martedì 30 giugno 2015

Episodio XLIV "Ti presento i miei..."


Frida guardava Giulio guidare attento lungo l’autostrada, mentre con leggeri movimenti della testa seguiva a tempo la musica che passavano alla radio, voltandosi ogni tanto per darle un’occhiata; anche lei di tanto in tanto volgeva lo sguardo dall’altra parte, verso il finestrino, per osservare il paesaggio scorrere veloce alla sua destra,ma all’improvviso le parve che scorresse ancora più veloce e, incuriosita, guardò il contachilometri che segnava 140 km/h, così urlò nervosamente a Giulio che stava sforando palesemente il limite e lui, di tutta risposta, rise beffardamente e la invitò a rilassarsi. Effettivamente non aveva tutti i torti, pensò Frida, si sentiva agitata, ogni volta che doveva fare la conoscenza di qualcuno, l’assalivano la paura di non essere all’altezza e l’ansia di dare una brutta impressione, poi, in quel caso specifico, era terrorizzata. Giulio l’aveva pregata di trascorrere il weekend di Pasqua con lui a Gradara, un paesino nelle Marche, per poter conoscere i suoi genitori; inizialmente lei non fu d’accordo, insomma, stavano da poco più di un mese insieme, non aveva parlato neanche ai suoi genitori della relazione con lui, ma Giulio fu irremovibile, gli sarebbe piaciuta, l’assicurò,  ma lei non era tranquilla. Lui continuava a guardarla di tanto in tanto, e capì subito che qualcosa non andava, la sentiva tesa e pensierosa “Piccola,” le disse mettendole una mano sul ginocchio,  “Non hai detto una parola da quando siamo partiti, non è da te…cosa c’è? Non dirmi che hai ancora l’ansia!” Frida assunse un’aria da cane bastonato, gli espresse per l’ennesima volta i suoi dubbi, in quell’ultima settimana non aveva fatto altro che assillarlo, e lui,nonostante avesse provato a tranquillizzarla in tutti i modi milioni di volte,ci provò ancora “Dai Fri, non esagerare” le disse sorridendo “Sei perfetta e gli piacerai, ne sono certo. Ti sei fatta dei film su di loro, non sono due rigidi anziani brontoloni solo perché sono due notai…sono persone gentili ed affabili, credimi…altrimenti come si spiegherebbe un figlio così dolce e carino?”detto questo, Giulio fu felice di vedere finalmente un sorriso sul  volto della ragazza, forse l’aveva convinta, ma aveva un argomento ancora più convincente per lei, lo aveva conservato come asso nella manica per tirarlo fuori al momento giusto,pensò, ed era sicuro che l’avrebbe entusiasmata, così, col suo solito sorriso smagliante e l’aria di chi aveva un’idea geniale, le disse “Non sei curiosa di visitare Gradara?” lei lo guardò un po’ stranita, gli disse che non sapeva fosse un luogo turistico e che ci fosse qualcosa da visitare, così Giulio raddrizzò la schiena sul sediolino, assumendo la tipica posa eretta di quando stava per raccontare una delle storie che le piacevano tanto, così schiarendosi la gola con un paio di colpi di tosse, cominciò “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancora non m’abbandona. .. ti dice qualcosa?” Lui sapeva esattamente di aver colto nel segno, era certo che Frida conoscesse perfettamente quei passi, ma lei lo guardò con aria scettica “Cosa c’entrano Paolo e Francesca? Non capisco, mio Dante, illuminami! Comunque complimenti per l’interpretazione…intonazione a dir poco perfetta!” Giulio sorrise soddisfatto, adorava quando Frida lo adulava con la sua aria falsamente innocente “Mi deludi” le disse “E ti vanti di essere un’appassionata di letteratura?” Frida rimase in silenzio, non capiva dove volesse arrivare, così lo fece continuare senza interromperlo. “Il borgo di Gradara è famoso per il suo castello medioevale, una splendida fortezza cinta di mura magnifiche, da cui c’è una vista mozzafiato…ma la cosa più bella –e che sono certo, ti piacerà a tal punto che non vedrai l’ora di arrivare- è che, alcune fonti storiche narrano, dolcezza mia, che questo splendido castello abbia fatto da sfondo al tragico amore di Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, uccisi da Gianciotto Malatesta, amore di cui, sai meglio di me, Dante ha raccontato  nella Divina Commedia… allora?” Alle sue parole, che pronunciò con la voce impostata e con la sua solita velocità, seguì un breve attimo di silenzio, in cui lui si accorse di aver illuminato Frida, che, rimasta a bocca aperta, esultò eccitatissima “Ma dai!! E perché non me lo hai detto? Non sapevo nemmeno dell’esistenza di questo castello, dobbiamo assolutamente visitarlo!! Non posso crederci che tu non me ne abbia parlato prima!!” Eh sì, pensò Giulio soddisfatto, lui ne sapeva sempre una più del diavolo, convincere Frida con le sue storie era un gioco da ragazzi, sapeva colpirla nei suoi punti deboli, e sapeva perfettamente che lei lo amava per questo, come, infatti, gli confermò un istante più tardi, “Non capisco come fai a convincermi sempre..ti amo troppo per questo!!!!” Quella sera sarebbero andati a visitare la fortezza, le promise, era davvero a pochi passi dalla villa dei genitori, il suo asso nella manica aveva funzionato.
I genitori di Giulio l’accolsero calorosamente, erano due persone solari e simpatiche, esattamente come lui e, nonostante l’età avanzata –erano entrambi settantenni- si tenevano in forma e non sembravano affatto anziani, insomma, non erano come Frida se li era immaginati, addirittura sin dall’inizio la pregarono addirittura di chiamarli per nome. La signora Lidia era straordinariamente somigliante a Giulio, non molto alta, minuta, estremamente esile, il suo stesso naso piccolo e stretto, i suoi lineamenti delicati e la carnagione chiara; aveva anche i suoi stessi riccioli, che a differenza sua non portava ribelli, ma li teneva aggrovigliati in una severa acconciatura anni ’50. Era davvero il clone femminile del figlio, pensò Frida, se non fosse stato per gli occhi neri e la bocca piccola e stretta di lei sarebbero stati identici. Il signor Giovanni, invece, non gli somigliava affatto: era altissimo e corpulento, un omone di un metro e ottanta, o poco più, ma Giulio aveva ereditato da lui i grandi occhioni verdi e il sorriso smagliante. Lidia e Giovanni erano due persone molto distinte, sembravano quasi aristocratici, ma Frida notò con piacere che avevano una mentalità aperta, ed entrambi un carattere gioviale e gentile. Dopo averle fatto visitare con entusiasmo la villa medioevale, bellissima e imponente e l’ampio giardino alberato con un porticato ombroso e un paio di magnifiche fontane antiche, pranzarono insieme gustando specialità tipiche marchigiane, che Lidia aveva imparato egregiamente a cucinare in quegli anni. Quel luogo era, per Frida, un angolo di paradiso: tranquillo, immerso nel verde, nella pace, e inoltre, dalle grandi finestre del salone, si poteva ammirare il fantastico castello di cui Giulio le aveva parlato durante il viaggio; si sentiva a casa sua, a suo agio, e ne fu davvero felice. A tavola parlarono del più e del meno e, anche se le fecero molte domande,  non le sembrarono invadenti e Giovanni, che raccontava aneddoti e storie con lo stesso entusiasmo travolgente del figlio, allietò gradevolmente il pranzo. Giulio anche pareva felice di stare con loro, non mancava di darle mille attenzioni, di trattarla come una principessa, e si vedeva che andava particolarmente d’accordo col padre, mentre la madre, a volte, lo guardava con aria ora austera, ora dolce, e lui sembrava addirittura che un po’ la temesse. Nel pomeriggio Giovanni lo portò via per mostrargli il suo campo da golf, di cui era orgogliosissimo, mentre Frida rimase con Lidia a chiacchierare sul gande divano barocco, davanti ad una tazzina di caffè, preparato rigorosamente alla napoletana.  Da subito la ragazza ebbe l’impressione che lei volesse parlarle in disparte, forse per conoscerla meglio, e quella era proprio l’occasione giusta; in assenza di Giulio cominciò un po’ ad agitarsi, ma il tono pacato e dolce della donna subito le fece cambiare umore, così, con il suo piccolo sorriso di madre, cominciò a parlarle, con l’aria di una che avrebbe voluto farlo chissà da quanto tempo. “Allora, sentiamo” le disse “cos’è che ami di mio figlio? Perché lo ami molto, si vede lontano un chilometro…” Quella, come prima domanda, la lasciò assolutamente spiazzata: perché le aveva chiesto una cosa del genere? Le sorrise imbarazzata, ma provò a risponderle d’istinto “Perché sa leggermi dentro. Mi capisce…e…non so…” Lidia ridacchiò tra i denti, senza cambiare la sua espressione quasi amorevole e la sua posizione perfettamente eretta “lo capisco perfettamente. Sai, è sempre stata una sua dote, sa leggere dentro le persone, sa sempre gli altri cosa vogliono da lui.” Frida rimase in silenzio, e fece un sorsetto di caffè, era ottimo, continuò a non dire nulla, non sapeva proprio di cosa parlare, ma Lidia le risolse il problema, perché subito ricominciò e lei non capì fino in fondo a cosa volesse arrivare. “Sai”, le disse “mi piaci molto, Frida. Sei una ragazza per bene, intelligente, spigliata. Non sei come le altre ragazze, quelle poche, che Giulio mi ha presentato in passato, bambole di cera senza tanto cervello. Ha fatto davvero un salto di qualità con te.” Frida le sorrise e la ringraziò teneramente, e la donna riprese a parlare “Giulio è un bravo ragazzo, ha solo un unico difetto: è eccessivo. E’ sempre stato troppo stravagante, ma, sai, da madre, un ragazzino vivace ed estroverso, mi sembrava solo un ragazzino felice. Poi ho capito di aver sbagliato qualcosa con lui. Sono stata troppo amorevole, ma troppo, troppo, troppo poco presente, e Giovanni, beh, lui è come il figlio, superficiale, non credo si sia mai fatto certe domande.” Frida era imbarazzata, ma intervenne prontamente “Oh no, signora Lidia, lei ha fatto un ottimo lavoro, Giulio è un uomo magnifico, per non parlare del fatto che è un ottimo professionista…sì, è eccessivo, a volte addirittura estroso, ma io la considero una sua qualità, sorride alla vita, trova soluzioni ad ogni problema, è ottimista…sì, è un po’ stravagante, forse anche egocentrico, ma nulla che non si possa sopportare”, le disse sorridendole dolcemente. La signora accennò un sorriso e finalmente sorseggiò il suo caffè,che si era sicuramente freddato , ma subito assunse un’aria seria, quasi malinconica. “Egocentrico, certo…credo che il suo egocentrismo lo abbia sviluppato da bambino, usava l’eccesso e il protagonismo come strumenti per attirare l’attenzione, e io, beh” disse facendo una piccola pausa per pensare “…beh, io mi sentivo in colpa di non essere abbastanza presente, così non gli rimproveravo nulla, anzi, gli davo corda, sostenevo le sue aspirazioni, i suoi sogni; lo incoraggiavo quando voleva a tutti i costi primeggiare a scuola, nello sport, in tutto, non ci trovavo nulla di strano, era un bambino intelligente, brillante…come lo è adesso…ma poi, sai, è cresciuto, ha fatto tante scelte, troppe scelte sbagliate, e quando me ne sono resa conto, solo allora ho cominciato a rimproverarlo, ma era troppo tardi. Lui non vedeva in me un’autorità, non lo avevo corretto da ragazzino, come potevo pretendere di farlo quando era diventato un uomo? Prima che me ne rendessi conto era diventato adulto, e non potevo fare più nulla, se non rimproverare me stessa, invece che lui…” Disse tutte queste cose e poi sospirò, con lo sguardo basso fisso sul fondo della tazzina di porcellana, che faceva roteare delicatamente tra le dita. Frida si sentì tremendamente a disagio, non capiva perché le stesse dicendo quelle cose di suo figlio, di che scelte sbagliate stava parlando? Davvero non riusciva a capire, e non sapeva cosa risponderle, così si versò un altro po’ di caffè e lo sorseggiò, evitando il suo sguardo, e cercando di comprendere cosa stesse cercando di comunicarle. La donna, seduta di fronte a lei su quella poltrona così grande che pareva la stesse inghiottendo, percepì il suo disagio e chiuse il discorso, assumendo un’espressione amorevole e seria al tempo stesso “Voglio dirti un’ultima cosa. Ogni madre conosce il proprio figlio meglio di se stessa, Giulio è stampato dentro di me come un tatuaggio indelebile, e sento che ti vuole un gran bene, non è da lui presentarci una ragazza dopo così poco tempo, e, ora che ti conosco, capisco perché lo ha fatto. Ma proprio perché lo conosco, so che lui ha un modo tutto suo di amare..e voglio darti un consiglio, figlia mia. Tienigli testa. Se non ci riuscirai, acquisterà pieno controllo della tua mente e ti trascinerà con lui a fondo, con la sua frenesia, tenendoti sotto una campana di vetro. Io non ho saputo mai tenergli testa  e così ho perso ogni influenza su di lui. Tu, anche se sei così giovane, hai le capacità per farlo. Tienigli testa, tienigli testa, sempre.” La solennità con cui pronunciò quelle parole, turbò profondamente Frida,che rimase impietrita, spaventata, stordita e proprio in quell’istante la voce squillante di Giulio la risvegliò da quella specie di coma; lui e Giovanni spuntarono nel salone e si unirono a loro. L’atmosfera tornò leggera e distesa, come poco prima, ma dentro di sé Frida la sentiva gelida e pesante. Per tutto il weekend, anche se Lidia non tornò più sull’argomento, lei non fece altro che pensarci e ripensarci, non si sentiva tranquilla, si chiedeva perché quella donna avesse sentito il bisogno di avvertirla, di metterla in guardia dal suo stesso figlio.  Giulio si accorse del suo malessere, cercò più volte di strapparle le motivazioni del suo disagio, ma Frida non sapeva se gli avrebbe mai parlato di quella conversazione, doveva pensarci. In ogni caso trascorsero una bella Pasqua, Giovanni e Lidia erano due persone magnifiche, visitarono il castello, il borgo e il lunedì in Albis approfittarono del sole splendente per fare un barbecue in giardino, la trattarono come una regina. Quello stesso lunedì, la sera si prepararono per ripartire, i due genitori la salutarono entrambi con un abbraccio, invitandola a tornare il prima possibile e Giulio sentiva ancora che in Frida c’era qualcosa che non andava. Ne ebbe la conferma quando, prima di uscire di casa, la madre lo portò in cantina, con la scusa di dargli delle bottiglie di Chianti. Lo guardò dritto negli occhi e lui capì da suo sguardo severo che stava per dirgli qualcosa di serio, ed ebbe la certezza che era stata lei a turbare Frida in qualche modo. “Cosa c’è adesso, mamma?” le disse, visibilmente irritato. Lidia lo guardò seriosa “Che intenzioni hai con lei? Le stesse intenzioni che hai avuto con Anita, qualche anno fa? Dicevi che la volevi sposare, che era perfetta, e poi l’hai distrutta, l’hai lasciata andare via perché non sei riuscito a rinunciare al tuo stupido ego! Avrei dovuto avvisarla…” Giulio sbuffò sonoramente, e con il suo solito sorriso sulla faccia allargò le braccia “mamma, ti prego…non cominciare a farmi la predica… Frida è la ragazza giusta, stiamo bene insieme, bla bla bla..va bene? pensavo che ti piacesse, mi sbaglio? Qual è il problema?” La madre lo prese per un braccio “Non fare lo stupido con me, smettila di fare il finto tonto, sai perfettamente a cosa mi riferisco. Spero che tu abbia ragione, e che sia la donna giusta,spero che ti faccia rinsavire, che ti faccia mettere la testa a posto, non so se mi spiego”  “Mamma, sono un uomo adulto, della mia vita faccio quello che voglio, non so quante volte devo ancora ripetertelo.”   “Tu sei un adulto,ma lei è una ragazzina e ti ama. Della tua vita puoi fare pure quello che vuoi, ma devi imparare che non puoi gestire anche la vita degli altri a tuo piacimento.” Giulio le voltò le spalle infastidito “Sei patetica, mamma. Frida sa il fatto  suo, non è una stupida, è abbastanza grande da non farsi influenzare.”  Lidia sospirò, dal tono di suo figlio capì che lui non aveva nessuna intenzione di cambiare vita e  che nemmeno quella volta era disposto a cedere, nemmeno per amore… come sempre aveva deciso che erano gli altri a dovergli stare dietro. 

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