mercoledì 4 maggio 2016

Episodio CXXIII "Segreti di famiglia"


Daniel era seduto nel suo salottino accanto  a Carlo e continuava a fissarlo con aria scettica e a tratti sarcastica, il nuovo acquisto del suo amico non lo convinceva per niente, “la smetti di fissarmi in quel modo?” gli chiese allora Carlo guardandolo con la coda dell’occhio,  troppo intento a tenere lo sguardo incollato al monitor della Tv. “Carlo, io non capisco perché hai portato sta Play Station a casa mia, non la comprerò e francamente non capisco perché tu l’abbia comprata!”.   Carlo gli rispose senza smettere di maneggiare il suo joystick e senza prestargli molta attenzione “ma è divertente, può servire pr svagarsi un po’ quando si hanno dieci-quindici minuti da perdere, aiuta a scaricare lo stress”.    Nonostante da almeno mezz’ora tentasse di convincerlo, Daniel non sembrava accennasse a cambiare idea “secondo me nemmeno i miei alunni perdono più tempo appresso a ste scemenze!” gli disse ancora con tono monitorio, per poi spegnergli la console dopo essersi alzato di scatto, facendo insorgere le proteste di Carlo “ma dai, in questo periodo si può dire che è la mia unica distrazione! Tra tutti questi viaggi avanti e indietro, la situazione di mio padre...concedimi un po’ di svago, almeno tu!”. Di tutta risposta, l’amico sospirò sonoramente, effettivamente non era un buon momento per Carlo, ma lui, che lo conosceva da tutta la vita, non poteva non notare il profondo cambiamento dell’amico. Insomma, la mattina dopo sarebbe dovuto ripartire per Firenze e invece di starsene con la sua ragazza se ne stava lì con quel videogioco di sparatorie davanti, il Carlo che conosceva non era così menefreghista, così decise di sedersi accanto a lui e gli chiese gentilmente di non riaccendere quell’affare. “Che c’è??” gli chiese allora Carlo infastidito. “Senti”, gli disse Daniel con tono pacato “ormai vai e vieni, e lo capisco...capisco che stai dando meno attenzioni al ristorante per stare accanto a tuo padre e a Irma e capisco che questo continuo viaggiare ti sta stressando, come ti sta stressando la malattia di tuo padre. Però...”   “però cosa??” lo interruppe Carlo, come se fosse leggermente infastidito da quel discorso; “però”, continuò Daniel “sei tornto ieri a Napoli, domani mattina riparti, per passare un po’ di tempo libero e scaricare lo stress te ne stai qui, sul mio divano, a giocare alla play. A me fa piacere che tu stia qui, ma Kira? Cosa sta succedendo con lei? Non voglio farmi a tutti i costi gli affari tuoi, ma so che non è da te considerarla così poco...l’avrai vista mezza volta da quando sei venuto, perché non sei da lei, adesso?”. Carlo sbuffò sonoramente, non aveva nessuna voglia di parlare della sua situazione con Kira, per lui non c’era niente che non andava. “Daniel è tutto a posto con Kira. L’ho vista poco perché anche lei ha i suoi impegni, non posso starle addosso solo perché devo andarmene domani...e poi non voglio che lei stia in mezzo a tutta questa storia e che subisca il mio stress”  “io credo che mettendola da parte lei stia più male, è così che subisce veramente il tuo stress!” rispose Daniel bruscamente., “cos’è? Te lo ha detto lei?”. A quella domanda Daniel lo guardò quasi sconcertato, “ma che dici? ma figurati...era una cosa che ho notato io, con i miei occhi...ti vedo stranito, e anche un po’ strafottente..amico, io lo so cosa stai passando, ma se posso darti un consiglio non chiuderti in te stesso, apriti alla donna che ami, coinvolgila nei tuoi sentimenti invece di alzare un muro, come stai facendo con me...”. Carlo sospirò, senza dargli risposta. Così Daniel cercò di smorzare la tensione e, dopo avergli dato una pacca sulla spalla, provò a tirarlo su “in ogni caso ci ho pensato io a farti scollare da questo divano! Dopo cena usciamo con Clara e Kira, per un birretta tranquilla...quindi io adesso vado a farmi una doccia, così dopo cena andiamo a prendere le ragzze! E invece di stare incollato a sta cosa, che per giunta sei pure scarso, vai a preparare un boccone da mangiare, vai a fare quello che sai fare!”. Dieci minuti più tardi Carlo era ancora lì seduto, in realtà forse GTA non era proprio il gioco giusto per lui, effettivamente non ci trovava nulla di interessante, non sembrava esserci uno scopo reale. Così, stufo di gironzolare col suo personaggio immaginario, che per altro non gli somigliava per niente, spense la play e decise di cucinare qualcosa, ma cosa?, Si chiese guardando nel frigo mezzo vuoto di Daniel, in cui riuscì a scorgere solo uova, birra e qualche affettato “vabbè”, disse tra sé e sé “stasera andremo di spaghetti aglio, olio e peperoncino!! Il buon vecchio spaghettino non tradisce mai!”. Nel momento in cui l’odore dell’aglio stava iniziando leggermente a diffondersi,  Carlo sentì il campanello della porta e guardando dallo spioncino non riuscì proprio a riconoscere il ragazzo che aveva suonato, ma aprì senza troppi probemi, gettandosi lo strofinaccio da cucina su una spalla. Si ritrovò di fronte un ragazzotto abbastanza alto, di massimo trent’anni; notò che aveva un’aria stranamente familiare, ma era quasi sicuro di non averlo mai visto prima, forse era un conoscente di Daniel e lo aveva visto di sfuggita qualche volta, si disse. “Sei Daniel Rossini?” gli chiese il ragazzo, dopo averlo scrutato per qualche secondo in viso. Carlo gli rispose di no, e capì che evidentemente non era un conoscente, ma stava cercando proprio l’amico, così lo fece entrare, a primo impatto gli sembrò un ragazzo dalle buone intenzioni. “In realtà cercavo Daniel Rossini”, gli disse entrando con una certa sicurezza, quasi con sfacciataggine “cioè, non lo conosco personalmente, ma dovrei parlargli”. Carlo lo guardò stranito, stava per chiedergli qualcosa in più quando alle loro spalle spuntò Daniel in boxer, intento a strofinarsi i capelli con un’asciugamano “chi ha bussato?” chiese allora arrivando e rimase anche lui per un attimo bloccato alla vista di quel ragazzo che non aveva mai visto in vita sua, “è un tuo amico?” chiese allora a Carlo sorridendogli “no, in realtà cercava te…”. Daniel rimase stupito, cercò di fare mente locale, ma davvero non riusciva a ricordare chi fosse quel tipo, non l’aveva mai visto prima. Per qualche istante si creò un imbarazzante silenzio, sia Carlo che Daniel si accorsero che questo ragazzo sconosciuto guardava fisso Daniel negli occhi, sembrava che lo stesse analizzando, scrutando, come se stesse cercando qualcosa. “Scusate, sono piombato qui senza nemmeno presentarmi, io sono Rosario, sono un foto reporter e mi trovo qui a Napoli per lavoro. Cercavo te, Daniel, per una questione…ehm…piuttosto delicata…una questione personale”. Daniel sgranò gli occhi e guardò Carlo, che capì di essere di troppo “ok…io vado in cucina a controllare la cena…”. A quel punto i due rimasero soli nel piccolo salotto e Daniel fece gentilmente accomodare il nuovo inatteso ospite “dimmi tutto”, gli disse allora con tono convinto. “E’ il tuo compagno, quello?” chiese lo sconosciuto riferendosi a Carlo “oh no”, ridacchiò Daniel un po’ imbarazzato “è il mio migliore amico e socio in affari…lo conosco da quando eravamo bambini, diciamo che è mio fratello acquisito!”. Il ragazzo annuì accennando ad un sorriso, sembrava un tipo abbastanza curioso, continuava a guardarsi intorno e ostentava una certa sicurezza, non pareva intimidito.. Sentendolo parlare, Daniel notò che aveva l’accento siciliano, anche se non particolarmente marcato, così intuì che forse aveva qualcosa a che fare con sua madre, forse un suo conoscente.  “Allora, dicevamo? Cosa ti porta qui? Vieni dalla Sicilia, conosci mia madre, forse?” Rosario si schiarì la voce, “sì, sono siciliano, anche se non vivo più in Sicilia per questioni lavorative, sai, sono sempre in giro per il mondo, sono atterrato oggi a Capodichino da Ankara..e…io…Daniel io sono tuo fratello”. Davanti a quelle parole gettategli in faccia così, di colpo, Daniel rimase pietrificato “co..cosa?” riuscì solo a balbettare incredulo, dopo essersi passato nervosamente una mano tra i capelli bagnati “ma di che diavolo stai parlando?” Di fronte alle domande sempre più incalzanti di Daniel, Rosario decise di raccontargli tutto dall’inizio. Era nato a Messina trantatre anni prima, era laureato in chimica, ma la passione per la fotografia lo aveva portato a seguire un’altra strada, e oggi era un giornalista e fotoreporter affermato. Sua madre Teresa era una maestra d’asilo, suo padre invece era figlio di un falegname ed aveva portato avanti la piccola falegnameria di famiglia, almeno sino alla sua morte prematura. Si chiamava Aldo, ed era morto da otto mesi, a soli cinquantadue anni, per un cancro letale. Rosario raccontò di essere figlio unico, ma che da quando era bambino sapeva di avere un fratello, un fratello senza nome, chissà dove. Lo sapeva perché suo padre Aldo, per tutta la sua vita, non aveva fatto altro che cercare quel figlio che gli avevano impedito di amare. A sedici anni, infatti, si era innamorato di una giovane, bellissima ragazza, che tutti chiamavano Esterina, Rosario aveva sentito quella storia forse un milione di volte. A quel punto del racconto, però, Daniel lo fermò, visibilmente turbato e confuso “scusa, scusa, fermati un attimo…tu vuoi dirmi che tuo padre è l’uomo che ha abbandonato mia madre? Mia madre, Ester, mi ha detto che lui quando seppe della sua gravidanza si tirò indietro, non facendosi più trovare…”.  “Non è questa la verità” disse fermamente Rosario, con aria severa e sicura, “questo è ciò che hanno fatto credere ad Esterina…in realtà mio padre non ha fatto altro che cercarti, anzi cercarVI, per tutta la vita”.  La gravidanza della ragazza, continuò Rosario, fu comunicata ad Aldo dal padre di questa, e in entrambe le famiglie scoppiò un putiferio. Lui non la rivide più, non ebbe mai modo di parlare con lei del bambino che sarebbe nato. Ogni giorno era andato sotto casa sua, ma era stato mandato via e lei non era più lì, non aveva idea di dove l’avessero mandata, i genitori di lei avevano deciso di allontanarla da lui, la vergogna che loro figlia fosse una ragazza madre era troppo grande, nessuno doveva saperlo. Aldo l’aveva cercata in tutti i modi, ma anche i suoi genitori, che invece forse sapevano dove potesse trovarsi, gli dissero che era meglio così, era meglio per tutti, a diciassette anni avrebbe avuto tutto il tempo di rifarsi una vita. Ma Aldo era sicuro che Ester non l’avrebbe lasciato così, non riusciva a spiegarsi perché almeno lei non si facesse viva. Qualche anno più tardi venne a sapere delle voci che circolavano su di lui, tutti in paese dicevano che aveva rifiutato il bambino, abbandonando lui e la madre, e sempre queste voci dicevano che Ester dopo la nascita del bambino, un maschietto, fosse andata a vivere fuori dalla Sicilia, ma nessuno pareva sapere dove. Così, anche dopo aver sposato Teresa e dopo aver avuto il suo amato figlio, Rosario, non smise comunque di cercarla, lui aveva un altro figlio, ripeteva sempre, la sua era un’ossessione e a volte pareva vivesse solo per questo. Rosario era cresciuto così, con l’ombra di quel figlio e fratello perduto e fu proprio sul letto di morte che suo padre gli fece solennemente promettere che avrebbe trovato Ester e, quindi, suo figlio, che aveva solo tre anni più di lui, almeno questa era l’unica cosa che sapeva. Da allora Rosario aveva deciso di cercarlo, suo padre era morto con quel peso nel cuore, doveva e voleva farlo per lui. Così cominciò a fare ricerche sulla famiglia di Ester, riuscì a trovare alcuni suoi parenti, ma nessuno l’aveva più vista e sentita da quando era partita per Napoli, una trentina di anni prima, così aveva deciso di spostare le sue ricerche in Campania, ricerche che lo avevano portato direttamente a Daniel Rossini, che portava lo stesso cognome di sua madre. Quando Rosario finì di raccontare, tra i due salò il silenzio, Daniel sembrava in trans, così il ragazzo lo guardò dritto negli occhi “Daniel, sono tuo fratello e ti sto dicendo che tuo padre ti ha cercato per tutta la vita...”. Daniel aveva gli occhi lucidi, si prese la testa tra le mani e poi si alzò di scatto “mia madre deve saperlo assolutamente…” sussurrò.

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