mercoledì 11 febbraio 2015

Episodio XV "Mi sono innamorato di te perchè non avevo niente da fare..."


Daniel era bloccato nell’intenso traffico cittadino, ma nonostante i clacson isterici delle auto,  le macchine in doppia fila e il caos estenuante che ne derivava, lui si sentiva stranamente tranquillo e tamburellava la mano sul cambio seguendo le note della sua radio preferita che in quel momento trasmetteva “Sultan of Swing” dei Dire Straits. L’orologio digitale della sua Punto Evo, acquistata due anni prima perché la sua Panda del 1990 con suo enorme dispiacere ormai non andava più, segnava le 20:00, cavolo, Frida aveva già finito di lavorare e lo stava sicuramente aspettando; decise così di mandarle un messaggio “Imbottigliato nel traffico. Ne uscirò vivo”. Non vedeva l’ora di riabbracciarla e di sentire tutti i suoi assurdi racconti sui clienti, su Milly e sul tipo strano del bar accanto che le portava il caffè in negozio e soprattutto non vedeva l’ora di cenare con lei, per l’occasione aveva appositamente riordinato casa, o almeno ci aveva provato, e grazie alle indicazioni telefoniche di Carlo, le aveva preparato oltre a una cenetta semplicissima ma decente, anche un’ enorme cheesecake alla nutella, che anche se esteticamente abbastanza fatiscente, le avrebbe sicuramente fatto venire l’acquolina in bocca. Dopo quasi mezz’ora arrivò al negozio, Frida era fuori ad aspettarlo, sorridente come al solito, balzò in un secondo in macchina “Pensavo ti fossi dimenticato di me e della nostra serata…”, gli disse abbracciandolo teneramente. Il sorriso di Daniel era dolce e rassicurante, ma in linea con la sua aria da duro cambiò velocemente espressione, le lanciò uno sguardo malizioso e notando l’abitino corto che indossava l’ammonì ironicamente “Sei davvero carina…ma se vai a lavorare tutti i giorni vestita così non va per niente bene, poi divento geloso!” Frida colse al volo il suo tono scherzoso e ridacchiò “Scemino, mi sono cambiata in camerino prima di chiudere…mi faccio carina solo per te, ovviamente!” Arrivati a casa di Daniel, Frida si accomodò subito sul divano nel salottino “Adoro il profumo della tua casa” gli disse tirando un gran respiro “Odora di libri…”   “I libri hanno un odore??” Le chiese Daniel  con una strana espressione mentre era intento a sbottonarsi i polsini della camicia blu, per poi arrotolarsi le maniche sino ai gomiti. Frida si alzò di scatto e prese uno a caso tra l’infinità di volumi sparsi per tutto il salotto, dato che sulla piccola libreria non c’era posto per tutti; poi, si risedette sul divano con le gambe incrociate “Ecco qua” gli disse allora aprendo l’enorme “I Miserabili” di Victor Hugo e portandoglielo sotto il naso “Senti il profumo delle pagine?”  “E’ solo profumo di carta, Fri, non farmi rincoglionire”  “Ti sbagli!” Insistette lei, come se si trattasse di una questione di vitale importanza “Senti meglio” continuò Frida invitandolo ad annusare ancora, “Non è semplice profumo di carta, Daniel, i giornali, le riviste, dei semplici fogli bianchi o un quaderno, non hanno questo profumo…questo odore è solo ed esclusivamente dei libri…come fai a non accorgertene?” Daniel fece spallucce, “Sì” rispose richiudendo il volume “Hai ragione, devo ammetterlo…ma sinceramente non ci avevo mai fatto caso, sai, non mi è mai venuto in mente di sniffare un libro…” le disse ridacchiando. “Beh, ora lo sai!” sentenziò lei con aria soddisfatta “In ogni caso…il tuo salotto profuma di libri, e anche un po di polvere!” Daniel passò un dito sul tavolino di vetro, sì era tutto un po’ impolverato lì, c’erano troppe cianfrusaglie, “Sono sempre stato un tipo disordinato, ma tutto questo casino ha un suo perché…ogni oggetto in realtà è esattamente dove dovrebbe essere…e poi la mia casa rispecchia il caos che c’è nella mia testa” disse a sua discolpa. Frida sorrise dolcemente “beh, bisogna avere il Caos dentro di sè per partorire una stella che danza”   “Sì, Nietzsche in fatto di irrazionalità ne sapeva qualcosa” ridacchiò Daniel cogliendo al volo la sua citazione. “Vieni in cucina con me? Devo finire di preparare la cena”, ma con sua sorpresa Frida gli rispose che voleva rimanere lì e aveva voglia di curiosare tra le sue cose, come amava fare di solito, quell’angolino di casa ai suoi occhi era un vero e proprio museo; Daniel rimase di stucco, quella ragazza era incredibile, ma le diede il permesso di fare tutto ciò che voleva, lui ci avrebbe messo poco a scaldare il risotto alla zucca che aveva preparato solo per lei, sapendo che le piaceva moltissimo, così si recò nel piccolo angolo cucina e la lasciò lì da sola. Frida si sentiva come una bambina davanti a un pacco di Natale, ogni volta che entrava in quella casa si sentiva attratta da una forza irresistibile e le veniva voglia di osservare tutto, chissà, pensava, forse nel profondo era il suo modo per sentirsi parte della vita di Daniel, l’uomo perfetto che da quando aveva sedici anni aveva sempre idealizzato come il suo principe azzurro. Si immerse, così, tra i titoli di libri, cimeli di paesi lontani e sconosciuti, oggetti quasi misteriosi, un enorme narghilè di vetro colorato quasi sommerso da vecchi quotidiani, vinili, un vecchio giradischi. Ispezionò tutto con cura e delicatezza, e in un batter d’occhi era già passata quasi mezz’ora e Daniel tornò nel salottino con una bottiglia di Brachetto, invitandola ad accomodarsi alla piccola tavola che si trovava alla destra del divanetto, per poter brindare prima di servire il risotto. La cena era davvero buona, disse Frida complimentandosi, era la prima volta che Daniel cucinava per lei, di solito avevano sempre ordinato pizze o panini a domicilio quando erano a casa “E non hai ancora assaggiato la sorpresa più grande!” le disse lui con aria orgogliosa, per poi sparire di nuovo in cucina e ripresentarsi con un vassoio coperto da una cloche d’acciaio, come nei ristoranti più chic. “Dà dàn!” Esclamò allora svelandole la misteriosa sorpresa “Madmoiselle, lo chef ha preparato solo per lei una delizia alla Nutella..si tratta di un dolce tipicamente americano chiamato cheescake!” Frida ridacchiò dinnanzi a quella comica presentazione e  osservò il  dolce, che le sembrò alquanto strambo, non si teneva molto in piedi in effetti. “Vabbè non è l’aspetto che conta” disse lei scettica “Inoltre, dove c’è Nutella il gusto è garantito…”. Daniel finse di sentirsi offeso, ma sapeva perfettamente che esteticamente non era particolarmente invitante, aveva cercato di fare del suo meglio, disse, Carlo avrebbe dovuto aiutarlo ma per un contrattempo aveva potuto farlo solo telefonicamente, e il risultato era stato quasi disastroso…beh, quasi, perché il sapore era golosissimo, gli assicurò Frida assaggiandolo, tanto che decise di fare il bis. Mentre ripuliva il secondo piattino di cheesecake, si accorse che Daniel la stava fissando “Che c’è?” gli chiese con aria disorientata “Ti sembro buffa?” Lui sembrava quasi imbambolato e si prese qualche secondo prima di risponderle, pareva che la stesse ancora studiando “Pensavo solo che la tua cicatrice sul collo a me piace…cioè, voglio dire, non posso credere che ti opererai per toglierla, fa parte di te ormai…” Frida gli sorrise “Ma è da tutta la vita che voglio toglierla...poi non dirmi così, che già sono spaventata dall’operazione, non tentare di farmi cambiare idea…se solo penso al dottor Bassani mi vengono i brividi…credo abbia qualche rotella fuori posto… e se fosse un chirurgo killer?”  Daniel scoppiò a ridere, non capì se stesse dicendo sul serio o stesse solo scherzando “Ma dai Fri, che dici? Ma poi che avrà di così terribile questo medico?” Frida sospirò “No, niente…mi mette solo tremendamente a disagio…vabbè, ma cambiamo discorso, tanto mi ha prescritto nuove analisi, e credo che per l’intervento a questo punto dovrò aspettare dopo l’estate…cambiamo discorso, ti prego”, lo implorò poi con i suoi occhioni da cucciola, quando voleva sapeva farli proprio bene, pensò Daniel, non aveva pari. Allora lui si accomodò sul divano con il suo bicchiere di vino e la invitò a raggiungerlo “Vieni qua, dai, fammi sentire un po’ cos’hai scovato tra le mie cose, prima…qualcosa di nuovo?” Frida sorrise maliziosamente, si accomodò sulle sue ginocchia e appoggiandogli il viso sulla spalla assunse un’espressione interrogativa “In realtà mi chiedevo cosa ci faccia lì quel pianoforte…è tutto impolverato, sembra vecchio…” gli disse indicandogli il piano accostato al muro tra la piccola libreria e il finestrone del salottino, quasi non si vedeva, era quasi completamente coperto dai libri e dagli oggetti adagiativi sopra. “Era di mia madre, lei è una bravissima pianista…questo pianoforte è molto molto vecchio, credo sia stato il primo che abbia comprato quando si trasferì a Napoli, ora in casa sua ne ha uno molto più bello, un piano a coda favoloso…”  “Anche io ho studiato un po’ il pianoforte, da piccola” gli disse Frida sorridendo, per poi balzare davanti al piano; in un secondo tolse via tutte le cianfrusaglie, lo aprì e con un soffio deciso spolverò i tasti ingrigiti “In realtà ricordo solo qualche nota”, e detto questo si cimentò ridacchiando in uno strano motivetto da bambini, Daniel cominciò a ridere di gusto, sembrava molto impacciata ed era evidente che non ricordasse alla perfezione come muovere le dita, la guardò per un istante e pensò che erano proprio quei suoi modi di fare a piacergli di lei, il suo entusiasmo, la sua irruenza “Sei magnificamente buffa!” Le disse allora ridendo e Frida gli rispose con una sonora risata “Hai ragione, questa era la marcia dei soldatini, o qualcosa del genere…ma tu invece? Suoni?”  “Mia madre mi ha insegnato a suonare e mi ha insegnato a leggere la musica…ma non chiedermi di suonare…”  Frida, di contro,  lo pregò insistentemente di suonarle qualcosa, non importava se era un po’ arrugginito, come diceva lui, si sarebbero divertiti; per fortuna  non ci volle molto per convincerlo, Daniel si sedette accanto a lei davanti al piano e, adagiando le sue dita sottili sulla tastiera, eseguì velocemente qualche scala per sgranchirsi le mani. Intanto Frida poggiò la testa sulla sua spalla, si sentiva inebriata dal suo profumo fresco, le ricordava la brezza marina e si sposava perfettamente con l’azzurro intenso dei suoi occhi, che per davvero sembravano profondi come l’oceano. Lui si schiarì la voce e poi cominciò a provare a mettere insieme delle note, che lentamente stavano diventando una melodia dolcissima, un suono che a Frida parve familiare. Le mani di Daniel continuavano a muoversi piano… il suo viso assunse improvvisamente un’aria seria e dai suoi occhi cominciò chiaramente a trasparire una forte emozione. Continuava a suonare, per l’ennesima volta si schiarì la gola e, quando iniziò a cantare con un filo di voce, Frida finalmente riuscì a collegare quelle dolci note ad un pezzo magnifico…
“Mi sono innamorato di te
Perché non avevo niente da fare,
di giorno, volevo qualcuno da incontrare,
la notte, volevo qualcosa da sognare…
Mi sono innamorato di te
Perché non potevo più stare solo
Di giorno volevo parlare dei miei sogni
La notte…parlare d’amore…”
Lui continuò a cantare quei versi con gli occhi chiusi, la sua voce era tenue e un po’ insicura, ma la melodia era perfetta; Daniel non era un tipo da romanticismi, da “Ti amo” o da parole dolci, anzi, di rado esprimeva i suoi sentimenti e in quel momento lo stava facendo nel modo più dolce possibile. Per questo Frida sentì il cuore batterle all’impazzata, dai suoi occhi lucidi si capì che era emozionata, per lei quello era un momento magico e sapeva che avrebbe portato quell’istante per sempre nel cuore.




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