lunedì 18 maggio 2015

Episodio XXXV "Tu non pensarci più, che cosa vuoi aspettare? L'amore spacca il cuore..."


Kira se n’era andata lasciando sul frigo un post-it, non uno dei suoi soliti bigliettini ironici con cui usava sgridarla o avvisarla di qualcosa, già dalla calligrafia lo si poteva comprendere; non la solita scrittura frettolosa e distratta, quasi incomprensibile, ma soltanto poche parole scritte in stampatello grande, che trasmisero immediatamente a Frida un senso di distacco e freddezza “non mi aspettare oggi, starò per un po da Carlo, per qualsiasi cosa mi trovi lì, ma dubito che ne avrai bisogno”. Strappò via nervosamente il foglietto e lo rilesse, pensò che sì, aveva esagerato con le parole la sera prima, le aveva vomitato addosso tutta la rabbia che stava provando negli ultimi tempi, aveva sfogato su di lei tutta la frustrazione della consapevolezza di stare nel torto; era fatta così, quando sapeva di sbagliare tirava fuori le unghie, forse per difendersi o molto più probabilmente per negare a se stessa i suoi errori. Erano già le undici, aveva avvisato Milly che non sarebbe andata a lavorare quel giorno, fingendo una brutta influenza, non aveva voglia di fare niente, così si distese sul divano e accese la tv, la mattina nessuna rete trasmetteva qualcosa di interessante, così dopo un po’ di  zapping si fermò a guardare un documentario, forse era iniziato già da un pezzo, ma la sua attenzione fu catturata dall’immagine di un grande camaleonte immobile su un ramo; gli animali l’avevano affascinata sin da piccola, adorava il fatto che ogni essere vivente avesse delle peculiarità uniche che riuscivano a rendere ognuno una macchina perfetta della natura. Ascoltò attentamente le caratteristiche del camaleonte del Madagascar, un essere che le parve bellissimo nella sua fermezza quasi impassibile e sentì che alcune specie di camaleonti, ma non utte, possono mutare il colore della pelle; si stupì perché aveva sempre pensato che lo facessero per mimetizzarsi davanti ai nemici per disorientarli, ma invece apprese in quel momento che il principale motivo del cambiamento di tonalità, è la manifestazione di determinate condizioni fisiche o fisiologiche, o addirittura di stati emozionali, come la paura, soprattutto la paura.  Pensò che negli ultimi tempi si era comportata proprio come un camaleonte, non era stata più la stessa, aveva sbagliato ed era cambiata, mutando i colori caratteristici della sua personalità solo per paura…paura  non del nemico, ma di se stessa. Era arrivata a mentire alla sua migliore amica perché sapeva di sbagliare e non voleva qualcuno che glielo facesse notare, aveva preferito arrancare in balìa della sua impulsività. Kira era sempre riuscita, in passato e in tantissime occasioni, a frenarla, a farla ragionare, grazie a lei più di una volta aveva evitato di fare sciocchezze e soprattutto di trovarsi in brutte situazioni, era sempre corsa da lei quando sentiva di stare perdendo il controllo, perché sapeva farle prendere la strada giusta. Ma non quella volta. Quella volta Frida aveva autonomamente deciso di sbagliare, non era corsa da Kira a parlarle di Giulio e della sua amicizia, che forse amicizia non era, e non lo aveva fatto perché le stava bene così, perché non aveva voglia di ragionare e di guardarsi davvero dentro; preferì agire da vigliacca e mentire a se stessa, prima che agli altri. Adesso, pensò, il destino le stava presentando il conto, doveva pagarlo. Era arrivato per lei il momento di dire la verità, non a Kira, né a Daniel, ma a se stessa, soltanto a Frida. Ormai, persa in questi pensieri, non stava ascoltando più la voce narrante del documentario, così spense la tv e si alzò velocemente; diede uno sguardo al grande orologio da muro della Disney in cucina, era passata già un’ora, era mezzodì, quel giorno il tempo passava troppo velocemente, pareva beffarsi di lei, le sembrò che i minuti le stessero mettendo fretta, scivolandole dalle mani. Tornò nella sua stanza, velocemente si tolse di dosso il pigiama verde, lo gettò sul letto, ancora disfatto; tra i vestiti in disordine poggiati sulla sedia tirò fuori un paio di jeans e una t-shirt a righe, si vestì nervosamente, come se avesse un appuntamento. Corse in bagno, si sciacquò il viso e rimase lì, a fissare la sua immagine nel grande specchio davanti a lei, accese i piccoli faretti sovrastanti per scrutarsi meglio. Che cosa doveva fare? Non lo sapeva. Avrebbe voluto chiamare Kira, scusarsi e chiederle un consiglio, ma sarebbe stato da egoista chiederlo proprio a lei, dunque doveva cavarsela da sola. Si sentiva confusa, cercò di capire cosa provava davvero per Giulio e perché pensare a lui le confondesse ogni volta le idee, non lo sapeva nemmeno lei. Dal bagno camminò veloce fino alla cucina, aprì il frigo per cercare qualcosa da mettere sotto i denti, doveva pensare, doveva agire, doveva mettere in ordine la confusione che aveva in testa, si sentiva frenetica, così vide una bottiglia di Falanghina comprata qualche giorno prima, e senza pensarci due volte la prese, la stappò e se ne versò un bicchiere, e in meno di due ore, bicchiere dopo bicchiere, la finì tutta, rannicchiata sul divano. Fumò venti sigarette e si risvegliò a pomeriggio inoltrato. Con le ginocchia ancora tra le braccia, riaprì gli occhi, si guardò assonnata intorno,  e capì che non aveva deciso un bel niente, non sapeva cosa provava, né cosa avrebbe dovuto fare. Si ricompose e trovò tantissime chiamate perse di Daniel e una dozzina di suoi messaggi, l’ultimo le ricordava l’appuntamento che avevano per quella sera, avevano deciso di andare al cinema, così gli rispose confermando e scusandosi per non essersi fatta sentire, era stata poco bene e aveva dormito tutto il giorno…beh, pensò, più o meno era andata davvero così. Non sapeva cosa avrebbe detto a Daniel, ma sicuramente avrebbe dovuto mettersi a nudo una volta per tutte; cercò invano di prepararsi un discorso, ma non era mai stata brava a farlo, le poche volte che ci aveva provato in passato poi aveva finito sempre per farsi trasportare dall’istinto, e così avrebbe fatto anche quella sera, che arrivò in un batter di ciglia: già erano le nove e Daniel già era sotto casa. Frida diede un ultimo sguardo allo specchio, non aveva per niente un bell’aspetto, sentiva una sensazione di ansia e di irrequietezza; per un minuto decise che sarebbe scesa e lo avrebbe abbracciato facendo finta di niente, ma già lo aveva fatto troppe volte, non poteva più permettersi un tale comportamento, doveva assumersi finalmente le proprie responsabilità, così lo chiamò e lo invitò a salire, consapevole che quella sera non avrebbe visto nessun film, e che l’unica cosa che avrebbe visto sarebbe stata la delusione negli occhi dell’uomo che amava. Frida aprì la porta, Daniel entrò facendosi strada, sorridendole, era bellissimo nella sua  camicia grigia portata fuori dai pantaloni, come piaceva a lui, aveva un profumo magnifico, fresco, che in un secondo si impadronì della casa. Le diede un bacio veloce ed intenso sulla guancia, la guardò negli occhi ed intuì subito che qualcosa non andava, così le prese il viso tra le mani “cosa c’è, perché mi hai fatto salire? Ti senti ancora male?” Frida  cercò in tutti i modi di non assumere un’aria tenera, così si irrigidì, spostandogli le mani “no…non mi andava il cinema…siediti per favore, ho bisogno di parlarti”. Daniel cambiò espressione, capì che Frida aveva qualcosa di serio da dirgli e si preoccupò, non l’aveva mai vista così preoccupata, così non fece un passo, rimase di fronte a lei e le accarezzò il viso, voleva rassicurarla, così le sorrise di nuovo “così mi fai preoccupare, ti è successo qualcosa?” Frida si scostò di scatto “ti prego, non essere tenero con me”. Sentiva di avere gli occhi lucidi, ma trattenne il pianto, non doveva piangere, non poteva permettersi di fare la parte della vittima, doveva domare le sue emozioni e comportarsi da donna “dai, sediamoci, per favore” gli disse ancora, e Daniel la guardò stupito, così fece come gli aveva chiesto e si sedette sul divano anche se lei, inaspettatamente, rimase in piedi. La scrutò ed era visibilmente nervosa, lo capiva dal modo in cui intrecciava le dita delle mani  e dal modo in cui ostinatamente si mordeva il labbro inferiore. “Fri, mi dici che cosa c’è? Dai, dimmi tutto…” Daniel assunse un’aria seria, conosceva bene Frida e capì che aveva bisogno di tirare fuori qualcosa, di sfogarsi, così decise di rimanere in silenzio e di aspettare che esplodesse. Frida non sapeva da dove cominciare, così finì per fare quello che le riusciva meglio in queste situazioni: dire tutto quello che le passava per la testa, senza pensarci troppo “è da un po’ di tempo che non so più cosa voglio dalla vita, non ho più certezze. Io…ti amo Daniel, ma mi sento confusa…io non so che cosa mi succede”. Disse queste poche parole tenendo lo sguardo basso, lo rialzò dopo qualche istante e fissò la figura di Daniel. Sembrava  impassibile, le gambe accavallate, le dita che accarezzavano la barba incolta sul mento, era passato velocemente da un’aria seria ad un’aria severa, pareva stesse pensando, così Frida non parlò, aspettava una sua reazione, mentre provava a scrutare qualcosa nei suoi occhi di ghiaccio, che la guardavano fissa. Poi finalmente le rispose “il fatto che tu sia confusa lo avevo capito, ti conosco come le mie tasche e sapevo che c’era qualcosa che non andava…sinceramente credevo fosse lo stress per gli esami, ma ho notato anche che apparte la relazione, non hai fatto nessun esame questa sessione. Allora ti chiedo: cosa ti fa sentire confusa? O chi?” Frida sentì l’ansia salire ancora di più, sbuffò sonoramente “non lo so…io…” Daniel si alzò di scatto, le sembrò di rivivere la scena della sera precedente, con l’unica differnza che di fronte non aveva Kira, con la quale sapeva si sarebbe risolto tutto, ma aveva davanti l’uomo che forse più l’aveva amata nella sua vita e che la guardava come non aveva mai fatto prima. Le si avvicinò con un scatto, le prese il braccio facendo un po di pressione e Frida sentì i suoi occhi di ghiaccio fissi nei suoi “Cosa non lo sai, Frida? Parla, per la miseria!” Non aveva mai alzato così tanto la voce con lei, così istintivamente si divincolò dalla sua presa, non riusciva a sostenere il suo sguardo inquisitore, così si voltò di spalle “non lo so se ti amo ancora, forse sì, forse no. Sono confusa! Io, ho conosciuto una persona, ma non è come credi. E’ solo un amico, ma sento che il mio rapporto con lui mi ha destabilizzata, non riesco a spiegarlo.” Daniel la girò verso di se “guardami in faccia almeno mentre dici queste sciocchezze!” Il suo tono era aggressivo, ma comunque non si scompose, si rimise seduto e il suo viso sembrava non trasparire emozioni “Che signfica che non è come credo? Come ha fatto a destabilizzarti? Ti prego, spiegami il significato del verbo destabilizzare, avanti! Ti ha riempita di regali, di poesie d’amore o forse ti ha portata a letto, che mi pare più probabile??” Frida lo guardò stizzita e gli urlò in faccia “ho detto che non è così! Non ti tradirei mai!” Daniel la interruppe “sai che ti dico? Si può tradire in tanti modi, e tu hai scelto il più subdolo.” Questa volta usò un tono pacato, ma era una pacatezza che sapeva di delusione e di rancore. Frida si sentì stremata, in quel momento capì che aveva rovinato tutto e che non sarebbe più potuta tornare indietro. Cercò di respirare lentamente, i suoi respiri le parevano rimbombare in quel silenzio pesante, ad ogni boccata d’aria riusciva a sentire il cuore che le pulsava nelle tempie, raccolse le forze che la stavano abbandonando e ritrovò la calma per parlare “Ho sbagliato a mentire, ma non ho fatto niente di male. Non ci sono andata a letto, non l’ho sfiorato nemmeno con un dito, solo che ha il potere di mandarmi in confusione e adesso io non so più cosa voglio… so solo che non voglio perderti, io non so più che cosa provo, ho bisogno di capirlo, ma ti prego, non andare via da me…se mi ami davvero, dammi solo un po’ di tempo per capire, lo so che ti chiedo troppo…ma ho solo un disperato bisogno di pensare a rimettere la testa in ordine…” Daniel sorrise nervosamente per un secondo, era rigido, freddo, e Frida si sentì gelata dal suo atteggiamento, e lui  passandosi una mano tra i capelli le disse “se ti amo davvero? Io non so più chi sei, a questo punto credo di non averti mai realmente conosciuta. Io pensavo di stare con una persona leale, onesta, intelligente. Ma la Frida che ho davanti è tutto l’opposto, mi stai svelando chi sei veramente in questo preciso istante” Frida rispose prontamente, sedendosi accanto a lui “No, No! Non è così! Io sono la ragazza di sempre, sono io…capita a tutti di avere dei dubbi e sto ammettendo di aver sbagliato, non avrei dovuto mentire. Ma sono sempre io…” Daniel le sorrise, ma era un sorriso dettato da un profondo rammarico. “Frida, non sai nemmeno tu chi sei, come posso saperlo io? Mi hai raccontato tutto solo perché hai toccato il fondo…” Più la  guardava, più sentiva che tutto quello che avevano costruito, che lui aveva faticosamente costruito, era più fragile di quanto pensasse, se era bastata un’amicizia speciale per far venire dei dubbi a Frida. Stava per chiederle chi fosse questo fantomatico amico, ma cambiò subito idea, cosa gli interessava, dopotutto? Preferì non saperlo. Si alzò per versarsi un bicchiere d’acqua mentre Frida si sedette, con la testa tra le mani, non capiva più niente, la situazione le stava sfuggendo ancora di mano, doveva fare qualcosa per far capire a Daniel cosa le passava per la testa, così trovò ancora un po’ di coraggio “ ti prego credimi. Dammi solo una possibilità per riuscire a fare chiarezza, non roviniamo tutto, sto solo provando a condividere con te le mie sensazioni. Ho bisogno che tu mi stia vicino, io non ti voglio perdere. Fallo per noi, per me, dammi il tempo di riprendere in mano la mia vita prima di mandarmi via dalla tua.” Lui sospirò con stizza, “devo starti vicino? E cosa dovrei fare, sentiamo? E poi, dovrei farlo per noi e addirittura per te!!  Già ho fatto troppo, già ho perso troppo tempo con te. Se hai bisogno di chiarirti le idee, fallo da sola o col tuo amico, magari ti può aiutare lui. Adesso mi stai chiedendo veramente troppo, non hai un briciolo di dignità” e detto questo si avviò verso la porta, Frida non poteva permettere che se ne andasse così, gli corse dietro, proprio come aveva fatto lui un anno prima per non farla scappare via, lo prese per una spalla, e si maledisse perché non riuscì a trattenere le lacrime “Daniel, ti prego. Ora sei arrabbiato, lo capisco, hai tutte le ragioni. Io voglio solo un po’ di tempo, concedimi un po di tempo” lui la freddò con un’occhiataccia, non lo aveva mai visto così, la sua imperturbabilità le mise quasi paura “Allora non hai capito…” le disse ancora con tono tranquillo “Tu hai tutto il tempo che vuoi per chiarirti le idee, puoi prenderti anche tutta la vita per pensare…In quanto a noi, non c’è niente da decidere, Frida, tu non devi decidere niente. Ti sto dispensando dalla fatica di pensare e di schiarirti le idee, lo faccio io per te, tu sei confusa, ma io no…ho già deciso io per te, se non lo hai ancora capito! Non sono un ragazzino, ho una certa età per le pause di riflessione, o dentro o fuori, e stavolta tocca a me scegliere! E non ho bisogno di pensarci  per capire che non voglio stare con una persona instabile che non sa cosa vuole dalla vita. Io sono un uomo, non ho tempo per queste crisi adolescenziali tardive. E non provare a dire che sto rovinando tutto, perché il tutto di cui parli non esiste” questa volta la guardò con disprezzo “e ti prego”, aggiunse “smettila di piangere perché sei patetica, per me finisce qua.” Dopo averle riversato addosso tutto il suo risentimento, Frida capì che aveva sbagliato tutto e che non c’era altro che lei potesse dire o fare. Daniel andò via sbattendo la porta e lei rimase sola, era stata capace di fare terra bruciata intorno a sé: Kira se n’era andata, Daniel l’aveva lasciata su due piedi, entrambi le avevano mostrato tutto il loro disprezzo. Aveva sbagliato e ne era consapevole, ma si sentì piccola e indifesa, non sapeva come farsi forza. Passò tutta la sera a piangere, a rimurginare, a colpevolizzarsi, si sentì tremendamente in colpa, non riusciva nemmeno a dormire e si sentì ancora più sbagliata quando capì che l’unica persona con cui avrebbe voluto parlare era Giulio…si sentì morire dentro: era giusto sentirsi in colpa per il desiderio di vederlo? Era giusto reprimere ciò che sentiva? Forse lo aveva fatto per troppo tempo ed era stato proprio negare a se stessa i suoi veri sentimenti a portarla fino a quel punto. Così si alzò dal letto e, incurante del fatto che fossero le due del mattino e che piovesse a dirotto, scese di casa e montò sulla sua mountain bike, corse più veloce che poteva rischiando più volte di scivolare sull’asfalto bagnato; attraversò mezza città e mentre piangeva a lacrimoni, sentiva l’adrenalina a mille, stava facendo una schiocchezza forse, ma la voglia di seguire il suo cuore era irrefrenabile. Arrivò a destinazione, la città addormentata non si accorse di lei che, fradicia, affannata, si fece aprire il portone dal vecchio portiere dell’elegante stabile in via Duomo, il quale le si rivolse preoccupato chiedendole se avesse bisogno di aiuto. Non gli rispose, salì freneticamente le grandi scale, sentiva di non avere più fiato, ma continuò fino al terzo piano, spinta da un’energia disperata, come se stesse scappando dal mondo che aveva lasciato fuori , al di là di quel grosso portone. Bussò il campanello dell’interno 76, non ebbe risposta. Bussò più a lungo una seconda volta e una terza, aveva freddo e sentiva il suo corpo bagnato tremare spasmodicamente, bussò ancora e ancora. Finalmente Giulio le aprì. Era visibilmente assonnato, i suoi morbidi ricci erano arruffati, gi occhi semichiusi, si presentò scalzo con indosso solo un paio di boxer extralarge colorato e il torso nudo metteva in mostra tutta la sua esilità. Ci mise qualche secondo per realizzare che fosse lei e quando si rese conto spalancò i suoi grandi occhi verdi, come usava fare di solito “oddio Frida, ma che ci fai qui a quest’ora?” e disse fissandola e lasciandola sulla porta “posso entrare?” gli chiese lei con un filo di voce tremante. Giulio sembrava ancora abbastanza stranito, si scostò subito per farla passare, scusandosi. Inaspettatamente Frida lo abbracciò con con forza e lui la lasciò fare, nonostante lo stesse letteralmente congelando. Rimasero così, davanti la porta chiusa, per qualche minuto; Giulio la osservò, le sembrava bellissima anche se era evidentemente distrutta, le accarezzò i capelli bagnati, mentre entrambi restarono in silenzio. Non sapeva perché fosse corsa da lui a quell’ora improponibile, ma non glielo chiese, fu molto discreto e contrariamente alla sua indole non proferì parola, non cominciò a riempirla di discorsi come faceva di solito, ed era proprio ciò di cui Frida aveva bisogno. La fece sedere sulla poltrona a dondolo bianca stile minimal, non sembrava gli importasse che gliel’avrebbe rovinata sicuramente; le tolse le scarpe e le prese un’asciugamano con cui cominciò ad aciugarle il viso, e poi i capelli, e nel frattempo continuarono a non parlare, si scambiarono solo qualche sguardo. Frida si lasciò fare quelle tenerezze, quell’asciugamano candidissima aveva il suo odore e quando cominciò ad accarezzarle dolcemente i capelli sentì che tutta l’ansia di quel giorno stava andando via, scivolava ad ogni tocco.  Le permise di andare in bagno e di mettersi una delle sue tute, nel frattempo accese il camino nel grande salone moderno, pensò che Frida ci avrebbe messo un po’ per ritrovare calore, e si sedette ad aspettarla. La vide arrivare, le sembrò più rilassata; lei continuava a non parlargli, si accoccolò accanto a lui, poggiò il viso sulla sua spalla ossuta e lo abbracciò. Giulio le diede un bacio sulla testa, i suoi capelli profumavano di frutta, forse di vaniglia, o di qualcosa di esotico “ …vuoi parlarne?” le chiese quasi con paura, ma Frida alzò la testa di scatto e lo guardò negli occhi “non mi va di farlo, avevo solo voglia di starti vicino…posso restare così fino a domani?” Il suo sorriso rassicurante già fu una risposta per lei “anche tutta la vita, se vuoi.”  Frida si addormentò quasi subito, tutte le emozioni di quel giorno sembrarono sciogliersi davanti a quel fuoco, si sentì serena, finalmente poteva abbassare la guardia, poteva smetterla di mimetizzarsi come un camaleonte in preda alla paura, poteva essere se stessa a trecentosessanta grandi senza sentirsi sbagliata; si sentì come se stesse attraversando la sottile linea che divideva la sua profonda tristezza dalla sua felicità: stava solo a lei decidere da che parte andare, ma in quel momento preferì non pensarci troppo, preferì lasciarsi cullare dall’odore delicato delle mani di Giulio, desiderò che il tempo si fermasse e che l’alba non arrivasse mai. Ma arrivò in un attimo, e le sembrò dolcissimo risvegliarsi con lui.

1 commento: