Quel pomeriggio
il tempo era un po’ uggioso, e anche se alle quattro del pomeriggio il sole
appriva piuttosto pallido, Frida non poteva eivtare di pensare che Napoli fosse
bella lo stesso. Forse la sua percezione dell’ambiente circostante era solo
influenzata dalla gioia che aveva nel cuore, mentre passeggiava mano nella mano
con Daniel costeggiando il monastero di Santa Chiara. Avevano mangiato
un’ottima pizza nella storica pizzeria da Michele e poi avevano deciso di
comune accordo di fare una lunga passeggiata per bruciare un po’ di calorie.
“In realtà me lo mangerei un bel babbà fatto a regola d’arte” esclamò Frida
sorridendo con aria sbarazzina “un babbà?” chiese allora Daniel sconcertato,
quasi come se avesse detto un’eresia, Frida allora si fermò “non lo sai che
quando giro per queste vie comincio ad avere fame?” gli disse. Daniel le
sorrise dolcemente “non sarebbe meglio una sfogliatella, rigorosamente riccia?”
Frida storse il naso “apparte che la sfogliatella riccia non mi
entusiasma…apparte il culetto finale, bello croccante…preferisco la frolla…ma
comunque il babbà è un’altra cosa”. Daniel obiettò sul punto, asserendo con
forza che il dolce più buono e caratteristico di Napoli fosse solo e soltanto
la sfogliatella riccia. Alle sue parole Frida rispose assumendo un’aria di
superiorità e con tono saccente ritornò all’attacco, in fatto di cibo aveva
delle idee ben precise e per lei divenne una questione quasi di principio
ribadire la sua posizione “è chiaro che tu non capisci che il cibo ha una
precisa filosofia, e la filosofia del babbà ha un suo perché” disse polemica,
fadcendo scoppiare a ridere Daniel “oddio, vedi della filosofia anche nel cibo?
E sentiamo un po’ questa teoria…” disse con tono beffardo. Frida si schiarì la
voce e con l’espressione fiera di chi stesse per fare un’elevatissima orazione,
rispose: “per arrivare a comprendere la filosofia di una pietanza, bisogna
partire dal dato empirico, cioè dall’aspetto immediatamente percepibile: la sua
fisionomia. Il babbà ha una forma semplice, estremamente essenziale, in una
vetrina piena di dolci di solito non salta nemmeno all’occhio, quasi sfigura in
mezzo ai trionfi di bignè cremosi, cestini di frutta multicolore, teste di moro
cioccolatose, sfogliatelle minuziosamente perfette in ogni singola arricciatura.
Ma passiamo al dato metafisico del babbà, quello che va al di là della
primissima percezione. Il nucleo esteriore di questo dolce nasconde un
animo morbido e all’apparenza insignificante,
ma qui viene il bello: sin dal primo morso, scopri che quel dolce dall’aspetto
spoglio, ma fiero, nasconde un gusto che non ha pari, completo e armonioso
nella sua unicità, un perfetto equilibrio di sapori, non troppo dolce, ma
delicato e autorevole nello stesso momento. Insomma, la perfetta dimostrazione
di quanto l’apparenza conti davvero poco e di come dietro un aspetto semplice
possa celarsi un insospettabile e sorprendente carattere...lo definirei
solenne.” Daniel la guardò quasi allibito “ok, ottimo panegirico del babbà,
devo ammettere che sei stata talmente convincente da farmi venire voglia di
mangiarlo...” “vedi?” disse Frida
soddisfatta “la filosofia è ovunque, basta solo tirarla fuori…andiamo dai!”.
Dopo aver trascinato prepotentemente Daniel fino alla Galleria Umberto I dove
per lei si trovavano i migliori babbà del mondo, camminarono ancora tantissimo
e si ritrovarono a piazza Bellini, dove finalmente riuscirono a sedersi e a
riposare un po’ le gambe, anche se in realtà non si sentivano affatto stanchi,
ed infatti la loro sosta durò pochissimo, perché a due passi c’era quello che
entrambi avevano sempre definito il “mondo delle meraviglie”, Port’Alba,
l’antica porta della città di Napoli che collega Piazza Dante a Piazza Bellini,
dove sorgeva quel piccolo ma immenso angolo di un paradiso fatto di libri.
Dalla porta, una sfilza di bancarelle con ogni sorta di testi antichi, nuovi,
ma la maggior parte talmente vecchi da essere ingialliti. Frida aveva sempre
amato andarci, ci andava per scovare i suoi “tesori”, adorava le edizioni più
antiche dei classici che amava tanto, e riusciva sempre a trovarne di
introvabili e per Daniel era la stessa cosa. “Questo luogo ha qualcosa di
magico” disse Frida girando lentamente tra i libri “ricordo che ci venivo
sempre quando ero al Liceo, ogni occasione era buona per venirmene qua, con
Kira soprattutto, ma anche da sola. Non si ha bisogno necessariamente di
compagnia per sentirsi bene qui in mezzo…il rapporto speciale che si crea con questi
testi basta per starsene sereni…” Daniel le sorrise dolcemente “ricordo di
averti anche incontrata un pomeriggio qui, anni fa…forse eri in quinto
superiore... ti ricordi?” Frida cambiò repentinamente espressione, come se
averle ricordato quell’incontro l’avesse urtata in qualche modo “certo che mi
ricordo!” gli rispose stizzita. Quel pomeriggio di qualche anno prima, lei
aveva diciott’anni, dopo quasi otto anni
lo ricordava alla perfezione, come avrebbe potuto dimenticarselo! Quel giorno
non aveva alcuna voglia di studiare tutti i capitoli di fisica che si era
arretrata da chissà quanto tempo, così, dopo aver letto i primi due o tre
paragrafi, alle 15:00 chiuse il libro e uscì di casa, provò a contattare Kira
ma non ci riuscì, così si decise ad andare a fare un giro da sola e, come ogni
volta, si ritrovò proprio lì, a vagare a Port’Albra, senza sapere cosa cercasse
davvero, ma solo con la voglia di prendere la prima cosa che l’avrebbe
attirata. Assorta tra i suoi pensieri, si fermò a leggere un testo vecchissimo
e mal ridotto, Mondadori Editore del 1941, I
Canti di Giacomo Leopardi. Come al solito ne annusò per prima cosa le
pagine, avevano proprio l’odore che amava, pensò. Proprio nello stesso momento
Daniel, che era intento a scrutare tra i libri sulla bancarella di fronte, alzò
lo sguardo per un attimo e vide Frida in piedi, con quello zainetto viola che
sembrava più grande di lei, e decise di avvicinarsi “Cesari” esclamò, facendola
sobbalzare. Ritrovandosi di punto in bianco il prof di lettere davanti, Frida
balbettò “Professore…sa…salve”, e quando lui le sorrise con quello sguardo
sexy, sentì le guance andare a fuoco, quant’era bello, l’uomo perfetto:
ventisette anni, spalle larghe, fisico scolpito, quei capelli lunghi, ma non
troppo, ribelli, ma non troppo, e quegli occhioni cerulei…era una visione,
pensò imbambolata davanti a lui come una pera cotta. “E che ci fai tu qui alle
tre e mezza del pomeriggio?” le chiese con tono monitorio, dando uno sguardo
all’orologio da polso, “non dovresti essere a studiare?” Frida sentì il cuore fermarsi per un attimo
“sì,sì…infatti ho studiato…cioè, devo solo finire qualcosina, ma ero venuta a
farmi un giro…cercavo giusto qualche libro che mi aiutasse a…a studiare
diciamo…” Il professore la guardò con aria interrogativa “fammi capire
signorina, sei venuta a farti un giro o sei venuta a cercare dei testi
scolastici?” e mentre Frida cercò di inventarsi qualcosa per apparire un po’
più convincente, lui continuò, avvicinandosi ancora un po, scurtando il libro
che teneva tra le mani “cosa leggi?”
“niente!” “come niente? Quello
che hai in mano cos’è? Cesari, stai tranquilla, non ti sto sgridando..non ti
mangio mica! Mettiamola così, non sono in veste di professor Rossini, sono solo
Daniel ok?” Frida sorrise imbarazzata e gli mostrò il piccolo volume, lui le si
avvicinò, mettendosi accanto a lei “ A se
stesso del caro Leopardi…beh, noi col progrmma lo abbiamo superato già da
un bel po di tempo, stiamo molto più avanti…”
“si, si, lo so prof…è che mi è saltato agli occhi e ho deciso di leggere
qualcosa di Leopardi che non avevo mai letto prima…a scuola non riusciamo a
studiare proprio tutti gli scritti di tutti gli autori…” Il professore
ridacchiò, lasciando la ragazza di stucco, pensò di aver detto qualcosa di
sbagliato. “Signorina Cesari, mi stai dicendo che non vi faccio fare
abbastanza?” “no, no!” esclamò lei per
correre ai ripari “intendevo dire che mi interessano cose che magari non ho mai
studiato…così, per semplice curiosità…non volevo offenderla” Il professore le
rivolse uno sguardo sorridente, dio quant’era bello! Averlo così vicino le
faceva battere tremendamente il cuore, era il ragazzo più affascinante e sexy
che avesse mai conosciuto, peccato fosse solo il suo professore di lettere e
che lei fosse solo una studentessa in piena adolescenza. “Comunque bella
scelta!” le disse ancora lui “certo, non è uno dei canti più allegri del nostro
amico Giacomo, ma è molto bello.Gli endecasillabi rotti danno pause a volte
lunghe, a volte rapidissime, e così i periodi appaiono come vibrazioni staccate
ma intense, con un moto talvolta quasi singhiozzante, che si direbbe
sincopato…a scrivere è un uomo disperato
che nell’atto della disperazione rivolge a se stesso un’apostrofe in versi, trasformandosi,
così, da persona a personaggio…” Daniel guardò la sua allieva dritto negli
occhi, gli sembrò affascinata dalle sue parole, si accorse che lo stava
ascoltando con grande attenzione, quasi assorta, sapeva che quella ragazzina
aveva una particolare sensibilità e una naturale inclinazione all’arte della
letteratura. “E dimmi, Frida, cosa ti ha colpito di questo canto? Sono curioso
di saperlo…” Frida ci pensò su un momento, temendo di dire qualche sciocchezza
“beh” balbettò “…il brutto poter che,
ascoso, a comun danno impera, e l’infinta vanità del tutto… questi due
versi mi hanno colpito particolarmente, perché l’autore è riuscito a descrivere
con eleganza e quasi con dolcezza, un concetto forte, che oserei definire quasi
crudo…lui con una penna ha incastrato le più belle parole per descrivere la più
brutta delle immagini, la infinità vanità del tutto…” In quel momento il
professore le pose una mano sulla spalla “brava Cesari, non hai detto una
stupidaggine…ed è lodevole che studi anche al di fuori dei programmi
scolastici, anche io lo facevo quando ero al Liceo…” A Frida brillarono gli
occhi, il prof le stava facendo un complimento da persona a persona, che
emozione! Da lì passarono mezz’ora a passeggiare tra i libri, lui le faceva
un’appassionante lezione su ogni volume che gli capitava tra le mani. Frida era
completamente assorta nelle sue parole, da Dante, a Petrarca, passando per
Baudelaire, Flaubert, Kafka, Tolstoj, Beckett, il professor Rossini era un
pozzo di cultura. “E così non ti piace la letteratura inglese? Non lo avrei mai
detto” le disse poi, ridendo, dopo che lei aveva aspramente criticato Oscar
Wilde e tutta la letteratura anglosassone “non la reputo all’altezza del resto
della letteratura europea, per non parlare di quella russa, che mi appassiona
particolarmente… da questo discorso eslcuderei solo Shakespeare, che a mio
avviso era un inglese atipico, ammesso che fosse davvero inglese...” Tra i
discorsi più disparati e due caffè
macchiati, passarono ben due ore, finchè il professor Rossini non dovette andar
via di fretta per un appuntamento importante a cui stava già tardando. Frida
riuscì a rientrare a casa solo alle sette di sera, e decise di mandare al
diavolo i capitoli di fisica, era troppo tardi ed era troppo stanca. Tutto
sommato quello fu un pomeriggio magico per lei, ma il ricordo di quella
giornata fantastica era sporcato da ciò che successe la mattina dopo, a scuola.
Frida raccontò tutto a Kira, che ammise
di essere un po’ invidiosa del fatto che si fosse goduta il prof Rossini per
due ore, tutto per sé, che gran culo che aveva avuto ad incontrarlo!! Alle 8.30
puntualissimo il professore entrò in aula per iniziare le due ore di
letteratura, e appena entrò le rivolse un complice sorriso, era ancora più
bello del giorno prima, disse a Kira che ridacchiò sotto i baffi. “Allora”
esordì il prof “dedichiamo la prima ora alle interrogazioni….”, disse aprendo
il registro di classe e dandogli un’occhiata attenta “Cesari! Mi manca il tuo
voto…siamo a fine aprile ed è dal 9 febbraio che non ti interrogo…” Frida guardò Kira col panico negli occhi “non
ho studiato un cazzo ieri” le disse a voce bassissima, poi rivolse lo sguardo al professore che la
guardava attendendo una risposta “allora, Frida? Vieni alla cattedra…che fai,
esiti?” Frida non poteva credere che la stesse davvero interrogando, non
pensava certo di avere una sorta di immunità ovviamente, ma quella mattina
proprio non se l’aspettava “non sono preparata” disse con un filo rotto di
voce, guadagnandosi le occhiate curiose di tutti i compagni di classe che
pensavano, “lei impreparata? Impossibile!” I volti sorpresi dei suoi amici non
erano niente in confronto agli occhi del professor Rossini, lei non riusciva
neppure a reggere il suo sguardo, sentiva di voler scoppiare a piangere, farsi
beccare impreparata era un’umiliazione troppo grande per lei. Il professore
accavallò delicatamente le gambe, si mise comodo appoggiandosi sui braccioli
della sedia e sbattette il registro sulla cattedra in modo sprezzante “che
significa che sei impreparata? Mi costringi a metterti un 2, sai bene che su
queste cose non transigo…preferisco mettere un 4 frutto di poco studio, che un
2 frutto di negligenza…mi deludi. Qualsiasi cosa tu abbia avuto da fare ieri,
lo studio deve venire prima. Chiaro? La prossima volta recupererai questo brutto
voto…andiamo avanti…”. Il prof passò ad interrogare altre due ragazze e Frida
non riuscì a seguire la lezione,ma rimase per tutte e due le ore con la testa
bassa sul libro, perché l’aveva umiliata in quel modo? Kira capì cosa provasse
la compagna di banco, così non fece atro che ripeterle di quanto fosse stronzo
“poteva evitare di chiamare proprio te, cazzarola, è anche per colpa sua che
ieri hai perso tempo se proprio vogliamo dirlo!”. Frida era arrabbiata
soprattutto con se stessa, così alla fine della lezione uscì di corsa
dall’aula, aveva bisogno di cambiare aria e, appena uscita in corridoio,
scoppiò in un pianto liberatorio, aveva trattenuto le lacrime per troppo tempo…
la tragedia per lei non era tanto essersi beccata un impreparato, ma esserselo
beccato in italiano! Rimase appoggiata al muro per un bel po’ cercando di
calmarsi, l’ora successiva sarebbe stata la volta di fisica, e sperò con tutto
il cuore che almeno la prof Verrati non le desse filo da torcere, per quel
giorno ne aveva avuto abbastanza. All’improvviso, mentre era ancora col viso
basso intenta a fissarsi le scarpe, sentì qualcuno avvicinarsi che si mise
proprio di fronte a lei, era il professor Rossini, che le alzò il mento con la
sua mano delicata. Dio santo, che belle mani che aveva! Quegli occhioni
luccicanti le fecero scordare per un nano secondo quanto fosse stato sgarbato
con lei in classe. “Frida, non piangere” le disse asciugandole le lacrime con
un fazzolettino “sono venuto per dirti che non ho mai neppure lontanamente
pensato di metterti quel 2…ora non è il prof che ti parla, ma solo Daniel, e
lui sa che non te lo meriti. Ma devi distinguere Daniel dal professore, il
professore non era tenuto a sapere se tu ieri sera, tornata a casa, avessi
avuto la diligenza di metterti sul libro e studiare, per lui è scontato che tu
lo abbia fatto…capisci?” Frida annuì timidamente, era enormemente imbarazzata,
si stava comportando come una bambina, ma il sorriso dolcisismo che il
professore le rivolse poggiandole una mano sulla guancia la fece tranquillizzare.
“Sai quanto ci tengo agli impreparati e sai che sono incorruttibile e
soprattutto non faccio particolarità tra gli alunni” le disse ancora, “ma per
te farò un’eccezione…non ho avuto il coraggio di scrivere quel 2 e non lo farò,
e la cosa, da professore, mi pesa tantissimo. Ma da uomo non posso fare
altrimenti, con te mi viene naturale essere più accondiscendente, non riesco ad
essere severo…spero solo che tu questa cosa non la userai ancora a tuo
favore” “no!” esclamò Frida irruentemente “mai più prof!
Non succederà mai più…” Rossini le sorrise ancora “a proposito, nell’ultimo
compito devo dire che hai superato te stessa…domani ve li porterò corretti…”
Frida accennò ad un sorriso, il suono della campanella avvisò che l’intervallo
era terminato, così lei e il prof si salutarono e, allontanandosi, si scambiarono
uno sguardo pieno di complicità. Era troppo perfetto per essere un uomo vero,
pensò Frida, sarebbe stata innamorata di lui per tutta la vita!
“Devo ammettere che avevo
una preferenza per te, signorina Cesari!” le disse Daniel dopo aver ricordato
insieme quella giornata, “ma era una preferenza solo scolastica! Cioè, ti
preferivo tra gli alunni come studentessa, non come ragazza…io sono sempre
stato un tipo professionale” aggiunse per giustificarsi. Frida ridacchiò e gli
diede un tenero bacio sulla guancia “beh però sei stato davvero stronzo quella
mattina…anche se poi hai recuperato, penso che nell’istante in cui mi venisti a
consolare, in corridoio, mi innamorai perdutamente di te…peccato che non potevo
dirtelo..” “anche io avevo un debole per
te, ma, ti ho detto, un debole esclusivamente professionale…” disse, facendo
scoppiare a ridere Frida, era bello ricordare insieme episodi di quella vita
passata nella quale, forse, in qualche modo erano già inconsapevolmente legati;
per fortuna, anche se erano passati molti anni da quando erano solo un prof
e una studentessa che provavano stima e ammirazione reciproca, beh, per
fortuna <<quando nasce un amore, non è mai troppo tardi>>, pensò
Daniel, e il loro amore anche se dopo tanto tempo, era sbocciato.
Questo episodio é dolcissimo !!
RispondiElimina