccia un volantino pubblicitario trovato al tavolino del bar. Si guardava intorno, cercando un volto familiare e, dopo qualche dubbio, finalmente scorse i genitori che le venivano incontro sbracciandosi e che, una volta raggiunta, iniziarono a farle ogni sorta di domanda sul suo mega viaggio a New York.
Tutto era cominciato da una proposta di suo fratello. Anche se in realtà lei aveva più volte detto che visitare New York non le interessava per niente, che le grandi metropoli, così fredde, piene di palazzi e di cemento non le erano mai piaciute,perchè era sempre stata una tipa più romantica, le piacevano le città artistiche, Vienna, Monaco, Budapest, il vecchio continente la attirava decisamente di più, tuttavia, quando prima della laurea lui le aveva proposto un quel viaggio tra fratelli approfittando di un affare che doveva seguire per l’azienda a New York, lei non aveva potuto rifiutare e aveva fatto bene. 
In quel momento aveva veramente voglia di cambiare aria, di allontanarsi da tutto e soprattutto da tutti, quei 25 giorni negli Stati Uniti con Roberto erano ciò che ci voleva. Non voleva pensare a tutto quello che era successo, a Giulio, a Daniel, non voleva saperne più niente, non voleva più ascoltare inutili parole, era confusa da tutta quella situazione e scappare via era la soluzione migliore, senza tralasciare il fatto che dopo i salti mortali che aveva dovuto fare per conseguire il dottorato, un po’ di relax e di distrazione le avrebbero fatto bene. Inoltre, Rob era la persona giusta al momento giusto, sapeva come consolarla, quando aveva qualche problema lui era sempre stato ultra sensibile, non faceva troppe domande, ma sapeva starle vicino.
Quel mese negli Stati Uniti, però, era letteralmente volato. La sua strada e quella di Roberto si erano nuovamente divise, ma la loro vacanza le aveva lasciato dentro tanta serenità. No, non aveva smesso di pensare a tutti i casini che erano successi, soprattutto al casino del giorno della Laurea, ma quelle settimane lontana da tutto, le erano servite a staccare la spina e a lavorare su sé stessa, e passeggiando per Central Park, dove si rifugiava con Dostoevskij quando Roberto era impegnato per il lavoro, era arrivata alla conclusione che 
in mezzo ai suoi casini il vero problema, il vero enorme problema, non era Daniel e la sua lunaticità, non era nemmeno il ricordo del male che le aveva fatto Giulio…forse il problema vero della sua vita era sè stessa, era proprio lei. 
Era Frida che aveva sempre complicato tutto a Frida, quindi forse  doveva cambiare e diventare più razionale, più ragionevole, più adulta, una volta per tutte. 
Doveva imparare a contare di più su sè stessa, a smetterla di imbrigliarsi in situazioni ambigue. Doveva smetterla di pensare a cosa fare con Daniel, a cosa dirgli o a come risolvere quella situazione, anche perché non era stata lei a provocarla, piuttosto doveva iniziare a pensare a rimboccarsi le maniche e trovarsi un lavoro serio, far fruttare i sacrifici che aveva fatto per studiare, doveva cominciare a concentrarsi solo su questo. 
Daniel doveva risolverseli da solo i problemi che aveva nella testa…eppure, mentre pensava a tutte queste cose, mentre osservava la gente passeggiare in quel magnifico parco, mentre guardava il traffico della Grande Mela dalla finestra dell’albergo, mentre si abbuffava di apple pie e cynnamon rolls,  sapeva benissimo di star mentendo a se stessa, perché la verità era che non riusciva a smettere di pensare a lui. “Avanti Frida”, si ripeteva all’ennesimo tiro di sigaretta, “dì la verità, ammetti a cosa stai pensando sul serio”. 
A cosa pensava in realtà quando restava da sola con se stessa?
 Non faceva altro che pensare alla storia con Daniel, al loro legame che batteva forte anche quando erano stati lontani, ce l’avevano dentro e lo sapevano entrambi. Ripensando a mente lucida a quando lei stava con Giulio e lui con Clara, ricordava bene i loro sguardi, i loro occhi che si cercavano costantemente, sempre, da lontano, da vicino, da ogni angolo in cui si trovassero, lei cercava Daniel e Daniel cercava lei, anche i muri se ne accorgevano. Erano stati sempre legati, erano sempre stati in una costante comunicazione silenziosa, ed a quel tempo nemmeno loro se ne rendevano conto, mentre tutti se ne accorgevano, loro sembravano essere sordi a quel richiamo. 
Forse se fossero stati meno infantili, soprattutto meno orgogliosi, le cose sarebbero andate diversamente e soprattutto avrebbero risparmiato tanta sofferenza inutile agli altri, a Clara in primis. 
In ogni caso, tutte le volte che da oltre oceano aveva sentito Kira via skype, Frida non aveva chiesto niente su come poi si fossero evolute le cose, non aveva osato chiederglielo, quindi a distanza di più di un mese, non sapeva se alla fine il matrimonio fosse andato davvero a monte, non sapeva quali fossero state le conseguenze umane e non di tutto quel macello, e Kira non aveva accennato a parargliene, “goditi la vacanza”, le aveva solo ripetuto in quei giorni.
Tuttavia, oltre ad aver macinato teorie, pensieri, paranoie, si era anche divertita moltissimo a New York, aveva conosciuto diversi amici di Roberto che lavoravano lì, aveva visto cose grandiose, aveva apprezzato la vitalità e la frenesia di quelle strade, si era ingozzata di cibo spazzatura e di caffè americano, e molto spesso aveva vagato da turista solitaria, perché suo fratello era stato comunque molto impegnato negli innumerevoli meeting che lo avevano portato a New York.
Nelle sue passeggiate solitarie aveva fatto molti incontri, aveva addirittura conosciuto tantissimi concittadini italiani e un gruppo di musicisti napoletani in cerca di fama nel nuovo continente. 
Ma sicuramente un incontro le era rimasto particolarmente nel cuore. Kathrine, che si faceva chiamare Kate, una ragazza della Virginia che aveva conosciuto nel caffè ijn cui lavorava. 
La mattina in cui la incontrò, Frida era seduta al posto accanto alla vetrata del bar con lo sguardo concentrato ad osservare i passanti, mentre sorseggiava una tazza di caffè americano. Era talmente immersa nei suoi pensieri, che non aveva visto arrivare la cameriera, che forse già un paio di volte le aveva chiesto in cosa poteva esserle utile, dal momento che le toccò delicatamente la spalla per attirare la sua attenzione. A quel tocco Frida sobbalzò, “scusi, signorina”, le chiese con un accento americano che era chiaramente non newyorkese, “prende qualcosa?”. 
Dopo essersi scusata per la distrazione le ordinò dei pancakes con sciroppo e frutti rossi, erano i suoi preferiti, così la ragazza si allontanò sorridendo, aveva un’aria dolce e carina, era molto esile, capelli ricci scuri raccolti in una coda morbida e non un filo di trucco.
 Quando le portò il suo piatto, Frida ebbe come l’impressione che volesse dirle qualcosa, così le sorrise per rompere il ghiaccio e subito la cameriera si rivolse a lei dolcemente, “sei italiana?” le chiese, Frida annuì, e dalla sua espressione entusiasta capì che l’Italia doveva interessarle molto, le si illuminarono gli occhi e quindi le si sedette di fronte. 
Le raccontò che studiava storia dell’arte all’università pubblica, era una pittrice e l’Italia era sempre stato il suo più grande sogno. “Il vostro Paese è un patrimonio artistico”, le disse “Caravaggio, Giotto, Leonardo Da Vinci...Firenze, Roma, Venezia, la Magna Grecia! Non basterebbe una vita per visitarla tutta...”
La loro conversazione durò a lungo, tanto che Kate fu richiamata in malo modo dal capo, ma entrambe percepirono che era scattato qualcosa tra loro, come se fossero state amiche da sempre, così si diedero appuntamento per il giorno dopo, avrebbero preso un the insieme dopo l’orario di lavoro. Nei giorni successivi Si videro molto spesso durante il suo soggiorno a New York, si raccontarono le loro vite, le loro esperienze e nonostante Kate fosse una ragazza apparentemente introversa, in realtà era solo un po’ riservata, come se serbasse qualche segreto nel profondo del suo cuore. 
Aveva comunque un’ottima capacità di ascoltare, e Frida con lei riuscì ad aprirsi completamente, così ne nacque davvero una bella amicizia. Durante le loro lunghe chiacchierate, scoprì poi che Kathrine era fidanzata ed era molto innamorata, ma purtroppo il suo ragazzo, nonché promesso sposo, Cameron, era un giovanissimo ma promettente ingegnere che si stava facendo le ossa nella NASA come stagista, e questo lo portava a vivere costantemente in giro per gli Stati Uniti, qua e là tra le varie sedi. Da una paio d’anni si vedevano molto di rado, erano anzi già 4 mesi che Cameron era a Washington, dall’altra parte della nazione, e le confessò che per lei era davvero dura accettare questa situazione, ma doveva riuscire a farsi forza per entrambi,  prima o poi avrebbero trovato una stabilità e avrebbero potuto vivere la vita che sognavano. 
Forse era per quello, pensò Frida, che sin dall’inizio le era balzata agli occhi la sua aria malinconica. In ogni caso diventarono ottime amiche e prima della sua partenza si erano salutate con un forte abbraccio con la promessa che Kate sarebbe presto venuta in Italia, sua ospite, e insieme avrebbero visitato tutto il possibile.

Fece un ultimo tiro di sigaretta ed attraversò la strada dirigendosi verso il parcheggio dell’aeroporto, camminava e si guardava intorno, finchè intravide la piccola KIA blu elettrico di sua madre e lei, suo padre e il dolce Merlino accucciato in attesa. Così accelerò il passo, Merlino si accorse subito di lei, balzò in piedi scodinzolante, col musetto quasi commosso ed emise qualche guaìto di felicità e, non appena gli si avvicinò, le saltò in braccio con un solo slancio.
“Ciao mà”, disse sorridendo alla madre e abbracciandola velocemente, mentre il padre le diede un bacio schioccante su una guancia, “come si  è comportato il mio bambino in questi giorni?”, “benissimo, lo abbiamo stra viziato!!!”. Frida non vedeva l’ora di riabbracciare il suo cucciolo, che negli ultimi giorni era dovuto stare a casa con i suoi dal momento che Kira era anadata qualche giorno al mare in Puglia con i genitori e non aveva potuto portarlo con sé perché lui e la sua gattina non andavano molto d’accordo! In ogni caso, entrambi furono felici di ritornare a casa, anche lei quasi scodinzolava come lui, perché anche se adorava viaggiare, sicuramente tornare tra le proprie cose le dava sollievo. 
Appena rientrata, dopo aver salutato la madre e il padre che erano in partenza per Tolosa, riempì la ciotola di Merlino e si stese sul divano a pancia in su, con le mani incrociate dietro la testa. Restò a fissare il soffitto per un po’, mille pensieri le passavano per la mente, e il silenzio che regnava in casa, così in contrasto con il caos newyorkese che aveva vissuto fino al giorno prima, stava alimentando ancora di più il vortice di parole e sensazioni che aveva dentro. 
Il rumore della ciotola vuota che girava su sé stessa sul pavimento, la discostò per un attimo da quel senso di alienazione, Merlino le si avvicinò leccandosi il musetto soddisfatto e si stese a terra, ai piedi del divano, per godere della frescura delle piastrelle e del venticello caldo che arrivava dal terrazzino. 

In un momento Frida si distrasse di nuovo. Era indecisa se pensare alle valige strapiene ferme nell’ingresso e al fatto che non aveva alcuna voglia di disfarle, o pensare a cosa ne sarebbe stato della sua vita da quel momento. Sbuffò sonoramente, tutto le sembrava appeso ad un filo e lei si sentiva pesante, aveva bisogno di leggerezza. Doveva smetterla di pensare a cosa sarebbe stato di lei ora che dopo la laurea aveva conseguito il dottorato. Cosa avrebbe dovuto fare adesso? Trovarsi un lavoro serio? Continuare a studiare e cercare di restare nel mondo accademico, magari continuando a lavorare come ricercatrice facendo da assistente a qualche vecchio barone della Federico II? Oppure doveva puntare a qualche concorso? Il vuoto. Non sapeva su cosa indirizzare le sue energie, non aveva più uno scopo ben preciso, non aveva più la certezza e la protezione delle aule universitarie, della biblioteca, dei libri da studiare e delle sessioni di esami. Ora c’era solo lei  davanti al mondo e contro il mondo. E poi Daniel? Mancava solo lui ad appesantire ulteriormente la sua già labile psiche. Lo avrebbe rivisto presto? O magari tra qualche mese? Si sarebbero incontrati per caso, fuori ad un bar o alle bancarelle di port’Alba? O forse lui l’avrebbe chiamata prima o poi, chiedendole di vedersi? E come doveva comportarsi? Doveva fare come se nulla fosse successo, oppure evitarlo? Non sapeva rispondere a nessuna di queste domande, con il risultato che ognuna di esse le rimbombava nella testa come un martello pneumatico. Basta, si disse:..basta. Si alzò con uno scatto dal divano, e insieme a lei scattò Merlino che la seguì in cucina. Aprì il frigo, era mezzo vuoto, un paio di bottiglie d’acqua, 3 uova, un paio di lattine di Coca, ne aprì rumorosamente una e tornò a sedersi molto scomposta. Doveva smetterla di essere così pesante, pensò, stava facendo solo del male a se stessa, doveva pensare a realizzarsi e a vivere la vita in maniera più leggera. Sì, leggerezza…era di questo di cui aveva bisogno. “Caro Merlino” esclamò, come se lui potesse davvero capirla, “ da oggi Frida penserà solo a divertirsi…non bisogna prendersi sempre troppo sul serio, sai!? Ma tu sei solo un cagnetto” disse ancora scompigliandogli i peli arruffati sulla testa, “beato te che non ne capisci nulla!”. In quel momento una nuova energia sembrò attraversarle il corpo, il torpore psico fisico che aveva sentito fino a quel  momento, si trasformò in una nuova consapevolezza. Velocemente raccolse i capelli in uno chignon disordinato, mise gli occhiali da sole e, senza badare ai bagagli che giacevano ancora all’ingresso, abbandonati, uscì di casa. Decise di andare ad iscriversi in palestra, quale miglior luogo per sfogarsi un po??? Ma prima sarebbe passata a fare un po’ di spesa….

Nessun commento:

Posta un commento