mercoledì 18 marzo 2015

Episodio XXIII "E la chiamano Estate - Parte I"


La spiaggia di Sa Calobra al tramonto era ciò di cui avevano davvero bisogno Kira e Frida che, distese sotto il grande ombrellone di paglia, si godevano l'inizio della loro vacanza. Insieme a Daniel e Carlo erano atterrate quella mattina a Mallorca, il volo era stato divertente, non avevano fatto altro che prendere in giro Kira sulla sua fobia per gli aerei, che per tutto il viaggio non aveva certo nascosto. Tra l'altro le era capitato di sedersi lontana dai tre amici, accanto a un marmocchio urlante che aveva aumentato la sua frustrazione, suscitando l'ilarità dei compagni di viaggio; la sua esasperazione arrivò al culmine quando, apertosi il portellone dell'aereo, gridò stizzita al bambino "spero di non rivederti mai più, brutto marmocchio!" davanti ai volti attoniti dei genitori del poverino, seduti poco distante. L'ansia e lo stress ora sembravano lontani, se ne stava sdraiata col suo ipod e gli occhialoni scuri, ammirando il panorama, battendo il piede a tempo di musica, ogni tanto lanciava un'occhiata a Carlo e Daniel che nuotavano in lontananza. Accanto a lei anche Frida era immersa nel relax più totale, intenta nella lettura del suo autore preferito, sgranocchiando una busta di patatine, rigorosamente rustiche. Daniel uscì dall'acqua correndo verso di loro, Kira lo osservò da dietro gli occhialoni da sole e voltandosi verso Frida le disse ridendo "ecco il tuo Mitch di ritorno" canticchiando la sigla di Baywatch. Lui si sedette sulla sdraio accanto a Frida, sbirciando per capire cosa stesse leggendo e il suo commento ironico non si fece attendere "mmh… Le notti Bianche di Dostoevskij…però! Una bella lettura da spiaggia!!" Frida gli rispose con una linguaccia "prof" gli disse "dovresti far studiare un po' di letteratura russa a scuola secondo me, sarebbe stimolante" Daniel rise "si certo" le rispose perplesso "il programma di letteratura italiana è talmente breve che sarebbe assolutamente necessario integrarlo, con la letteratura russa poi, sai come sarebbero contenti i miei alunni, mi amerebbero ancora di più!!" Frida distolse gli occhi dal suo libro e facendogli un sorriso malizioso gli disse "io di sicuro ti avrei amato ancora di più…ma pensandoci è meglio che lasci perdere il mio consiglio, rischieresti di fare altre stragi di cuori!" Tutti erano a conoscenza di quanto Daniel fosse venerato dalle alunne, anche Kira e Frida infatti non erano rimaste immuni al suo fascino ai tempi del Liceo; Frida, che era molto gelosa del fatto che riscuotesse tanto successo non solo con le allieve, ma sicuramente anche tra le insegnanti, non perdeva mai occasione per evidenziare la sua gelosia. Daniel fece spallucce e le accarezzò i capelli "che posso farci se madre natura è stata così generosa con me? Sono rassegnato a corti spietate, ma non preoccuparti, in tutta la mia carriera solo una donna ha fatto breccia nel mio cuore e penso che tu la conosca bene, era seduta al secondo banco giusto qualche anno fa…"  Intanto Kira, che stava ascoltando distrattamente la conversazione, aveva perso di vista Carlo, così si rivolse a Daniel, ma non fece in tempo a chiedergli dove fosse finito, che Carlo spuntò alle sue spalle frizionandosi energicamente i folti capelli, schizzandole addosso un mare di acqua congelata.
"Ma dimmi, quanti anni hai?" gridò Kira infastidita, non si aspettava un attacco del genere. "Quanti me ne dai??" disse Carlo ridendo, non facendo caso al tono polemico della ragazza. Ora era a cavalcioni della sdraio, zuppo dalla testa ai piedi.
"ahahah andiamo Kira, sei acida come un yogurt greco, anche qui in questo paradiso…rilassati!" disse Frida, ancora con il libro aperto, accoccolata tra le braccia di Daniel.
Kira non riuscì a rispondere a tono alle accuse dell'amica, Carlo si chinò su di lei, baciandola teneramente, ancora una volta prendendola alla sprovvista.
"Andiamo in stanza…so io come farti rilassare…" le disse a bassa voce, mentre le porgeva la mano per aiutarla ad alzarsi.
Kira rimase a bocca aperta, ma quanto poteva essere sfacciato?  "Adesso?" chiese sbattendo le palpebre dallo stupore e le guance arrossate dall'imbarazzo.
"Se non ora, quando?" le sussurrò ancora lui con un incredibile sorriso malizioso a cui era impossibile resistere.
"OooK" disse balzando in piedi, raccogliendo velocemente le sue cose nell'enorme borsa da mare.
Carlo le cinse le spalle in un abbraccio e le baciò dolcemente la guancia, poi dopo aver salutato gli amici e aver preso appuntamento per la serata, si diressero vero i bungalows che sorgevano dall'altro lato della spiaggia. Daniel e Frida rimasero abbracciati sull brandina rossa, anche se in realtà non ci entravano entrambi, riuscirono a trovare la posizione per incastrarsi e stare vicini, lei cercava di tenere in mano il suo libro nel miglior modo possibile e lui la guardava sorridendo, facendo scorrere il dito indice sulla sua guancia dolcemente, avanti e indietro, finchè lei non fu costretta a sospendere la sua lettura “insomma!” gli disse richiudendo il romanzo “non vuoi proprio lasciarmi leggere in pace, e poi sei ancora tutto bagnato e freddo..brrrr”; il contatto con la pelle di Daniel la fece rabbrividire e con un balzo incrociò le braccia per ritrovare calore. “Non voglio che smetti, mi piace guardarti leggere “ Frida ridacchiò “ah davvero? Ma se non hai fatto altro che disturbarmi!” Daniel allungò la mano ed afferrò il libricino verde poggiato sulle gambe di Frida, lo aprì e con aria pensante cominciò a sfogliarne le pagine ingiallite “non l’ho mai letto questo romanzo di Dostoevskij, in realtà penso sia un’opera diciamo minore…da dove l’hai scavata?” Frida, intenta a spalmarsi litri di crema solare sulle gambe e sulle braccia, notando che Daniel era impegnato a leggere qualche passo del libro, finì di farla assorbire prima di rispondergli “sì, non è uno dei suoi romanzi più famosi, anzi è anche uno dei più brevi. Si tratta di un’opera giovanile, come al solito le opere giovanili sono sempre tra le meno apprezzate…eppure credo fermamente che i capolavori più autentici e profondi degli autori siano quelli che hanno avuto meno fama, secondo me vuol dire che nessuno è riuscito a coglierne la vera essenza, ed è per questo che hanno riscosso meno successo. Inoltre le cose scritte in gioventù hanno un non so chè di grezzo, di acerbo, è come se l’animo più profondo dello scrittore sia ancora in un certo senso imprigionato, stenta a venir fuori, ma allo stesso tempo se ne riescono a cogliere le prime sfumature, le prime ravvisaglie…ha qualcosa di affascinante tutto ciò, non credi?” Daniel rimase qualche attimo a pensare, pooi distolse gli occhi dalle pagine e la guardò “signorina Cesari mi trovo d’accordo con lei, ha davvero una spiccata sensibilità letteraria. E mi dica, cosa l’attira di quest’opera?” Frida abbassò gli occhi, quando Daniel scherzava a fare il professore l’assaliva un senso di imbarazzo, come se di fronte avesse ancora il professor Rossini che la scrutava con i luminosi occhi cerulei,ricordava ancora quando la interrogava alla cattedra, aveva sempre un buon profumo, forte ma fresco e delicato al tempo stesso; quante volte aveva sognato di abbracciarlo o di accarezzargli il viso, pensò, ma ora che aveva la possibilità di farlo quando voleva, si rese conto che a volte era restìa, che si sentiva frenata dal ricordo di quell’uomo dietro la grande scrivania di legno, con le gambe accavallate sempre elegantemente e il registro in mano, sempre pronto a correggerle qualche termine inappropriato, a rassicurarla quando era in ansia per lo studio, a farle i complimenti quando gli dava soddisfazioni e a bacchettarla se chiacchierava troppo o dava qualche risposta arrogante; il professor Rossini ora era solo Daniel, l’uomo magnifico disteso accanto a lei su una delle più belle spiagge di Palma de Mallorca, si disse che avrebbe dovuto farci l’abitudine prima o poi, si, ci sarebbe riuscita sicuramente. Frida era imbambolata con lo sguardo rivolto all’orizzonte, su cui ormai il sole si era poggiato già da un bel po’, tingendo il cielo di colori caldi che solo da una spiaggia si possono davvero ammirare, e pensò cosa le piaceva di quel romanzo “beh” gli disse continuando a guardare il mare, “quest’opera tratta della storia di un amore e di un abbandono…mi piace perché parla di un sognatore isolato dal mondo e dalla realtà, dal carattere timido e impacciato, che passa le sue notti insonni passeggiando lungo il fiume di San Pietroburgo; una notte conosce una ragazza grazie alla quale ritroverà il contatto con la realtà e soprattutto con le sue emozioni, da cui si era staccato...la storia si svolge in quattro notti in cui i due si incontrano, quattro notti bianche per la precisione…questo titolo allude al fatto che a Pietroburgo per un periodo dell’anno il sole non scende mai sotto l’orizzonte e quindi non cala mai la notte, magnifico no?…beh, non scenderò nei particolari, devi leggerlo...e niente, mi piace perché Dostoevskij riesce, come sempre, a farti attraversare lentamente l’animo dei suoi personaggi, sempre su uno sfondo mozzafiato, descritto nei minimi dettagli, ed è come se tu fossi davvero lì, a sognare con lui…” Daniel le accarezzò i capelli con la mano destra, mantenendo il libro con la sinistra “beh, mi hai convinto, credo che lo leggerò...Dostoevskij non l’ho mai considerato particolarmente, ho letto solo un paio delle sue opere più famose” ad un certo punto, continuando a sfogliare velocemente il libricino, assunse un’espressione di disappunto “cosa c’è?” gli chiese subito Frida, sgranocchiando le sue patatine; Daniel sospirò “notavo che hai sottolineato molte cose in varie pagine, e che hai scritto molti appunti…perché sporchi i libri? Dovrebbero rimanere immacolati…” Frida gli spiegò che usava segnarsi i passi che le piacevano di più e scrivere alcuni suoi pensieri sui lati delle pagine, per lei i libri non dovevano rimanere immacolati, dovevano essere vissuti, erano qualcosa di personale, tra lei e i suoi liibri nasceva un legame intimo e profondo già dopo la lettura della prima pagina. A Daniel soddisfò la sua giustificazione, sapeva da sempre che era una ragazza sensibile, piena di sorprese e con tante cose da raccontare, anche se lei stentava sempre a darlo a vedere, preferiva apparire più semplice di quello che era in realtà; aveva un animo complicato e contraddittorio, ma dannatamente bello, pensò. “però, dirco la verità, mi piacciono le cose che scrivi” le disse “riesci a cogliere partcolari che con una lettura frettolosa non sarebbe facile cogliere…” . Un enorme sorriso si illuminò sul viso di Frida, le faceva piacere essere apprezzata da lui, il suo giudizio per lei contava moltissimo, e più di ogni altra cosa voleva la sua considerazione e la sua approvazione. Ripose il libro nella grande borsa bianca da spiaggia e ne tirò fuori uno piiccolissimo, era un opuscoletto dalla copertina multicolore, e guardando Daniel negli occhi glielo porse “tieni…visto che ti piacciono le cose che scrivo, leggiti questo, è brevissimo, puoi farlo in mezz’ora” Daniel prese l’opuscolo un po’ scettico e immediatamente ne lesse il titolo “La Favola d’amore di Herman Hesse…” poi lo sfogliò velocemente e aggiunse “ma ci sono anche delle figure, e quanti appunti! Ok, d’accordo, lo leggerò, entro stasera lo riavrai”  “no” rispose prontamente Frida “voglio che lo tenga tu. Questa è la celebrazione dell’amore e dell’arte, dei colori, delle sensazioni, ci sono affezionata e voglio darlo a te…anzi, aspetta un attimo” Frida riprese il libro in mano, cercò frettolosamente una penna nella borsa e scrisse velocemente qualcosa sulla prima pagina, per poi ridarglielo. Daniel fu felice di quel regalo, per lui significava moltissimo riceverlo da lei, anche perché sapeva perfettamente quanto le costasse privarsi di un suo libro, era molto gelosa dei suoi romanzi. “Alla mia favola d’amore. La signorina Cesari.” Lesse queste poche parole dalla calligrafia rotonda e lineare, pose l’opuscoletto a suoi piedi e l’abbracciò, facendola sprofondare sul suo petto. Rimasero sretti, in silenzio, sentivano che i loro cuori erano perfettamente in sintonia con le onde del mare,non erano solo i loro corpi ad abbracciarsi, ma le loro menti, le loro anime, i loro profumi, tutto era fuori dallo spazio e dal tempo.

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